sabato 17 marzo 2012

A PROPOSITO DI BIOMASSE E "NIMBY": se le cose vengono fatte per migliorare nell'interesse di tutti NON SIAMO CERTO QUELLI DEL "NO".



Cerchiamo di fare chiarezza con i nostri interlocutori sia all’esterno che all’interno del crescente movimento che in Abruzzo si batte contro il proliferare fuori controllo di impianti “sgraditi” in quanto dannosi e non necessari ma contrabbandati come veicoli di progresso e sviluppo.

Nuovo Senso Civico, e con esso tante altre persone, gruppi e organizzazioni, si spende per difendere il primo valore universale che è la SALUTE sia del Pianeta che di tutte le persone che lo abitano, opponendosi ad ogni intromissione che ne degradi la qualità della VITA.
E’ quindi del tutto evidente che non possiamo essere etichettati come “NIMBY” perché se qualcosa nuoce alla salute dell’ambiente e per di più è inutile non la vogliamo né nel nostro giardino né in quello del vicino, né altrove in Italia o nel Mondo.

Se al contrario ci vengono proposte operazioni che come risultato finale garantiscono un miglioramento delle condizioni di vita come ad esempio la riduzione dell’inquinamento complessivo allora siamo certamente favorevoli e pronti a dire “SI’”. Ma purtroppo questo non è il caso degli interventi che sono in ballo.

Entriamo nello specifico partendo dall’inizio.

A)     IL FABBISOGNO DI ENERGIA

Con i dati del gestore TERNA alla mano rileviamo che in Italia c’è un’offerta di energia elettrica molto superiore al fabbisogno giornaliero il che significa in prima battuta: non abbiamo bisogno di altra energia.

Se però vogliamo liberarci com’è giusto dalla dipendenza prevalente dal PETROLIO e dai combustibili fossili in genere dobbiamo percorrere una strada dal doppio binario che comporta:
1.        la drastica riduzione degli sprechi energetici attraverso politiche di risparmio e modifica degli stili di vita e di consumo (non sono più accettabili 100 televisori accesi nei supermercati o l’uso dell’automobile per andare dietro l’angolo);
2.        lo spostamento delle risorse verso le fonti davvero rinnovabili (eolico, solare-fotovoltaico, geotermico, ecc.) con l’avvertenza però che siano adottate nel miglior modo possibile e non come spesso accade in Italia dove anche le cose buone vengono fatte male (i pannelli solari invece di sfrattare i vigneti vadano a sostituire le coperture in amianto dei capannoni come già propongono alcune aziende innovative).
In questa prospettiva può esserci un uso virtuoso anche delle biomasse come ha dimostrato nelle sue conferenze uno dei massimi esperti dell’argomento, il Prof. Federico Valerio dell’Istituto Ricerca sul cancro di Genova. Uso virtuoso che, guardacaso, non è presente nemmeno in uno dei progetti di nostra conoscenza già realizzati o in cantiere nella nostra regione.

B) LA COMBUSTIONE DELLE BIOMASSE (legna e derivati, olii vegetali,sansa, mais, ecc)

Riassumiamo qui di seguito alcuni PRINCIPI INDISCUTIBILI che si basano su autorevoli studi scientifici internazionali (francesi e soprattutto svedesi) e sulle ricerche condotte in Italia dallo stesso Prof. Valerio.

1. le centrali a biomasse a combustione diretta hanno bassa efficienza energetica e inquinano circa 30 volte più di quelle a metano e il doppio perfino rispetto alle centrali a carbone causando un netto peggioramento della qualità dell’aria, del suolo e dell’intero habitat circostante;

2. la combustione delle biomasse sviluppa inevitabilmente e in grandi quantità numerosi inquinanti (polveri sottili e ultrasottili, ossidi di azoto e di carbonio, furani, metalli pesanti, ozono, ecc) tra i quali 4 sicuri cancerogeni: benzene, formaldeide, diossine e idrocarburi policiclici aromatici. La pericolosità di questi composti non è dovuta solo alla loro concentrazione nell’aria inalata ma anche alla loro deposizione sul suolo ed all’accumulo crescente nella catena alimentare con effetti negativi sulla salute umana;

3. un ulteriore elemento di inquinamento è rappresentato dal trasporto in quanto nella maggioranza dei casi le biomasse da bruciare provengono da molto lontano se non addirittura dall’estero (Africa, Asia) come nel caso dell’olio di palma dall’Indonesia. In questo caso le conseguenze negative derivano anche dalla deforestazione in atto in quelle zone per sostituire le piantagioni tradizionali con quelle da esportazione sottraendo così ossigeno all’intero pianeta.

4. c’è infine il problema delle CENERI prodotte dalla combustione delle biomasse che sono a tutti gli effetti un rifiuto tossico che va trattato come tale con tutte le controindicazioni del caso incluso il surplus di inquinamento derivante dal trasporto alla loro destinazione finale.

Passiamo adesso all’auspicabile alternativa.

C) L’USO VIRTUOSO DELLE BIOMASSE

L’alternativa si chiama TMB Trattamento Meccanico Biologico che avviene in impianti dove si produce davvero energia verde rinnovabile perché le biomasse non vengono bruciate (combustione) ma trasformate a freddo attraverso l’utilizzo di micro-organismi (digestione anaerobica) senza emissione di sostanze tossiche e addirittura con la depurazione degli elementi inquinanti.

Da questi impianti si ottiene, oltre ad un COMPOST di qualità, il BIOMETANO che ha le stesse funzioni del metano e può essere immesso direttamente nella rete metanifera nazionale per usi domestici oppure utilizzato per autotrazione e produzione di elettricità e calore.

Riassumiamo sinteticamente:

D) LE CONDIZIONI IRRINUNCIABILI PER ACCETTARE UN IMPIANTO A BIOMASSE

1.    Filiera corta: le biomasse utilizzate devono provenire da scarti agricoli e da allevamenti locali consentendo così di risolvere un problema di smaltimento ed evitando l’inquinamento dal trasporto delle stesse su lunghe distanze;
2.     Produzione di biometano (differente dal biogas) attraverso la digestione anaerobica a freddo delle biomasse: il biogas non può essere immesso nella rete metanifera perché “sporco” ma attraverso un processo di depurazione può essere trasformato in BIOMETANO. In questo modo si andrebbe anche a ridurre la nostra dipendenza da fonti estere come il gas siberiano o libico. Ci spingiamo anche un po’ oltre affermando che se necessario in questi impianti, fermo restando tutte le altre condizioni, si potrebbe trattare anche la frazione umida dei rifiuti urbani, naturalmente solo dopo l’adozione di politiche di riduzione a monte dei rifiuti e di raccolta differenziata spinta porta a porta.
3. Teleriscaldamento: ossia il sistema per raggiungere attraverso una rete di collegamento le abitazioni, gli edifici pubblici e le imprese circostanti offrendo loro il riscaldamento necessario, permettendo lo spegnimento di tante piccole caldaie private meno efficienti ed ottenendo così una riduzione dell’inquinamento complessivo. Senza il teleriscaldamento non solo si inquina ma si manda letteralmente in fumo il 60/70% dell’energia prodotta mentre con la sua adozione se ne perde solo il 2%.


Se si adottasse tutto questo saremmo i primi a dire di sì a tali impianti senza sentirci truffati per quel 7% che attraverso il meccanismo distorto dei “certificati verdi” ci viene sottratto dalla bolletta elettrica per finanziare queste centrali e in definitiva il nostro avvelenamento.

Purtroppo la realtà è ben diversa e nessuna delle condizioni virtuose sopra enunciate è prevista negli impianti a biomasse o biogas dei quali ci stiamo occupando.
FILIERA CORTA? Macchè! Il materiale da bruciare proviene da centinaia e addirittura migliaia di km. dalla centrale!
TELERISCALDAMENTO? Nenache a pensarci nonostante le false promesse per abbindolare gli ingenui cittadini.
BIOMETANO? Bio…che??

Speriamo che adesso sia chiaro perché ci battiamo tenacemente contro questi imbrogli legalizzati che vengono inflitti alla nostra terra: RAPPRESENTANO UN COSPICUO E CONCRETO INTERESSE SOLO PER CHI LI PROGETTA, LI REALIZZA E LI GESTISCE (in qualche caso forse anche per chi li autorizza) FACENDO FACILI AFFARI SULLA PELLE DELLA POPOLAZIONE CHE NE PAGA TUTTE LE NEFASTE CONSEGUENZE SOTTO FORMA DI AUMENTO DELL’INQUINAMENTO E DELLE MALATTIE SPESSO MORTALI, PEGGIORAMNETO DELLA QUALITA’ DELLA VITA E DELLE CONDIZIONI ECONOMICHE, non essendoci alcun vantaggio neanche di carattere occupazionale.

Così subendo ci metteremo in casa un killer silenzioso e invisibile che agirà indisturbato nello spargimento di sostanze tossiche ed i cui effetti deleteri saranno del tutto evidenti magari solo tra 15 anni quando l’impianto avrà concluso il suo ciclo produttivo ed i proprietari se ne saranno già andati con il portafoglio gonfio lasciandosi alle spalle senza alcun rimorso la loro pesante eredità di veleni.

Non aspettiamo che il killer cominci a sparare con il silenziatore: togliamogli subito la pistola dalle mani e se vuole, per il bene di tutti, possiamo sostituirgliela con una bella chitarra.



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