lunedì 31 dicembre 2012

COSA CI ASPETTIAMO NEL 2013 DALL’AMMINISTRAZIONE COMUNALE DI LANCIANO




Che la Città sia resa sempre più sana, vivibile, attraente e civile attraverso politiche coerenti di difesa e valorizzazione dei beni comuni che disegnino un itinerario virtuoso di lungo periodo.

In pratica, per quel che ci riguarda,

che finalmente vedano la luce le tanto annunciate postazioni di bike-sharing per alleggerire l’insostenibile carico di traffico e vengano adottati tutti gli incentivi possibili per favorire gli spostamenti in bicicletta (piste ciclabili, corsie preferenziali, aree pedonalizzate, ma anche riconoscimenti economici, premi e sconti per chi usa stabilmente questo mezzo di trasporto o altri ambientalmente compatibili). A titolo di autorevole esempio ricordiamo che l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2012 ha dimostrato che le piste ciclabili di Modena fanno risparmiare 400 mila euro all’anno in termini di costi sanitari e sociali;

che, a questo proposito, venga finalmente svelato l’altrettanto sbandierato “Piano del traffico” e che vada anch’esso coerentemente nella direzione di ridurre sempre più la mobilità motorizzata inquinante e deleteria per la salute verso forme alternative più sostenibili già ampiamente praticate altrove, in Italia e in Europa. Che venga abbandonata per sempre la vecchia e fallimentare pratica di costruire nuovi parcheggi che invece di risolvere i problemi li aggravano, sia in termini sanitari che di mobilità e finanche economici, visti gli enormi esborsi necessari per queste realizzazioni. I parcheggi li abbiamo già, tanti e ovunque, e se andremo nella direzione auspicata della riduzione drastica del traffico veicolare privato, ce ne saranno sempre di più senza sborsare un euro aggiuntivo. E’ notizia di questi giorni che perfino le grandi case automobilistiche americane stanno riorientando le loro produzioni perché hanno capito che le persone abbandonano sempre più l’idea dell’auto di proprietà, ormai economicamente insostenibile e di scarsissima praticità, scegliendo forme alternative di trasporto pubblico o in condivisione (car-sharing e car-pooling) oltre a quelle ancor più ecologiche quali biciclette e mezzi elettrici;


che finalmente vengano risolti tutti gli intralci per lanciare una campagna massiccia di raccolta differenziata dei rifiuti porta a porta, ma che non ci si limiti a questo e si adottino tutte le iniziative possibili per ridurre i rifiuti fin quasi ad eliminarli attraverso soluzioni innovative già praticate  efficacemente in altre parti d’Italia per il riciclo ed il riuso dei materiali che portano come ricco corredo interessantissimi risvolti occupazionali (vedi l’ormai noto “Centro di riciclo di Vedelago” con le sue migliaia di addetti). Il Comune deve dire basta all’ingannevole scelta tra discariche e inceneritori perché è ormai ampiamente documentato come esista una terza via che non devasta la salute delle persone e del territorio e che porta vantaggi economici a tutta la comunità e non ai soliti (pochi) noti. La discarica di Serre è una ferita ancora aperta, una bomba ecologica innescata per la quale bisogna procedere al più presto alla bonifica onde evitare danni irreparabili;

che l’Amministrazione Comunale sia sempre più attenta alla qualità dell’aria e dell’ambiente impedendo il ripetersi di altri casi come la Centrale a biogas di Villa Pasquini (che va comunque costantemente controllata e monitorata e per la quale ci aspettiamo una soluzione definitiva ampiamente praticabile) non solo sul proprio territorio di competenza ma anche nei confronti dei comuni vicini (vedi i casi di Treglio, Santa Maria Imbaro ed anche Ortona) verso i quali bisogna farsi autorevolmente sentire perché l’inquinamento non si ferma ai confini amministrativi e le conseguenze devastanti in termini di salute pubblica si diffondono per centinaia di km.;

che a questo scopo venga monitorata in maniera efficace e continuativa la qualità dell’aria nella prospettiva di un suo obbligatorio miglioramento e venga intrapresa una collaborazione stabile con la ASL locale per uno “screening” socio-sanitario collettivo su malattie e patologie che possono rappresentare un segnale di allarme sulle condizioni generali di vita dei cittadini;

che la firma del “Patto dei Sindaci della Provincia di Chieti” per la realizzazione sulla base del protocollo di Kyoto della strategia 20-20-20 a livello locale (taglio del 20% delle emissioni di gas serra, riduzione del 20% del consumo di energia e adozione del 20% di energia da fonti rinnovabili entro il 2020) porti ad una accelerazione di tutte le soluzioni che vanno in questa direzione (efficientamento energetico di edifici e luoghi pubblici, riduzione dei consumi inutili e degli sprechi, abbattimento delle emissioni favorendo le fonti davvero pulite e rinnovabili che non generano un aumento dell’inquinamento complessivo);

che la “Consulta per l’Ambiente” voluta encomiabilmente dall’Amministrazione Pupillo, non rappresenti un semplice “parlatoio” senza risultati pratici, ma che le sue indicazioni siano fatte proprie e rese operative dal Comune che deve impegnarsi su una dichiarazione di intenti che ne guidi coerentemente la pratica amministrativa a tutti i livelli per impedire incongruenze o vere e proprie contraddizioni tra i vari settori. In parole povere non possiamo dichiararci a favore dell’equilibrio ambientale e poi favorire le cementificazioni oppure aderire al protocollo di Kyoto e poi permettere l’aumento di emissioni inquinanti o l’apertura di impianti nocivi;

che l’impegno già manifestato in passato contro i rischi di deriva petrolchimica della nostra Regione sia riaffermato a tutti i livelli per bloccare il rinnovato tentativo in atto da parte del governo centrale di trasformare definitivamente l’Abruzzo in distretto petrolifero con tutte le nefaste conseguenze del caso. Questo significa opporsi con osservazioni ed atti concreti ad ogni nuova richiesta di perforazioni e trivellazioni nella nostra zona, in terra ed in mare;

che, a proposito di mare e di riviera, analogo impegno sia speso per pretendere al più presto la perimetrazione e l’avvio del tanto attesoParco della Costa teatina (o dei trabocchi)”, per il quale siamo in presenza di uno scandaloso gioco di rinvii e tattiche dilatorie nel tentativo di sabotarne la realizzazione che darebbe invece slancio e nuove prospettive di sano sviluppo non solo alle aree direttamente incluse ma anche a quelle immediatamente esterne come la nostra;

che per il raggiungimento di questi obiettivi ci sia un coinvolgimento attivo di tutta la cittadinanza e non prevalgano le misere logiche di partito o di schieramento ma le priorità comuni. Che chiunque sia stato eletto o designato svolga fino in fondo e nel migliore dei modi il suo incarico in favore dell’intera comunità che rappresenta e che ha l’obbligo di tutelare al meglio.

Auguri di un buon anno a tutti quelli che credono in questi obiettivi e si impegneranno per raggiungerli.

NUOVO SENSO CIVICO

venerdì 28 dicembre 2012

LA VERGOGNA SENZA FINE DELLA DISCARICA DI BUSSI: CHI INQUINA DEVE PAGARE MA ANCHE CHI FAVORISCE GLI INQUINATORI, CHI SPECULA SULLE DISGRAZIE E CHI SCARICA SUL PUBBLICO PER FAVORIRE IL PRIVATO

LA TRASMISSIONE "REPORT" DI MILENA GABANELLI SI E' INTERESSATA DELLO SCANDALO DELLA DISCARICA DI RIFIUTI TOSSICI DI BUSSI "LA PIU' GRANDE DEL CONTINENTE" CERTO NON UN VANTO PER L'ABRUZZO CHE VORREBBE ACCREDITARSI, SPESSO IPOCRITAMENTE E INGANNEVOLMENTE, COME "REGIONE VERDE D'EUROPA". 

QUI SOPRA POTRETE RIVEDERE IL SERVIZIO ANDATO IN ONDA E QUI SOTTO LEGGERE L'ARTICOLO A COMMENTO APPARSO SU "PRIMADANOI.IT".

DA PARTE NOSTRA POSSIAMO AGGIUNGERE SOLO QUESTO: CHE SE ABBIAMO ANCORA IL MINIMO SENSO DI ESSERE UNA SOCIETA' "CIVILE" DOBBIAMO FARE DI TUTTO PERCHE' VERGOGNE SIMILI NON ACCADANO MAI PIU', PERCHE' NON SOLO I RESPONSABILI DIRETTI PAGHINO PENALMENTE IN MANIERA ESEMPLARE (COME E' ACCADUTO NEL PROCESSO ETERNIT) MA CHE ANCHE COLORO CHE A TUTTI I LIVELLI HANNO PERMESSO CON OMISSIONI E CONNIVENZE SIMILI PORCHERIE O CHE SI PRESENTANO COME SCIACALLI TRAVESTITI DA SALVATORI DELLA PATRIA SIANO MESSI NELLE CONDIZIONI DI NON NUOCERE MAI PIU'.

COME HA DETTO GIUSTAMENTE GIOVANNI DAMIANI NEL SERVIZIO UN TERRORISTA NON AVREBBE POTUTO SCEGLIERE LUOGO E SISTEMA MIGLIORE PER PROVOCARE UN ATTENTATO COSI' MICIDIALE ALLA SALUTE DELLE PERSONE.
QUANTE VITE SPEZZATE DI PERSONE, DONNE, UOMINI, BAMBINI, AVVELENATE NEI DECENNI PASSATI E SEGNATE IRRIMEDIABILMENTE PER QUELLI FUTURI SONO SULLA COSCIENZA (SE CE L'HANNO) DI TUTTI QUELLI CHE SAPEVANO E HANNO FATTO FINTA DI NON VEDERE?

TUTTO QUESTO NON DEVE ACCADERE MAI PIU'!

LA GIUSTIZIA FARA' IL SUO CORSO SPERANDO DI RIUSCIRE A TENERE ALTO IL SUO NOME, MA TUTTI NOI ABBIAMO IL DOVERE CIVICO DI TENERE SEMPRE GLI OCCHI APERTI, NON FARCI DISTRARRE DAGLI IMBONITORI DI TURNO, OSSERVARE E SEGNALARE E SOPRATTUTTO CON UNO DEI POCHI STRUMENTI CONCRETI CHE ABBIAMO IN MANO, IL VOTO, IMPEDIRE CHE VADANO A RAPPRESENTARCI IN PARLAMENTO TUTTI QUELLI CHE SI SONO MACCHIATI POLITICAMENTE CON ATTI CONTRARI AL BENE COMUNE.


Abruzzo. Bondi, Severino, Toto, Letta e Marini: i nomi che si intrecciano sullo scandalo di Bussi

Nell’ultima puntata di Report un approfondimento sui veleni, la gestione dell’emergenza ed il futuro dell’area

ABRUZZO. Il ministro Enrico Bondi, il collega Severino, la famiglia Toto e la reindustrializzazione e l’emendamento bipartisan Letta-Marini per far pagare la bonifica con i soldi pubblici: tutti a vario titolo incrociano lo scandalo dei veleni di Bussi.

Report di Milena Gabanelli nell’ultima puntata ha approfondito la vicenda del ritrovamento della discarica più grande d’Europa riproponendo temi e informazioni che localmente circolano da molti anni ed hanno riempito le pagine dei giornali dal 2007 quando fu ritrovata ufficialmente la discarica “dimenticata”.
 «Enrico Bondi», ha detto Gabanelli, «si è trovato, la sorte ha voluto, che si trovasse sulla riva di un fiume inquinato e poi dall’altra parte sugli effetti prodotti da quell’inquinamento. Bondi è stato amministratore delegato della Montedison che possedeva lo Stabilimento di Bussi sul Tirino, della Snia Bpd che produceva i pesticidi i cui scarti di lavorazione sono stati trovati nel 2003 dalla centrale del latte di Roma controllata dalla Parmalat, proprio mentre Bondi gestiva la Parmalat.   Abbiamo chiesto a Bondi un’intervista su questo argomento ma ci ha risposto che non è sua consuetudine concedere interviste. Poi c’è Paola Severino, oggi è ministro della Giustizia, nel 1993 avvocato difensore del vice di Bondi nella questione che riguarda le discariche non autorizzate di Colleferro, e fino all’anno scorso difendeva Montedison nel processo di Pescara. Al ministro Severino avremmo voluto fare una domanda semplice: perché in Italia è così difficile applicare una norma chiara: chi inquina paga? La risposta è stata: “da ministro non posso esprimermi su fatti che mi hanno vista coinvolta come avvocato”».
Tra le tante persone intervistate dalla trasmissione anche Giovanni Damiani (Arta) che ha spiegato «Bussi è particolare perché questa discarica si trova in un collo d’imbuto che raccoglie le acque di un terzo della regione. Quindi è esattamente un punto di confluenza di acque che provengono dal Gran Sasso,  dalla Maiella, praticamente gli acquiferi più importanti d’Abruzzo, e proprio lì in questo punto di raccolta che sia un flusso superficiale che un flusso sotterraneo imponente si trova questa discarica che rilascia veleni.   Se noi avessimo chiesto a un terrorista tecnicamente capace e attrezzato di piazzare dei rifiuti chimici in un posto per fare il maggior danno possibile in una regione del centro Italia avrebbe scelto quello».
Il professor fausto Croce dell’università di D’Annunzio di Chieti ha invece spiegato come si sia dato da fare per prelevare campioni di acqua potabile per farla analizzare e capire quali veleni vi fossero dentro.
 «L’esacloretano è stato il filo di Arianna di tutta questa vicenda», ha detto Croce, «perché l’esacloretano ha collegato in maniera inequivocabile la discarica di Bussi all’acqua di rete».
GLI ENTI SAPEVANO
Il giornalista Piero Riccardi ha poi ricordato come il 6 settembre 2004 l’Asl avesse scritto alla Regione comunicando uno stato di inquinamento da tetracloroetilene, tricloroetilene e cloroformio che «pregiudica gravemente la qualità delle acque destinate al consumo umano». L’Aca, che gestisce l’acqua della Val Pescara, tre giorni prima aveva scritto : è «garantita la potabilità grazie alla miscelazione con un’altra sorgente». La Regione Abruzzo sempre in quel periodo ha più volte invitato a i vari enti «a restare discreti» per «evitare - si legge - inutili allarmismi». Un anno e mezzo dopo, giugno 2005, il ministero comunica che la miscelazione di un’acqua pura con un’acqua contaminata è espressamente vietata dalla legge e consiglia di mettere dei filtri. Così la storia continua: nel verbale manoscritto di una riunione a cui partecipano tutti i sindaci della zona, gli enti, il prefetto –fa notare Report- c’è anche un magistrato (il pm Aldo Aceto ndr) che arriva a dire: «siamo al limite della requisizione», e tra parentesi, che «l’acqua non la beve». I pozzi vengono chiusi, si mettono i filtri e dopo un anno riaperti. L’acqua dei pozzi torna in rete e i pescaresi possono tornare a stare tranquilli, come dice il direttore dell’Arta, Gaetano Basti in una vecchia intervista del 2007. Ma come si scoprirà molti anni dopo proprio quei filtri invece inquinavano ulteriormente l’acqua che veniva distribuita in rete.
«Tutto semplice allora», dice il giornalista, «individuato chi inquina , gli si fanno pagare i danni. E’  il principio “chi   inquina paga”  come recita la direttiva europea. Semplice. Ma in Italia quando ci sono interessi economici forti, tutto diventa nebuloso. Dunque, il vecchio proprietario dello stabilimento era Montedison, quello attuale è Solvay, il colosso svizzero della chimica, che compra da Montedison nel 2002, ma nessuno dei due è disposto ora a farsi addossare la responsabilità dell’inquinamento. La Solvay si dichiara truffata dalla Montedison che al momento della vendita non gli avrebbe detto quanto era inquinato il sito. Montedison dice che Solvay era stata informata dell’inquinamento e poi Solvay ha continuato le lavorazioni. Solvay non ci sta e negli archivi ereditati da Montedison scopre questi documenti: 31 agosto 1971. Intestazione: Montedison Spa, Reparto clorometani. Si legge: “il prodotto solido è costituito in massima parte da esacloroetano. Attualmente questi prodotti vengono scaricati al fiume, creando un problema di inquinamento e uno economico. Quello dell’inquinamento è difficile quantificarlo”. Un anno dopo, il 22/2/72 l’ufficio tecnico precisava: “Attualmente le code pesanti dell’impianto clorometani vengono inviate alla discarica e interrate. Tale operazione non è più attuabile per ragioni d’inquinamento, e siamo continuamente pressati dalle autorità locali per l’immediata risoluzione del problema”».
Tra gli intervistati anche il commissario Andriano Goio che ha rivelato di aver inviato una lettera con intimazione a pagare il progetto di 12 milioni di euro alla Montedison per la realizzazione di un secondo progetto di messa in sicurezza della discarica.
Il consigliere comunale di Bussi (Prc) Salvatore La Gatta ha poi spiegato che la Solvay «è venuta qui perché ha comprato l’intero gruppo ex Ausimont che apparteneva a Montedison, però immediatamente già all’atto dell’acquisto dichiarò al sindacato nazionale e locale che comunque Bussi era l’anello debole del gruppo e avrebbe, in modo graduale ma certo, chiuso tutte le attività. Cosa che è iniziata effettivamente dal giorno dopo dell’acquisto».
Oggi sono rimasti tra diretti e indiretti 130-140 dipendenti.
«Ed è qui che si fa avanti Toto», dice Piero Riccardi, «magnate abruzzese: aerei, autostrade, ferrovie. Il suo progetto, costruire un cementificio sul sito di Solvay».
Secondo il sindaco di Bussi, Marcello Chella tra Solvay e Toto c’era un accordo «una due diligence che era registrata a Bruxelles. Quindi c’era una volontà…   una carta d’intenti che le aziende fanno per eventuali accordi di passaggio delle aziende e quindi delle aree».
BONIFICA UGUALE REINDUSTRIALIZZAZIONE: L’EMENDAMENTO LETTA-MARINI
«Riepilogando», chiude Gabanelli, «i nomi delle aziende sono noti, che cosa hanno prodotto pure e sono le stesse sostanze che sono state trovate nel fiume. Quando partono le indagini è inquinato il pozzetto a valle della Montedison, quando parte il processo il pozzetto a monte della Montedison. Ora, siccome il sito è sotto sequestro e le chiavi del lucchetto le ha la forestale ci si chiede, ma è stato un errore, è stato manomesso, o l’acqua va in su? Ora per bonificare ci vogliono 80 milioni, è probabile che se la caveranno con i 12 che servono per impacchettare tutta quella roba. Dopodiché c’è lo stabilimento, alla Montedison è subentrata la Solvay che adesso dice: io me ne vado però in futuro nessuno mi deve chiedere conto se su questi terreni verrà trovato qualcosa che non va e qui si fa avanti Toto, quello dell’ Air one, che durante la vendita di  Alitalia è riuscito a ripianare tutti suoi debiti, e Toto dice: mi prendo l’area dismessa, ci faccio un cementificio e salvo 100 posti di lavoro, ma non mi dovete chiedere di pulire perché non sono stato io ad inquinare e allora chi bonifica? E qui ci pensa un emendamento i cui padrini sono  Gianni Letta e Marini che spostano 50 milioni dai fondi per il terremoto per metterli in una bonifica per reindustrializzare esattamente bonificare per reindustrializzare. In sostanza il commissario pulirà là dove mette i piedi Toto, intorno no però si dirà che alla fine tutto è stato bonificato anche se non è vero».


MEGADISCARICA DI BUSSI. WWF: NO AL "SARCOFAGO DEI RIFIUTI", MOBILITAZIONE PER LA BONIFICA TOTALE

Comunicato del 27/12/2012

Megadiscarica di Bussi sul fiume Pescara.

Il WWF: uno scandalo il "sarcofago" vista-fiume per la montagna di rifiuti, no al "regalo" a Toto e Solvay. Sì alla bonifica totale del sito.

L'Associazione: grazie alla trasmissione Report svelati i piani del Commissario Goio. Cittadini ed amministratori si mobilitino.

Il WWF ritiene inaccettabile la decisione del Commissario Goio di puntare al cosiddetto "sarcofago" per intervenire sulla famigerata discarica di rifiuti tossici Tremonti a Bussi, così come emerso durante l'inchiesta della trasmissione Report di Rai Tre andata in onda domenica 23 dicembre.

Se venisse realizzata l'idea del Commissario una montagna di oltre 200.000 tonnellate di materiale tossico, compreso il suolo contaminato, rimarrebbe sotterrata per centinaia di anni a pochi metri dal Pescara, il principale fiume della regione.

Secondo il Commissario Goio il costo per la completa rimozione dei rifiuti e del suolo contaminato ammonterebbe a 80 milioni di euro, una cifra poco distante dai 50 milioni già stanziati a livello nazionale. Inoltre si dimentica di ricordare che comunque il Commissario si potrebbe rivalere sui proprietari del sito che già stanno ripagando i primi interventi di capping. Pertanto i fondi pubblici utilizzati potrebbero essere recuperati anche perchè la discarica Tremonti è l'unica area del Sito di Interesse Nazionale per le Bonifiche di Bussi in cui i proprietari nel tempo non sono cambiati rendendo così più facile l'accertamento delle responsabilità anche ai fini dei risarcimenti.

Dichiara Luciano Di Tizio, presidente del WWF Abruzzo "Il WWF ritiene profondamente sbagliata la scelta di far rimanere i materiali tossici in quell'area per i prossimi decenni se non per le prossime generazioni. Il sito è tra i più fragili della regione, a pochi metri dal fiume Pescara. Bisogna utilizzare i 50 milioni di euro stanziati a livello nazionale per bonificare completamente e definitivamente la discarica Tremonti senza spendere tale cifra su altri siti o, addirittura, per facilitare l'arrivo del cementificio di Toto sulle aree oggi Solvay. La cifra già disponibile è abbastanza vicina a quella necessaria secondo le stime del Commissario: mancano 30 milioni di euro, una cifra non impossibile per una Regione come l'Abruzzo che ne ha programmati di più nei fondi FAS per gli impianti di risalita a Castel di Sangro! In attesa di nuovi fondi si potrebbe intanto iniziare a rimuovere i materiali più vicini al fiume bonificando circa i 2/3 dell'area: sarebbe già un risultato di grande rilevanza. Inoltre questi fondi sarebbero comunque recuperati perchè si dovrebbe agire in danno rivalendosi sul proprietario. L'intera val Pescara non può convivere per i prossimi decenni con questa spada di Damocle sulla testa. Il WWF sta seguendo questa vicenda e si opporrà presso tutte le sedi per evitare quello che si profila come un vero e proprio scandalo. Invitiamo cittadini, amministratori e comuni della Val Pescara a mobilitarsi".
(DAL BLOG DI emergenzambiente) 

martedì 25 dicembre 2012

IL RISCHIO BIOLOGICO NEL BUSINESS SPORCO DEL BIOGAS

A tutti coloro che ci propinano le virtù salvifiche e progressive del biogas (vedi convegno RATI di Torricella Peligna con annessa polpetta avvelenata che abbiamo svelato in diretta e per il quale rimandiamo al nostro precedente post del 12/11/12) consigliamo la lettura del seguente articolo di Michele Corti (dal sito www.ruralpini.it), augurandoci con questo di non rovinar loro le feste ma soprattutto sperando di evitare che facciano la festa a noi.

(28.11.12) Di bio nel business sporco del biogas c'è solo l'hazard, il rischio biologico. La proliferazione dei digestori alimentati con substrati di varia provenienza rappresenta una bomba biologica


La co-digestione (biogas)

è un bioazzardo
 

di Michele Corti

La co-digestione di matrici organiche di ogni tipo, animali e vegetali, di Forsu (Frazione Organica del rifiuto solido urbano) e - come succede già in alcuni paesi - dei fanghi di depurazione delle acque luride pone gravi rischi di contaminazione, in primo luogo biologica, a carico dei terreni agricoli utilizzati per la produzione di alimenti per gli animali e per l'uomo

In Europa sulla scorta della Danimarca, che sin dal 1989 si è dotata di una normativa sugli scarti di natura organica e il loro uso per compost e digestione anaerobica, la Svezia, l'Austria, la Germania e la Gran Bretagna hanno adottato regole che impongono trattamenti di sanificazione dei substrati che alimentano i digestori nonché determinate caratteristiche agli impianti (dotati di pastorizzatori)  e che introducono severi controlli microbiologici - mediante l'utilizzo di bioindicatori - su quanto destinato ad essere utilizzato come concime . L'Italia no. Come regola generale il digestato viene pastorizzato (70ºC per 1 h) ma sono ammesse anche combinazioni alternative di tempo e temperatura, ad esempio 55°C per 5,5 ore di digestione termofila. La normativa danese prevede i seguenti trattamenti considerati equivalenti a quello standard (70ºC per 1 h)
Tabella. Sanificazione equivalente a quella controllata a 70° C in 1 ora, come richiesto nella notifica no 823 del Ministero dell'Energia e Protezione Ambientale danese

Digestione termofila (55°C)
(>7 giorni di ritenzione idraulica)
Digestione mesofila (38°C)
(>14 giorni di  ritenzione idraulica)
Temperatura
Tempo minimo di permanenza nel digestore (ore)
Tempo minimo di permanenza nel pastorizzatore prima o
dopo la digestione (ore)
Tempo minimo di permanenza nel pastorizzatore prima o
dopo la digestione (ore)
52
10


53,5
8


55,0

5,5
7,5
60,0

2,5
3,5
65,0

1,0
1,5

Il giro di vite della Germania

Se è vero che la Germania è il paradiso del biogas (7.500 impianti) è anche vero che le preoccupazioni igieniche legate a questa proliferazione sono cresciute. Dal maggio 2012 l'Ordinanza sugli scarti organici tedesca (1998) è divenuta più severa. I digestati da digestione mesofila possono essere utilizzati come fertilizzanti solo se è stata applicato un trattamento di igienizzazione (pastorizzazione) pre e post digestione in una unità apposita dell'impianto con riscaldamento a 70°C per 1 ora.
Negli impianti a biogas termofili è sufficiente il trattamento termico nel biodigestore ma è necessario il controllo di organismi indicatori: Salmonella (patogeno umano), Plasmodiophora brassicae (patogeno vegetale), semi di pomodoro (resistenza dei semi delle infestanti). La verifica della sopravvivenza di questi organismi indicatori è necessaria per controllare il tempo di ritenzione minimo. Vi è poi l'uso della sospensione di spore di Bacillus globigii come tracciante biologico. In questo modo durante il processo vi è un diretto controllo del tempo di esposizione degli organismi di prova e può essere regolato il tempo di ritenzione adeguato per ogni singolo impianto. A quando in Italia?


Moltiplicazione dei rischi

L'approccio tedesco è sicuramente più prudente di quello italiano (qui gli esperti - evidentemente non disinteressati - sostengono che il biogas è a emissioni zero e a rischi zero) ma gli studi dicono che non basta nemmeno pastorizzare substrati e digestati, che i patogeni animali e vegetali, i semi delle malerbe possono sopravvivere. E diffondersi. 
Quando ci vengono a raccontare che i liquami erano "meno sicuri" trascuramo un semplice fatto: i liquami potevano contenere una carica patogena ma essa ritornava sui campi dell'azienda o di aziende limitrofe (le botti non possono viaggiare a distanze superiori a pochi km sia per ragioni economiche che per prescrizioni normative). I digestati prima di tutto se ottenuti da processi di co-digestione possono presentare cariche anche superiori ai liquami come indicano le stesse ricerche de CRPA di Reggio Emilia (Veccia e Piccinini, 2011). Ma l'aspetto ancora più importante è che nei digestori finiscono scarti  provenienti da macelli spesso siti in altre regioni che a loro volta ricevono animali da molte aziende. Finiscono anche scarti di industrie alimentari varie ottenuti da prodotti animali e vegetali che spesso, prima di arrivare alle centrali, subiscono processi di degradazione spinta. I digestati, in forza del ridotto contenuto di umidità, sono suscettibili di più agevole stoccaggio, manipolazione e trasporto e possono essere destinati ad aziende in un raggio molto più ampio di quello dei reflui zootecnici tal quali. Morale: aumentano le probabilità che in entrata ci siano substrati contaminati e, in uscita, quelle di contaminare una grande varietà di terreni agricoli. È proprio vero che la società della tarda modernità è la società del rischio. Rischio come presupposto di profitto, rischio negato, rischio gestito da esperti di parte coiinteressati al business con le agenzie governative a rimorchio.

Funghi, batteri, virus non sono inattivati completamente né dal trattamento di digestione anaerobia né dalla pastorizzazione

 I virus sono in gran parte inattivati ma ve ne sono non pochi resistenti al calore.  Tra questi gli adenovirus e il virus dell'epatite A  (Gerba et al. 2001).  Monteith et al. (1986) hanno verificato che gli enterovirus e i parvovirus bovini sono resistenti ai trattamenti anaerobi mesofili e che il trattamento termofilo aerobio è di gran lunga più sicuro di quello anaerobio per inattivare questi virus. Derbyshire et al. (1986) hanno evidenziato come il trattamento di digestione anaerobia distrugga solo maggior parte dei parvovirus suini.

Animali a rischio

Quanto ai batteri patogeni va innanzitutto osservato che nel corso delle manipolazioni post-digestione vi è un potenziale rischio di ricontaminazione e ricrescita batterica. Per questo i digestati, anche quando risultato di un processo di digestione di substrati pastorizzati non possono, a dir poco, essere considerati esenti da rischi. In Svezia dove al problema della biosicurezza dell'uso dei digestati sono state dedicati molti studi. Leena Sahlström (2003) concludeva il suo studio sulla letteratura allora disponibile in tema di sopravvivenza dei batteri patogeni alla digestione anaerobica sostenendo che: "È difficile stabilire i rischi per la biosicurezza associati all'uso dei digestati come fertilizzanti, ma questo rischio non può essere trascurato". Gli studi successivi hanno confermato l'esistenza di un rischio concreto. Rispetto ai batteri patogeni va innanzitutto osservato che nel corso delle manipolazioni post-digestione vi è un potenziale rischio di ricontaminazione e ricrescita batterica. I digestati, anche quando risultato di un processo di digestione di substrati pastorizzati non possono essere considerati esenti da Salmonella spp. o altri agenti patogeni (Bagge et al, 2005). Un problema ancora più serio e generale riguarda i batteri sporigeni (Clostridi, Bacilli) che, se presenti nei materiali organici in entrata sopravvivono anche alla pastorizzazione (Mitscherlich e Marth, 1984; Olsen e Larsen, 1987, Chauret et al 1999, Aitken et al 2005, Bagge et al. 2005).
Gli sporigeni possono costituire un problema igienico quando i digestati sono distribuiti su terreni seminativi e pascoli e possono causare diverse gravi malattie (come la gangrena gassosa, che a volte è mortale specie nei giovani bovini ed ovini che pascolano su determinate aree infette) e altre (Hang'ombe et al, 2000; Sternberg et al, 1999;. Wierup e Sandstedt, 1983). Tra gli sporigeni ve ne sono alcuni che non trovano condizioni molto favorevoli nel digestore (Clostridium chauvoei, che causa la già citata gangrena gassosa; altri, invece vi trovano condizioni ideali (Clostridium septicum e Clostridium sordelii)(Schnürer e Jarvis, 2009). È interessante mettere in evidenza che in Svezia, dove il rischio di gangrena gassosa è relativamente elevato, è stata vietata la fertilizzazione dei pascoli con i digestati anche se sottoposti a pastorizzazione.  Ecco un primo esempio di precauzione.


Rischi (seri) ancora da accertare ma perché allora in certi casi si usano precauzioni?

L'infezione da C.septicum provoca edema e C. sordelli provoca infezioni delle ferite negli animali. Anche se durante la digestione anaerobica vi è una riduzione nel numero dei clostridi la probabilità di trovare organismi del genere Clostridium nel digestato è molto alta. Ciò perché molti sopravvivono comunque al processo e in parte perché l'intervallo tra un carico nel serbatoio di digestione e un altro non è sufficiente a consentire la loro eliminazione completa. Va tenuto presente che molte specie del genere Clostridium fanno parte della normale flora del digestore.
I batteri del genere Clostridium sono comuni nei reflui zootecnici e sono anche  presenti in numero relativamente elevato nei terreni (Gyles e Thoen 1993, del Mar Gamboa et al 2005, Songer e Post 2005). Così è per le spore di Clostridium botulinum (che causa botulismo) e di Clostridium tetani (che provoca il tetano). Non è però ancora chiaro se una concimazione con il digestato possa provocare un aumento del rischio di malattie causate da questi microrganismi. Come è noto, però, il prof Böhnel ha messo in relazione l'aumento di casi di botulismo con la diffusione delle centrali a biogas in Germania (.
Alcuni tipi di clostridi, che possono essere presenti  in rifiuti organici e nel processo di digestione anaerobica non sono, come già detto, organismi patogeni, ma sono nonostante ciò coinvolti nel dibattito sui rischi dell'utilizzo del digestato. Un esempio è quello del Clostridium tyrobutyricum, un microrganismo che pone problemi alla trasformazione casearia (Klinj et al 1995). Alte cariche di questo organismo nel terreno possono causare la contaminazione delle mammelle delle vacche o la contaminazione dei foraggi. L'organismo sopravvive nel tratto gastrointestinale della bovina e, attraverso le deiezioni, può contaminare le mammelle. Se questo organismo arriva a contaminare il latte e il formaggio causa problemi gravi, in parte perché sprigiona gas (produzione di grossi buchi nel formaggio) e in parte perché produce acido butirrico (conferendo un cattivo gusto). Secondo alcune indicazioni i foraggi (in particolar modo gli gli insilati) prodotti su terreni ripeturtamente fertilizzati con liquami contengono cariche più elevati di questo batterio (Rammer e Lingvall 1997, Johansson 2008). Esso, tuttavia è naturalmente presente nel terreno e non vi è finora alcuna indicazione certa che l'uso di digestato comporti un aumento di problemi di caseificazione. Anche in questo caso però, proprio a casa nostra, nell'area di produzione del Parmigiano Reggiano, le pressioni del Consorzio hanno fatto sì che non solo non si possano utilizzare digestati ma che lì non si siano nemmeno potute impiantare le centrali a biogas. Un secondo caso di applicazione del principio di precauzione che, come si vede, vale solo per alcuni e per alcune aree.

I funghi: rischi per la salute e per le colture agricole

Anche i funghi anche formare spore e possono sopravvivere alla fase di pastorizzazione (Schnürer e Schnürer 2006). Pochi sono i funghi pericolosi per l'uomo e quindi non rappresentano un grande rischio per la nostra salute. Tuttavia gli aerosol di spore fungine possono causare problemi come irritazione delle vie respiratorie e allergie se la quantità di spore fungine è alta intorno a un impianto di produzione di biogas o in connessione con la gestione dei rifiuti o del digestato (Bunger et al 2000).
I funghi fitopatogeni provenienti da colture infette, utilizzate come substrato, possono essere presenti nei digestori. Studi su diversi agenti patogeni delle piante comuni dimostrano che di solito i funghi possono essere uccisi molto rapidamente nel processo di produzione di biogas e che la frazione che sopravvive alla digestione anaerobica (nel caso di carico troppo frequente del digestore) può essere neutralizzata con uno stoccaggio di qualche giorno successivamente alla digestione (Zetterström 2008, Haraldsson 2008). Tuttavia, è difficile valutare appieno i rischi della diffusione di patogeni vegetali poiché diversi funghifitopatogeni sono difficili da coltivare in laboratorio.
Recentemente alcuni ricercatori tedeschi (Steinmöller et al. 2012) hanno verificato che un fungo patogeno della patata (Synchytrium endobioticum) l'agente eziologico della rogna nera (una malattia diffusa in Europa ma in via di regressione grazie a misure severe) è in grado di resistere con i suoi sporangi invernali a trattamenti termici drastici e quindi a sopravvivere alla digestione anaerobica termofila e alla pastorizzazione. Dal momento che gli scarti della produzione di patate sono una delle fonti molto abbondanbti e comuni di substrati per la produzione di biogas il rischio che grandi quantità di digestati destinati ai terreni agricoli possano determinare un ritorno di fiamma di questa fitopatologia è concreto.


Conclusioni

Scarti animali e vegetali di vario tipo e provenienza, Forsu, fanghi di depurazione variamente mescolati rappresentano un cocktail molto pericoloso ma la Ue frena su una normativa comune. Gli stessi esperti ritengono che si debba perseguire un certo livello di sicurezza ma ... senza esagerare. Colleman (2000) riconosce che: "il rischio di diffusione di agenti patogeni da una fattoria all'altra o da fanghi di depurazione di acque luride edei rifiuti solidi urbani ecc.ai terreni agricoli esiste e va prevenuto" (tanto da ritenere auspicabile quella normativa Ue che si aspetta ancora oggi) ma: "Tale regolamento o direttiva non dovrebbe essere così restrittive da frenare l'adozione del trattamento di digestione anaerobica per l'uso/riuso dei rifiuti organici, consentendo il ritorno alla terra dei nutrienti imorganici e la produzione di energia rinnovabile". Di fronte alle esigenze di sicurezza si mette davanti Kyoto, l'effetto serra, la sostituzione dei combustibili fossili con energia "pulita". Peccato che non sia così, come anche la comunità scientifica si sta accorgendo (sempre troppo tardi, sempre in ritardo, sempre quando chi doveva ottenere i suoi super-profitti li ha ottenuti). Si mettono sul piatto della bilancia vantaggi ambientali inesistenti (in realtà ci sono impatti negativi ben reali) e, dall'altra, si chiudono gli occhi sulla biosicurezza.
Se questa è la situazione in generale in Italia le cose vanno ancora peggio. Da un lato si continuano ad offrire incentivi superlusso, pari a tre volte quelli riconosciuti in Germania, dall'altro non si applicano le norme minime sui trattamenti di substrati e digestati applicati altrove in Europa. Così l'industria germanica ci rifila tecnologie che le nuove norme (più severe) rendono colà meno redditizie.
Nessuno dice queste cose? Noi le diciamo. E troveremo il modo di farle sapere ai politici giusto perché non dicano: "Ma tutti gli esperti ci hanno detto che il biogas è una meraviglia".


Bibliografia
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venerdì 14 dicembre 2012

PETROLIO E BIOMASSE: LA MADRE DEGLI INQUINATORI E’ SEMPRE INCINTA




Allora, mentre ricchi e speculatori diventano sempre più speculatori e ricchi alla faccia della gente comune che fa sempre più fatica, mentre alcuni cattolici caritatevoli si alleano con miliardari “testarossa” e i paladini della democrazia dal basso si lanciano in purghe staliniane vecchio stile, ecco che riprendiamo il nostro discorso su petrolio e biomasse visto che gli inquinatori, lo sappiamo bene, sono operativi 24 ore su 24 (ma noi non siamo da meno).

LE NUOVE OMBRE DEL PETROLIO SULL’ABRUZZO

L’ombra oscura della piattaforma “Ombrina Mare” torna ad incombere sulla Costa dei Trabocchi grazie al governo amico dei petrolieri che cerca di aggirare la forte e compatta opposizione dei cittadini abruzzesi.
E’ ora che le istituzioni regionali e locali che ci rappresentano sbattano i pugni sul tavolo e si facciano valere in difesa della volontà comune che non vuole questa nefasta deriva petrolchimica!
Riportiamo in proposito l’articolo apparso il 12 dicembre su “Primadanoi.it”:

Petrolio. Su Ombrina Mare cittadini tagliati fuori. «la Regione si faccia sentire al Ministero»

La richiesta degli ambientalisti all’ente regionale che per il momento tace

ORTONA. La concessione Ombrina Mare proposta per le coste d'Abruzzo dalla ditta inglese Mediterranean Oil and Gas è tornata al vaglio del governo centrale.
In queste settimane i ministeri romani infatti raccolgono pareri e osservazioni da parte di enti, regioni e comuni sulle trivellazioni nei mari d'Abruzzo.
Ombrina Mare aveva già ricevuto un preavviso di rigetto nel 2010 dal Ministero dell'Ambiente a causa del Decreto Prestigiacomo e degli enormi impatti che avrebbe comportato ai residenti, al turismo, alla pesca e a varie zone protette che sorgono lungo il litorale della costa teatina, accogliendo il parere di centinaia e centinaia di cittadini, associazioni, docenti universitari ed enti locali che avevano espresso la loro contrarietà mandando osservazioni in critica ed organizzando molteplici eventi di protesta.
Il progetto della Mog riguarda il litorale fra Ortona, San Vito, Fossacesia, Rocca San Giovanni e Torino di Sangro e prevede la costruzione di un piattaforma per estrazione di petrolio a 5 chilometri da riva e di una nave Fpso.
«Non è altro», commentano Fabrizia Arduini, referente Idrocarburi Wwf Abruzzo e Maria Rita D’Orsogna, «che un "centro oli a mare" per la desolforazione del greggio.
Pozzo e nave sorgono nelle strette vicinanze di una riserva di pesca finanziata dall'Ue».

Nave FPSO progettata per la costa teatina (foto dal blog di Maria Rita D'Orsogna)

La stessa MOG stima che ogni giorno ci sarà l'incenerimento di circa 200 tonnellate di materiale di scarto da una fiamma perenne sulla nave Fpso. «Questo tipo di raffinerie galleggianti non vengono usate neanche nel golfo del Messico per la loro pericolosità», fanno notare Arduini e D’Orsogna.

Il Decreto Sviluppo nell'estate 2012 dà alla MOG la possibilità di riaprire nuovamente la discussione. «Questa volta secondo un procedimento profondamente antidemocratico, i cittadini sono stati esclusi dall'invio di osservazioni», denunciano gli ambientalisti.
«Chiediamo a Gianni Chiodi, a Gianfranco Giuliante e a Mauro Febbo di intervenire con vigore sulla questione e di inviare osservazioni ufficiali presso il governo centrale a nome della regione Abruzzo, ricordando le promesse del 2010 secondo le quali lagiunta regionale avrebbe "contrastato ogni forma di trivellazione"».
Finora la regione Abruzzo non ha espresso parere alcuno su Ombrina e su nessun altro progetto petrolifero, a differenza della regione Puglia
che ripetutamente ha stilato documenti di contrarietà alle trivellazioni in Adriatico, e fatto ricorsi al TAR.
«Invitiamo altresi' tutti i sindaci della costa e dei comuni confinanti che usufruiscono dello stesso tratto di mare, Lanciano e Vasto in primis, di far valere i propri diritti, e di ricordare al ministero dello sviluppo economico che il mare non e' di Corrado Passera o della MOG ma dei cittadini d'Italia».

Segnaliamo infine che domenica prossima 16 dicembre alle ore 21,30 su RAI3 la trasmissione “REPORT” sarà dedicata agli affari dell’ENI e siamo sicuri che ne vedremo e sentiremo delle belle (delle brutte, ahinoi).


BIOMASSE E BIOGAS: E IL PROTOCOLLO DI KYOTO?


Mentre a livello locale il sansificio di Treglio sfumacchia a più non posso e la Centrale a biogas di Villa Pasquini muove i primi passi (con il gigante Turbogas di Ortona che lo farà a breve) ecco la pessima notizia:

Aumentano le emissioni globali di Co2
Nel 2011 le emissioni di anidride carbonica (CO2) hanno registrato un incremento del 2,5%, sfiorando i 34.000 milioni di tonnellate: è quanto affermato martedì dall'Istituto dell'Industria delle Energie Rinnovabili tedesco. L'IWR, consulente dei ministeri tedeschi, ha identificato la causa di questo incremento nella ripresa delle attività industriali dopo gli ultimi anni di crisi. “Se la tendenza attuale continuerà, le emissioni globali di CO2 aumenteranno del 20%, toccando le 40.000 milioni di tonnelate, nel 2020”, ha affermato il direttore del IWR, Norbert Allnoch.
Nel 2011 la Cina era in testa alla “classifica” dei Paesi inquinatori con 8.900 milioni di tonnellate, in crescita rispetto agli 8.300 milioni di tonnellate dell'anno precedente. La quantità di CO2 emessa dalla Cina ha superato del 50% gli oltre 6.000 milioni di tonnellate emesse dagli Stati Uniti. L'India occupava il terzo posto, seguita da Russia, Giappone e Germania.
A maggio l'International Energy Agency (IEA) ha dichiarato che le emissioni globali di CO2 sono cresciute del 3,2% lo scorso anno, arrivando a toccare i 31.600 milioni di tonnellate, emesse soprattutto dalla Cina.
L'IWR sta lavorando alla formulazione di proposte volte a frenare l'utilizzo crescente di combustibili fossili e a stabilizzare le emissioni globali di CO2, vincolando le emissioni di CO2 di ogni Paese all'investimento obbligatorio in strumenti di protezione del clima e in energie rinnovabili.
L'Istituto ha ribadito nuovamente questa proposta, aggiungendo che la mancanza di consenso intorno alle misure volte a limitare le emissioni di CO2 è dovuta alle critiche dei grandi inquinatori e alle pressioni dei politici, che vogliono difendere la competitività, ora minacciata, dei sistemi economici dei loro Paesi.
Attualmente le emissioni globali di CO2 sono del 50% superiori ai livelli del 1990, fissato come anno di riferimento dal Protocollo di Kyoto

Alla faccia del protocollo di Kyoto e del 20-20-20!

A dicembre 2008 l'Unione Europea ha approvato il pacchetto europeo "clima-energia", conosciuto anche come strategia "20-20-20" in quanto prevede entro il 2020:
  • il taglio delle emissioni di gas serra del 20%
  • la riduzione del consumo di energia del 20%
  • il 20% del consumo energetico totale europeo generato da fonti rinnovabili.
Per quanto riguarda appunto una parte di queste cosiddette  rinnovabili ci sono delle importanti dichiarazioni ufficiali che vanno a confermare quanto sosteniamo da tempo:

Le biomasse forestali aumentano le emissioni di CO2

Bruciare alberi per produrre energia termica ed elettrica è probabilmente peggio che bruciare petrolio o gas. O, almeno, lo è nel breve periodo. Questa sarebbe la valutazione espressa dal Joint Research Centre (JRC) della UE in un rapporto non ancora pubblicato ma anticipato da EurActiv.
Secondo il JRC, in pratica, usare la biomassa forestale per rientrare negli obbiettivi europei del 20-20-20 è un errore strategico perché, nell’immediato, aumenta invece che diminuire le emissioni complessive di CO2. Il discorso è abbastanza semplice: se brucio un albero di cent’anni immetto in atmosfera tutto il carbonio assorbito da quella pianta in un secolo e, contemporaneamente, tolgo di mezzo un grosso albero che assorbe CO2 per vivere. Ma prima che un altro albero riesca a ottenere gli stessi risultati in termini di assorbimento del carbonio ci vorranno sempre cento anni, perché deve crescere.
Non è certo una grande intuizione quella del JRC, è un po’ la scoperta dell’acqua calda: le biomasse forestali non sono altro che un “prestito di carbonio”, che onoreremo tra diversi decenni e che quindi non dovremmo conteggiare nel bilancio della CO2 in ottica 20-20-20.
Tuttavia EurActiv ha dovuto faticare parecchio (ha dovuto fare una richiesta in base alla direttiva FoI sulla Freedom of Information e ha atteso 4 mesi per una risposta) per ottenere tale studio che, a quanto pare, non è stato pubblicato per banali problemi di copyright. Assai improbabili, a dire il vero.
Molto più probabile, invece, che lo studio sia rimasto nel cassetto della Commissione Europea perché, di fatto, suggerisce di cambiare completamente la politica comune di incentivazione delle biomasse forestali.
Più o meno come si sta iniziando timidamente a fare per i biocarburanti, con la nuova direttiva in fase di approvazione. Per i biofuel, in pratica, si è scoperto che se incentivi quelli sbagliati alla fine le emissioni crescono invece di diminuire.  (Peppe Croce – www.greenstyle.it)

Vogliamo ricordare che il 25 settembre 2009, nel corso della Conferenza Europea sul cambiamento climatico in corso di svolgimento ad Huelva (Spagna), la Provincia di Chieti ha firmato la "Covenant of Mayors" - Patto dei Sindaci con il quale i Sindaci che l’hanno sottoscritta si impegnano ad adottare tutte le misure per adempiere alla Stategia 20-20-20 tra cui appunto la riduzione del 20% entro il 2020 delle emissioni in atmosfera di anidride carbonica (CO2).
Questo si traduce nell’opposizione dei suddetti Sindaci ad ogni intervento, di qualsiasi natura, che provochi un aumento dell’inquinamento e quindi delle emissioni di CO2 in atmosfera, come fanno ad esempio le centrali a biomasse e simili.
Pertanto ci aspettiamo da tutti i Sindaci che hanno firmato questa Convenzione politiche attive di riduzione delle fonti inquinanti e di miglioramento della qualità dell’aria e dell’ambiente in cui vivono i loro concittadini.
Si sono impegnati solennemente e su questo verranno giudicati dalle loro comunità (votanti). 

Il 21 novembre 2009 presso la Sala Convegni del Complesso Monumentale S. Spirito in Via Santo

Spirito – Lanciano, c’è stata la cerimonia ufficiale della firma del Patto dei Sindaci - Covenant of

Mayors, da parte dei Sindaci delle Amministrazioni Comunali. Tutti i Comuni del territorio

provinciale hanno formalmente aderito, adottando apposita delibera di Consiglio Comunale come

dalla tabella allegata.
N. COMUNE ABITANTI
DATA
DELIBERA C.C.
1. ALTINO 2794 12/11/2009
2. ARCHI 2310 16/11/2009
3. ARI 1237 28/11/2009
4. ARIELLI 1178 26/11/2009
5. ATESSA 10769 16/11/2009
6. BOMBA 920 28/11/2009
7. BORRELLO 396 14/11/2009
8. BUCCHIANICO 5133 25/11/2009
9. CANOSA SANNITA 1492 17/11/2009
10. CARPINETO SINELLO 713 30/10/2009
11. CARUNCHIO 702 22/12/2009
12. CASACANDITELLA 1417 20/11/2009
13. CASALANGUIDA 1061 14/11/2009
14. CASALBORDINO 6461 20/11/2009
15. CASALINCONTRADA 3132 06/11/2009
16. CASOLI 5973 16/11/2009
17. CASTEL FRENTANO 4176 18/11/2009
18. CASTELGUIDONE 441 11/12/2009
19. CASTIGLIONE M. MARINO 1979 30/10/2009
20. CELENZA SUL TRIGNO 1011 28/10/2009
21. CHIETI 54733 28/11/2009
22. CIVITALUPARELLA 386 26/11/2009
23. CIVITELLA M. RAIMONDO 917 22/12/2009
24. COLLEDIMACINE 257 28/11/2009
25. COLLEDIMEZZO 567 21/11/2009
26. CRECCHIO 3065 30/11/2009
27. CUPELLO 4882 16/11/2009
28. DOGLIOLA 409 09/11/2009
29. FALLO 156 28/11/2009
30. FARA F. PETRI 1941 27/11/2009
31. FARA SAN MARTINO 1557 10/11/2009
32. FILETTO 1033 17/11/2009
33. FOSSACESIA 6204 16/11/2009
34. FRAINE 409 12/12/2009
35. FRANCAVILLA AL MARE 24262 17/11/2009
36. FRESAGRANDINARIA 1103 27/11/2009
37. FRISA 1936 20/11/2009
38. FURCI 1149 21/12/2009
39. GAMBERALE 342 02/02/2010
40. GESSOPALENA 1653 26/11/2009
41. GISSI 3032 28/12/2009
42. GIULIANO TEATINO 1350 12/11/2009
43. GUARDIAGRELE 9599 26/11/2009
44. GUILMI 451 14/12/2009
45. LAMA DEI PELIGNI 1444 25/11/2009
46. LANCIANO 36569 18/12/2009
47. LENTELLA 734 19/11/2009
48. LETTOPALENA 378 09/11/2009
49. LISCIA 758 30/12/2009
50. MIGLIANICO 4756 12/11/2009
51. MONTAZZOLI 1041 17/10/2009
52. MONTEBELLO SUL S. 105 13/11/2009
53. MONTEFERRANTE 157 12/12/2009
54. MONTELAPIANO 83 07/11/2009
55. MONTENERODOMO 821 19/11/2009
56. MONTEODORISIO 2593 12/11/2009
57. MOZZAGROGNA 2249 30/10/2009
58. ORSOGNA 4151 20/11/2009
59. ORTONA 23876 02/12/2009
60. PAGLIETA 4578 02/11/2009
61. PALENA 1443 28/11/2009
62. PALMOLI 1038 22/12/2009
63. PALOMBARO 1154 06/11/2009
64. PENNADOMO 336 29/11/2009
65. PENNAPIEDIMONTE 534 29/11/2009
66. PERANO 1680 29/10/2009
67. PIETRAFERRAZZANA 132 25/11/2009
68. PIZZOFERRATO 1160 14/11/2009
69. POGGIOFIORITO 985 12/11/2009
70. POLLUTRI 2349 19/11/2009
71. PRETORO 1040 13/11/2009
72. QUADRI 901 29/12/2009
73. RAPINO 1432 23/11/2009
74. RIPA TEATINA 4217 06/11/2009
75. ROCCA SAN GIOVANNI 2360 13/11/2009
76. ROCCAMONTEPIANO 1854 24/11/2009
77. ROCCASCALEGNA 1404 05/11/2009
78. ROCCASPINALVETI 1504 14/11/2009
79. ROIO DEL SANGRO 123 19/12/2009
80. ROSELLO 289 20/11/2009
81. SAN BUONO 1072 11/11/2009
82. SAN GIOVANNI LIPIONI 241 31/10/2009
83. SAN GIOVANNI TEATINO 11648 04/11/2009
84. SAN MARTINO SULLA M. 1024 26/11/2009
85. SAN SALVO 18932 17/12/2009
86. SAN VITO CHIETINO 5242 19/10/2009
87. SANTA MARIA IMBARO 1859 27/11/2009
88. S. EUSANIO DEL S. 2490 14/11/2009
89. SCERNI 3536 28/12/2009
90. SCHIAVI D’ABRUZZO 1067 30/10/2009
91. TARANTA PELIGNA 460 29/11/2009
92. TOLLO 4243 13/11/2009
93. TORINO DI SANGRO 3122 16/11/2009
94. TORNARECCIO 1980 28/11/2009
95. TORREBRUNA 1038 26/10/2009
96. TORREVECCHIA T. 4018 20/10/2009
97. TORRICELLA PELIGNA 1498 30/11/2009
98. TREGLIO 1545 12/11/2009
99. TUFILLO 508 30/11/2009
100. VACRI 1743 10/11/2009
101. VASTO 39376 15/12/2009
102. VILLA SANTA MARIA 1465 30/12/2009
103. VILLALFONSINA 992 09/11/2009
104. VILLAMAGNA 2482 11/11/2009

Il 105 siamo tutti noi che vi teniamo sotto controllo.

 FM