lunedì 18 aprile 2011

LA DIFFERENZA DA CHI LAVORA PER IL BENE COMUNE E DA CHI LAVORA PER


Mentre in Puglia tutto il Consiglio Regionale, il Presidente Vendola in testa, i Sindaci di destra e di sinistra si mobilitano in difesa del proprio territorio, spronando associazioni e comitati a mobilitarsi, noi in Abruzzo sono tre anni che cerchiamo di ottenere un incontro con il Presidente CHIODI. Abbiamo cercato anche di seguirlo in qualche appuntamento pubblico, con striscioni lunghi fino a 30 metri che recitavano "Presidente Chiuodi perchè non ci riceve?" ma dal Presidente e i suoi colleghi SILENZIO ASSOLUTO.
Amici abruzzesi mentre continuiamo a pagare i loro stipendi, dobbiamo ancora una volta rimboccarci le maniche e fare da soli. Come in ogni ambito lavorativo c'è qualcuno che non fà il proprio dovere, costringendo i più onesti a lavorare anche per loro. NON CANTATE VITTORIA AMICI PETROLIERI, DAVANTI A POCHI FANNULLONI C'E' UN'INTERA REGIONE DI GRANDI LAVORATORI.

DEDICATO A PAOLO PRIMAVERA PRESIDENTE CONFINDUSTRIA CHIETI E A TUTTE LE MICRO COMPAGNIE s.r.l. CHE VORREBBERO PERFORARE IL NOSTRO MARE

venerdì 8 aprile 2011

E' IGNORANZA O MALAFEDE?



Inquinamento: «ogni anno 30 mila attachi d'asma tra adolescenti»

SCANNO. Veicoli, industrie, centrali elettriche, inceneritori e cementifici le principali sorgenti per l'inquinamento atmosferico.
E' quanto emerge dal Congresso di Scanno dove sono riuniti pneumologi ed esperti della tutela ambientale.
«Nonostante si fumi di meno non diminuiscono le patologie polmonari come la BPCO (broncopneumatia cronica ostruttiva) e l' asma», lo sostiene, Mauro Mocci, dell'Associazione medici dell'ambiente.
«Studi internazionali - racconta l'esperto - evidenziano che con l'alzarsi del livello di inquinamento crescono le malattie polmonari e non (infarti, ictus). Sono aumentati i casi di tumori al polmone correlati all'esposizione cronica di inquinanti atmosferici. Uno studio svolto nelle otto maggiori citta' italiane, ha evidenziato che l'inquinamento dell'aria e' responsabile di 30.000 attacchi di asma l'anno nei ragazzi sotto i 15 anni. Esiste - specifica - anche una correlazione inquinamento/ polmonite: il numero dei ricoveri di bambini affetti da polmonite, nell'area metropolitana di Roma, aumenta in rapporto all'innalzamento dei livelli di inquinamento atmosferico».
E di inquinamento si muore: Mocci ricorda, infatti, lo studio MISA2 (Metanalisi italiana degli studi sugli effetti a breve termine dell'inquinamento atmosferico) dove sono stati esaminati (dal 1996 al 2002) gli effetti a breve termine dell'inquinamento atmosferico su nove milioni di abitanti: 900 decessi in piu' da polveri, fumo, microgocce di sostanze liquide in sospensione nell'atmosfera sotto forma di particelle microscopiche (PM10); 2000 decessi in piu' da diossido di azoto (NO2) e 1900 decessi in piu' da monossido di carbonio (CO).
«Un altro studio - sottolinea l'esperto dell'associazione medici per l'ambiente - l' EpiAir, (Inquinamento Atmosferico e Salute) del Centro Nazionale per la Prevenzione ed il Controllo delle Malattie, ha messo in risalto che tra gli effetti a lungo termine, concentrazioni medie di particelle fini (PM 10 e PM 2,5) sono state associate ad aumento della mortalita' e declino della funzione polmonare».
«L'aria che respiriamo, i cibi che mangiamo, l'acqua che beviamo, possono essere contaminati da sostanze inquinanti provenienti da varie fonti», sottolinea Mocci e aggiunge: «a fronte della diminuzione che si e' registrata negli ultimi decenni delle concentrazioni di alcuni inquinanti antropici come il monossido di carbonio, il biossido di zolfo, il benzene e il piombo, permangono invece elevati i livelli di ossido di azoto, ozono, diossine, i metalli pesanti, prodotti chimici persistenti e polveri fini ed ultrafini».
«Netta riduzione dell'utilizzo dei combustibili fossili (petrolio, gas, carbone) e dei suoi derivati (incenerimento di plastiche), maggiore sviluppo delle energie rinnovabili (fotovoltaico, eolico, termodinamico, idrico, idrogeno...) aumento dei mezzi di trasporto meno inquinanti (metropolitane, tram, auto e bus elettrici, tutti alimentati da fonti rinnovabili), e' la strada da percorrere», conclude Mauro Mocci.
08/04/2011 18.26
Primadanoi.it

MINISTRO PRESTIGIACOMO SENZA NESSUN CONFLITTO DI INTERESSI



Via libera per le trivellazioni alle Isole Tremiti
Le ricerche inizieranno a 26 km di distanza dalle Diomedee

Via libera alla perforazione dei fondali marini al largo della costa termolese. La Petroceltic Elsa, multinazionale irlandese dell’oro nero, potrà realizzare pozzi petroliferi in una zona a soli 26 chilometri dalle isole Tremiti e a una quarantina dal litorale. La svolta è arrivata solo qualche giorno fa e con precisione il 29 marzo scorso, quando il Ministero dell’Ambiente ha ufficializzato il parere positivo per la ricerca di petrolio in mare.
Il rischio che i fondali marini molisani e abruzzesi, ma soprattutto quelli vicini alle Diomedee, vengano squartati dalle perforazioni della società irlandese era balzato alle cronache circa un anno fa, quando proprio dal Comune delle isole Tremiti arrivò un grido d’allarme recepito dall’intera provincia di Foggia. Sull’isola di San Domino si tenne infatti un partecipato consiglio provinciale che convinse il ministro Stefania Prestigiacomo a un parziale dietrofront. Niente autorizzazione e palla di nuovo alla Valutazione di impatto ambientale.
Ma un anno dopo arriva la doccia fredda con il sì definitivo della Prestigiacomo che segue quello del Via e ancora prima, quello dei Beni Culturali. Ora, la ditta potrà acquisire dati petroliferi tramite riflessione sismica e potenzialmente potrà far partire la perforazione di pozzi petroliferi. Le prime risposte preoccupate arrivano dall’Abruzzo, o meglio dagli Stati Uniti. Un sos è stato lanciato dalla professoressa Maria Rita D’Orsogna, docente della California University ma abruzzese d’origine.
«La Petroceltic – spiega - é autorizzata a compiere riflessioni sismiche nel mare, con micro-esplosioni spesso dannosi a cetacei e delfini, per acquisire dati sulla presenza di petrolio nel sottosuolo. In caso positivo, la ditta potrebbe realizzare un pozzo esplorativo, simile ad Ombrina Mare, trivellato nel 2008».
Ma le sue paure non si fermano qui. «La concessione denominata d505 si trova a 40 chilometri dalla costa e a soli 26 chilometri dalle Isole Tremiti. In giacenza presso il ministero ce ne sono altre, su aree più vicine alla riva. Temiamo che il permesso d505 sia solo il primo di una lunga serie e che autorizzarlo innescherà una catena di altri permessi ed autorizzazioni, in mare ed in terraferma».
Da Sannicandro.org
Foggia – La Puglia ripudia il petrolio in mare, il Governo no
Pubblicato: venerdì, 1 aprile 2011 Commenta questo articolo • Nessun commento • Torna alla pagina iniziale
LA Conferenza di Servizi di ieri ha espresso parere negativo della Regione sulla ricerca del petrolio a largo delle coste pugliesi presentata Northern Petroleum. La società petrolifera aveva messo sul tavolo ben 7 progetti con richiesta di Valutazione di Impatto Ambientale per l’esame del rischio sismico, evitando, in tal modo, la valutazione complessiva delle criticità ambientali che possono derivare dall’attività di “prospezione, ricerca e coltivazione” degli idrocarburi. Nel Bollettino del Ministero dello Sviluppo Economico è consultabile l’elenco, approvato dal decreto del 22 ottobre 2010, degli “esplosivi, accessori detonati e dei mezzi di accensione riconosciuti idonei all’impiego nelle attività estrattive”. Sono compresi polveri nere da mina, miscele detonanti per rilievi sismici, cariche cave per pozzi petroliferi e esplosivi di sicurezza utilizzabili in sotterranei grisutosi e/o con polveri infiammabili.
L’assessore all’Ambiente, Lorenzo Nicastro, in conferenza stampa, ha spiegato che la N.P. aveva provveduto a spostare le piattaforme dalle 12 miglia previste in un primo tempo, alle 15 miglia attuali che, pur essendo acque internazionali, costituiscono sempre un’area di interesse economico esclusivo del nostro Paese. “Vedremo – continua l’assessore – se il Ministero per l’Ambiente vorrà ugualmente rilasciare questo permesso, ignorando il rilevantissimo impatto ambientale che, in un corridoio di mare come l’Adriatico avrebbero le piattaforme petrolifere off shore con conseguente attività di desolforazione che verrebbe eseguita il loco, e dovuta all’elevato tenore di zolfo degli idrocarburi adriatici”. (Guarda la notizia su Press Regione Web News).
Il parere espresso dalla Regione risultano, infatti, non vincolanti nella decisione finale, dato che l’esclusività nelle scelte energetiche compete al Governo centrale, con un ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo in chiaro conflitto d’interessi in virtù dei suoi ingenti interessi nell’affare nel petrolio. La Ministra è, infatti, titolare del 21,5% della Fincoe di Casalecchio di Reno (BO), quota che detiene anche sua sorella Maria Pia e il papà Giuseppe, vicepresidente di Confindustria a Siracusa col 10%. I 3 insieme hanno la maggioranza assoluta dell’azienda, holding di famiglia con radici a Bologna ma interessi in Sicilia.
La Fincoe è proprietaria al 99% della Coemi Spa di Priolo (SR), la Coemi controlla il 60% della “Vetroresina Engineering Development” (Ved) di Priolo (SR), il 22,5% della Ved appartiene al Gruppo “Sarplast s.p.a.” di Priolo (SR) di cui Giuseppe Prestigiacomo ha il 6,5%.
La Sarplast dell’attuale ministro dell’ambiente fallì nel 1997 a causa di una serie di incidenti e malattie dei dipendenti e nel 2000 finì sotto inchiesta da parte della Procura di Siracusa con un fascicolo che parla di lesioni colpose. 3 operai hanno avuto figli con malformazioni congenite, altri operai non fumatori si son ritrovati dopo 10 anni polvere nei polmoni, un dipendente morì cadendo da un traliccio, pochi mesi prima un altro dipendente rimase gravemente ferito. Un’irruzione della Polizia nelle aziende dei Prestigiacomo rilevò una serie di violazioni. Queste portarono la Procura di Modica a rinviare a giudizio i gestori per aver inquinato le falde acquifere “con modalità illecite e nocive per l’ecosistema, ma che avrebbe consentito risparmi per decine di milioni di euro”, come si legge nelle carte processuali.
Per bonificare l’area fu chiamato lo stesso Ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e lo Stato, nel 2008, mise a disposizione 774 milioni di euro, ma di questi – secondo Giorgio Mottola in un articolo su quotidiano Terra – “solo poco più di 220 milioni sono a carico delle società che hanno provocato”. La Prestigiacomo si ritrovò a rivestire allo stesso tempo il ruolo e di controllore e di controllato.

Il gravissimo incidente occorso quasi un anno fa alla British Petroleum durante operazioni di completamento di pozzi petroliferi in acque profonde del Golfo del Messico, a 30 miglia dalla costa della Louisiana spinse l’allora Ministro dello Sviluppo Economico Claudio Scajola spinse a un convocazione, degli operatori petroliferi offshore (ENI e EDISON) per essere sentiti in merito ai sistemi di sicurezza ed emergenza sulle 115 piattaforme presenti nei mari italiani, sospensione di ogni eventuale nuova autorizzazione alla perforazione di nuovi pozzi di ricerca di petrolio in mare fino alla conclusione degli accertamenti della commissione e a sopralluoghi presso i 3 soli impianti di produzione di petrolio operanti nei mari italiani per una verifica straordinaria dell’efficienza e della funzionalità dei sistemi di sicurezza e dei piani di emergenza previsti. Scajola presentò poi le dimissioni nell’estate 2010 per lo scandalo relativo alla cricca Anemone.
Terminata “l’onda emotiva mediatica” sugli eventi nel Golfo del Messico, sono stati accordati 3 permessi di ricerca di idrocarburi (due tra Taranto e Lecce, uno a Foggia) più 8 permessi di trivellazioni (coltivazioni) accordati dal Ministero dello Sviluppo Economico, Ufficio Nazionale Minerario per gli idrocarburi e le georisorse. Il Bollettino Ufficiale degli idrocarburi N 9 del 31 Ottobre 2010 comprende anche le famigerate ricerche petrolifere off-shore nell’Adriatico operate dalle società Northern Petroleum, Eni e Petroceltic Elsa, il 30,28% del totale viene operata in Puglia, più precisamente tra il braccio di mare ad est delle Isole Tremiti (Foggia) e Molise e tra Brindisi e Lecce.
da Stato Quotidiano

mercoledì 6 aprile 2011

CHI DICE IL FALSO LO SCIENZIATO INDIPENDENTE O IL RAPPRESENTANTE DELL'AZIENDA? NOI UN'OPINIONE L'ABBIAMO E VOI?



CHIEDERESTE AL TABACCAIO SE IL FUMO DI SIGARETTE FACCIA MALE ALLA SALUTE?
ANCHE IL PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA CHIETI, PAOLO PRIMAVERA, SOSTIENE CHE IL PETROLIO NON INQUINA E NON E' DANNOSO PER LA SALUTE

A PROPOSITO, DOMENICA SERA, ALLE ORE 23,30 NELLA TRASMISSIONE TELEVISIVA SPECIALE TG1 IN ONDA SU RAI1, CONDOTTA DALLA GIORNALISTA MONICA MAGGIONI, SI E'PARLATO DELLE FONTI ENERGETICHE E DEL LORO INQUINAMENTO. E' EMERSO CHE NEGLI USA LE BIOMASSE SONO CONSIDERATE AL 3° POSTO TRA LE FONTI ENERGETICHE PIU' INQUINANTI.
SARANNO IMPAZZITI ANCHE GLI AMERICANI?

I numeri parlano chiaro, bruciare biomasse per produrre elettricità è la peggiore scelta che possiamo fare se si vuole mantenere buona la qualità dell'aria che respiriamo. Non fa eccezione la centrale alimentata a cippato di legno e sansa disoleata che entrerà in funzione a Lanciano.
In base alle dichiarazioni della ditta che ha realizzato l'impianto, in ogni metro cubo di fumi emessi ci saranno 18 milligrammi di polveri e 300 milligrammi di ossidi di azoto. Nei fumi di una centrale elettrica alimentata a metano gli inquinanti sono presenti a concentrazioni nettamente inferiori: le polveri, in un metro cubo di fumi, sono inferiori a 0,6 milligrammi e gli ossidi di azoto sono compresi tra 30 e 50 milligrammi.
Quindi, affermare che le biomasse sono una fonte di energia "pulita" è falso. Le biomasse inquinano molto di più del metano e in alcuni casi di più del carbone e il motivo è banale: le biomasse hanno un basso potere calorifico e, come solidi, bruciano male, rispetto ad un combustibile gassoso come il metano.
Se poi il confronto con i diversi combustibili disponibili si fa tra la quantità di inquinanti immessi in atmosfera a parità di energia utile prodotta, il bilancio ambientale delle biomasse legnose peggiora ancora di più, in quanto parte del calore deve essere utilizzato per essiccare il cippato e parte dell'energia elettrica serve per sminuzzare il legno da immettere in caldaia; inoltre, nell'impianto di Lanciano, gran parte del calore residuale alla produzione di energia elettrica sarà letteralmente buttato all'aria, invece di essere utilizzato per il teleriscaldamento e il tele raffreddamento.
Il motivo di questo enorme spreco (tra il 60 e il 70% del potere calorifico della biomassa bruciata non è utilizzato) è dovuto al fatto che gli incentivi pubblici ricavati dalle tasse sulle bollette elettriche di tutti gli Italiani, sono dati solo alla produzione di elettricità.
Pertanto, un giudizio oggettivo della situazione che si è venuta a creare, con la scelta di incentivare la combustione delle biomasse, è che chi, pur rispettando i limiti di legge, contribuisce ad un peggioramento della qualità dell'aria intorno a questi impianti, evento evitabile ricorrendo al metano, riceve lauti contributi di danaro pubblico.
Formalmente gli incentivi sono giustificati dalla comune percezione che, bruciando legna, sia neutro il bilancio di anidride carbonica, gas innocuo ma che contribuisce al riscaldamento del Pianeta. Questo significa che si ritiene che quando un albero viene bruciato si restituisca all'atmosfera l'anidride carbonica che l'albero aveva assorbito dall'atmosfera e fissato, sotto forma di cellulosa, nel suo fusto.
Questo bilancio è vero, quando un albero naturalmente muore e lentamente si degrada; non è più vero quando gli alberi sono usati a scopo energetico, in quanto bisogna piantarli, tagliarli, liberarli dai rami, trasportarli alle segherie e di qui alla centrale, operazioni che sono fatte utilizzando combustibili fossili che bruciati producono anidride carbonica fossile. Altro combustibile fossile è anche utilizzato per trasportare le ceneri in discarica.
Inoltre, alcuni studi hanno verificato che nei fumi prodotti dalla combustione della legna è presente anche metano, probabile sotto prodotto della combustione, e il metano ha un potere clima-alterante, dieci volte superiore all'anidride carbonica e le piante per crescere non hanno utilizzato il metano.
Infine, nel caso specifico di Lanciano, la sansa disoleata che si vuole bruciare contiene anche tracce di esano, solvente usato per estrarre l'olio, e questo idrocarburo fossile, che può essere presente nella sansa fino al 30 % in peso, una volta bruciato produce nuova anidride carbonica fossile, destinata ad aumentare la concentrazione di questo gas nell'atmosfera del nostro Pianeta. E anche questo inquinamento è incentivato con danaro "preso dalle tasche dei cittadini".

dr. Federico Valerio
direttore Servizio Chimica Ambientale
Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro.Genova

CENTRO OLI DI VIGGIANO, 20 OPERAI INTOSSICATI. ENI DICE: "E' TUTTO APPOSTO"



In una fabbrica vicina al Centro Olio di Viggiano, la Elbe Sud, 20 operai hanno avvertito ieri, tra le 17,30 e le 18,00 capogiri,nausea e sintomi di vomito. Gli operai sono ricorsi alle cure dei sanitari dell’Ospedale di Villa d’Agri e due operai sono stati tenuti in isolamento sotto stretta osservazione. La CGIL aziendale denuncia l’ennesima fuga di gas dal centro olio di Viggiano situato a soli 150 metri dall’Elba Sud, mentre ENI si affretta a smentire con puntualità cronometrica in modo categorico anomalie nei valori misurati di gas presso il centrio olio di Viggiano che però continua a non rendere pubblici. ENI recentemente ha ricevuto proprio dalla Regione Basilicata l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) con le autorizzazionui alle emissioni in atmosfera e nell’ambiente di enormi quantitativi di elementi inquinanti che si raddoppieranno in conseguenza dell’annuncio fatto dal presidente della Regione Vito de Filippo circa l’aumento della produzione di greggio del cosidetto “hub petrolifero” che da 80.000 barile/giorno arriveranno ad oltre 175.000 barili/giorno.
Proprio ieri la notizia é rimbalzata nell’aula consiliare di via Anzio dove si discuteva- ironia della sorte – sul nuovo accordo tra Governo, compagnie petrolifere e Regione Basilicata, al momento tenuto segreto ai cittadini lucani, nonostante l’importanza del tema soprattutto per gli impatti negativi sull’ambiente e la salute umana. E’ per questo motivo che di gran carriera stamattina il presidente De Filippo ha annunciato una commissione d’inchiesta regionale che dovrà appurare la verità sui casi di intossicazione che si sono verificati nei pressi dell’impianto. “Il presidente della Regione Basilicata Vito De Filippo ha annunciato – fanno sapere dall’Ufficio Stampa di Via Anzio – in merito la costituzione di una commissione di inchiesta interna alla Regione Basilicata con il compito di appurare la verità sui casi di intossicazione che si sono verificati ad alcuni lavoratori che operavano nei pressi del Centro Oli di Viggiano. Il comitato, che sarà costituito da esponenti dei dipartimenti Ambiente e Salute, oltre ad acquisire tutti i dati di monitoraggi fatti da organismi terzi attivi in quel comprensorio, chiederà anche all’Eni di fornire tutti i dati sul funzionamento del Centro oli negli ultimi giorni. Ma già ENI si é premurata ribadire essere tutt’apposto. Gli esiti della commissione saranno scontati?