domenica 30 giugno 2013

LE OSSERVAZIONI DI NSC AL PIANO DEL TRAFFICO DI LANCIANO: L'OBIETTIVO COMUNE DEV'ESSERE UNA CITTA' PIU' SANA E VIVIBILE

Pubblichiamo qui di seguito le "Osservazioni" al Piano del Traffico di Lanciano presentate da Nuovo Senso Civico nello spirito di partecipazione per rendere la nostra Città sempre più sana, vivibile e attraente.


Al Sindaco di Lanciano Dott. Mario Pupillo                           
Agli Assessori del Comune di Lanciano
Ai Consiglieri del Comune di Lanciano
Ai Responsabili del PGTU Ing. S.Ciurnelli e Ing. F.Marino


OGGETTO: OSSERVAZIONI AL “PIANO GENERALE DEL TRAFFICO URBANO” DI LANCIANO dopo la sua adozione e deposito.

Dato atto positivamente all’A.C. di Lanciano della volontà di dotarsi di uno strumento di programmazione per migliorare la mobilità urbana e conseguentemente, si spera, di aumentare i livelli di vivibilità complessiva per l’intera Cittadinanza, chiediamo alla stessa scelte coraggiose che, seppure possano apparire al momento impopolari, porteranno alla lunga grande giovamento per l’intera Comunità e lustro agli Amministratori che le avranno adottate.

PREMESSA IRRINUNCIABILE:

A)      L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha certificato che le emissioni dei gas di scarico degli autoveicoli (tra cui polveri sottili e ultrasottili) sono sicuramente cancerogene. La stessa OMS, in base a rilevamenti effettuati in 13 città italiane, ha stimato in 8220 morti l’anno il numero dei decessi causati direttamente dal superamento dei valori consentiti di PM10;
B)      Il Sindaco di ogni Comune è per legge la massima autorità sanitaria locale che deve salvaguardare la salute e il benessere dei propri concittadini, in particolare rispetto al traffico veicolare motorizzato che rappresenta la principale fonte di inquinamento delle aree urbane;
C)      Lo studio sulla qualità dell’aria effettuato nel 2010 con i più avanzati sistemi scientifici (biomonitoraggio e IBL) dal Consorzio Mario Negri Sud per conto della Provincia di Chieti ha evidenziato per l’area urbana di Lanciano i risultati peggiori di tutta la vasta zona esaminata. Il PGTU nei suoi rilevamenti preliminari ha constatato il dato pazzesco di 50-60mila transiti giornalieri di veicoli in entrata e uscita da Lanciano.

A + B + C = il Sindaco di Lanciano ha il dovere di prendere tutti quei provvedimenti utili a scoraggiare e limitare il traffico veicolare urbano, soprattutto nelle sue forme non indispensabili, indiscriminate ed eccessive, agevolando in questo modo gli spostamenti davvero necessari. Ha tutti gli strumenti giuridici e politici a disposizione, non ultimo il “principio di precauzione” sollecitato dalla Comunità Europea che esalta il valore della prevenzione, più efficace e meno oneroso degli interventi posteriori in riparazione del danno.
Parallelamente occorre un’operazione culturale che stimoli un graduale cambio di mentalità in direzione di stili di vita e di mobilità più sani e sostenibili.

SECONDA PREMESSA SUI COSTI DEL PGTU:

Il conto complessivo dell’adozione di tutte le misure comprese nel Piano è salatissimo e ben difficilmente affrontabile nell’attuale situazione economica e finanziaria: si tratta di 8 milioni e 537mila euro (sempre che vengano rispettate le cifre preventivate, cosa rarissima nelle questioni pubbliche). I soli interventi prioritari classificati “1”, ossia realizzabili nei primi due anni, ammontano alla cifra di 2 milioni e 581mila euro.
Basti rilevare che sono previste ben 12 rotatorie oltre a nuovi parcheggi, ascensori, ecc.

Per questo bisogna stabilire delle vere priorità e la scelta più logica è quella di partire con gli interventi che contribuiscono ad attenuare il problema e a rendere meno onerosa la sua soluzione, come ad esempio la realizzazione delle piste ciclabili e dei percorsi pedonali, l’adozione delle aree pedonali, il potenziamento del trasporto pubblico collettivo e di tutte le forme di spostamento condivise, meno impattanti e più economiche. Il finanziamento di questa manovra combinata ha il doppio beneficio di migliorare immediatamente la qualità della vita complessiva e di abbattere i costi per gli interventi futuri, molti dei quali vengono resi inutili o notevolmente ridimensionati.


CONSIDERAZIONI GENERALI DATE LE PREMESSE:

Il traffico può essere reso più scorrevole, sicuro e sostenibile in maniera duratura solo attraverso una sua drastica riduzione e quindi questo deve essere l’obiettivo preliminare per avere le maggiori probabilità di successo.

Quindi, per fare qualche esempio, la realizzazione di nuovi parcheggi ottiene esattamente l’effetto contrario perché incentiva l’uso dell’auto privata anche senza una vera necessità.
Se invece si adottano soluzioni alternative con mezzi pubblici, condivisi o meno inquinanti la soluzione ce l’abbiamo già: 500 persone che vengono indotte all’uso della bicicletta come mezzo di trasporto quotidiano (vedi il successo del servizio di bike sharing) significano 500 posti auto liberi in centro che possono essere utilizzati da chi ne ha davvero bisogno. E’ un orientamento di buon senso e di facile comprensione che sta diventando prevalente a livello europeo in tante città, da Londra a Copenaghen: cominciamo a ragionare con un respiro internazionale perché solo così potremo avere ambizioni di lunga durata.

Meno automobili in circolazione o parcheggiate significano: più salute per tutti i cittadini, risparmio personale visti i costi ormai proibitivi per il loro mantenimento e miglioramento della vivibilità urbana in tutti i sensi anche dal punto di vista della riappropriazione e valorizzazione degli spazi pubblici comuni (cosa quest’ultima che favorirebbe senz’altro una maggiore attrattiva per turisti e visitatori esterni).

Sempre per dare una consequenzialità logica agli interventi bisogna partire subito e non alla fine con le azioni che aiutano a decongestionare come la realizzazione delle piste ciclabili, vista anche l’incongruenza (rilevata dagli stessi relatori del PGTU) di aver inaugurato il servizio di bike-sharing senza le adeguate corsie riservate atte a garantire  la sicurezza degli spostamenti.

ALCUNE OSSERVAZIONI SPECIFICHE SUL PGTU:

Le seguenti “Osservazioni” sono il frutto di anni di studio e documentazione sull’argomento, suggerimenti ricevuti da varie fonti e confronti pubblici, alcuni dei quali meritoriamente promossi dalla stessa A.C. di Lanciano in preparazione del PGTU.

Bene i percorsi ciclopedonali e le piste ciclabili che sono il completamento necessario e naturale del servizio di “bike-sharing” e che per questo vanno realizzate in via prioritaria come indirizzo per il modello di sviluppo della mobilità che si vuole raggiungere e per ottenere una cospicua diminuzione dei veicoli circolanti e quindi una più facile e meno onerosa soluzione del problema.
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L’obiettivo finale è la creazione di una rete capillare di piste ciclabili che unisca i vari quartieri al centro cittadino, compresa la pista già esistente nel Quartiere Santa Rita che, priva di qualsiasi collegamento con l’area centrale, ha avuto un destino di isolamento, scarsa attrazione e utilizzo di altro tipo.

E’ ora che ci si riappropri di una cultura del muoversi più “sociale”, a piedi o in bicicletta, che favorisce il benessere fisico e psichico, l’incontro e il godimento delle bellezze del paesaggio (che tra l’altro contribuisce a mantenere tali).

A questo proposito occorre rilevare l’impossibilità di spostamento all’interno della Città da parte dei disabili o dei portatori di handicap (che sono la rilevante cifra di tremila persone) data la presenza di barriere architettoniche invalicabili e l’odiosa inciviltà di molti automobilisti che parcheggiano davanti agli scivoli dei marciapiedi.
Vogliamo sottolineare che il Piano del traffico e della mobilità riguarda tutti i Cittadini, senza distinzioni, e non dev’esserci nessuna presunta prevalenza dell’”automobilista” rispetto ad altre categorie che vantano probabilmente diritti ancora maggiori.

Bene i sensi unici nell’ottica di rendere più fluida e sicura la circolazione veicolare, ma soprattutto per liberare spazi in favore di piste ciclabili e percorsi pedonali.

Bene le ZTL iniziali e le aree pedonali permanenti utili, in armonia con altri interventi paralleli, a decongestionare dal traffico motorizzato e soprattutto a creare dei poli di attrazione che, debitamente attrezzati e valorizzati, possano essere di sostegno anche alle attività commerciali presenti.
Va detto che la crisi dei negozi non dipende certo dal mancato passaggio delle auto come dimostra l’esempio dei quartieri dove il transito avviene regolarmente senza che questo freni il calo delle vendite, le cui cause sono di tutt’altra natura. Al contrario una pedonalizzazione ben congegnata può essere occasione per il rilancio anche economico di queste zone, come avviene in altri comuni italiani. Abbiamo il vicino esempio positivo della pedonalizazione di Corso Umberto a Pescara che, inizialmente osteggiata da tutte le categorie del commercio, è diventata adesso irrinunciabile dagli stessi operatori per i benefici che ha portato.

Per questo le aree previste vanno realizzate nella completezza e senza timidezze o parzialità controproducenti (vedi Corso Roma che andrebbe chiusa nella sua totalità) e si deve lavorare per una loro progressiva e calibrata estensione.
Le zone ZTL dovrebbero essere solo un passaggio intermedio verso la definitiva pedonalizzazione del Centro storico insieme a Piazza Plebiscito e Corso Trento e Trieste. I quartieri medievali sono stati concepiti a misura d’uomo e non certo di automobile che ne rappresenta una palese violenza. Valga per tutti lo scandaloso esempio delle autovetture parcheggiate permanentemente davanti ai meravigliosi rosoni di Santa Maria Maggiore.
E’ un processo che chiaramente avrà delle forti resistenze iniziali, ma se ben architettato e programmato per tappe successive, otterrà sicuramente i favori degli stessi residenti che vedranno tornare al meritato splendore il cuore antico di Lanciano, con tutte le positive ripercussioni del caso.

NO a nuove strade ad elevata circolazione (come ad es. quella prevista nell’intervento V1 in via Bologna) perché aumenterebbero i problemi invece di risolverli. Autorevoli studi internazionali sul’argomento hanno dimostrato che moltiplicare strade e corsie significa far crescere notevolmente traffico e inquinamento. A margine segnaliamo che il nuovo complesso edilizio previsto in zona dal PRG sarebbe un ulteriore passo verso la dissennata accelerazione cementificatoria in atto nella nostra Città che non porta alcun vantaggio, neanche di natura economica, e rappresenta soltanto ulteriore consumo dei suoli e il peggioramento della vivibilità complessiva. Il comparto dell’edilizia otterrebbe al contrario un forte impulso, diffuso soprattutto nelle piccole imprese, da una vasta operazione di ristrutturazione e manutenzione del patrimonio abitativo già esistente che in moltissime parti versa in condizioni precarie se non fatiscenti.

NO agli interventi che sacrificano le residue aree verdi  come ad esempio l’intervento M6 al Parco Diocleziano oppure nel parcheggio di via per Frisa. Lanciano presenta un grave deficit di aree verdi avendo già destinato nei decenni scorsi ad altri usi, edilizi e asfaltatori in genere, quelle inizialmente vincolate a tale scopo (vedi il caso della Pietrosa e proseguimento oltre la curva del Ferro di Cavallo) oppure non essendo mai riuscita a risolvere definitivamente la questione dell’Ippodromo che resta una zona ibrida ed insoddisfacente senza le caratteristiche che dovrebbe naturalmente avere di polmone verde della Città.
Riteniamo che la realizzazione di un parcheggio per bus turistici + auto private nel Parco Diocleziano e la sistemazione di un ascensore a ridosso o nelle vicinanze del Ponte siano interventi inutilmente impattanti in una zona che ha già subito negli anni passati modifiche stravolgenti e dagli esiti assai dubbi. Piuttosto andrebbe rivisitata e potenziata l’intera area in direzione di una migliore fruibilità ambientale senza ulteriori sovraccarichi che contribuirebbero a penalizzarla ulteriormente.
Un ampio parcheggio per i bus turistici esiste già nella zona della Pietrosa che, tra l’altro, è vicinissima al centro storico e in quest’ottica si potrebbe pensare ad un miglioramento dei percorsi per il raggiungimento a piedi di quest’ultimo.  Un ascensore esiste già, da dieci anni, nel parcheggio di via per Frisa e non ha avuto finora grande fortuna (lo stesso parcheggio, come rilevato nel PGTU, è sempre semi-vuoto): invece di procedere ad inutili doppioni si pensi a rendere pienamente fruibili le attrezzature già esistenti.

Sì alla destinazione “di scopo” degli introiti derivanti dalla sosta a pagamento verso il potenziamento della mobilità alternativa non inquinante e la valorizzazione dell’arredo urbano e degli interventi nelle aree pedonali. Sarebbe bene indicare questa destinazione sugli stessi cartelli dei “parcometri” in modo da far comprendere il “senso” dell’esborso che rappresenterebbe così una specie di patto con gli utenti.

CONSIDERAZIONI OLTRE IL PGTU E QUALCHE SUGGERIMENTO ALL’A.C. DI LANCIANO:

Non ci stancheremo mai di ribadire che deve esserci da parte dell’Amministrazione Comunale un disegno complessivo, unitario ed omogeneo, della direzione che si vuole dare alla propria Comunità intesa come persone e come luoghi.
Per questo il PGTU, analogamente al PRG come a qualsiasi altro strumento di programmazione, deve conformarsi al progetto generale e non sono ammissibili interventi tra di loro slegati o contraddittori.
Non possiamo dichiararci a favore di una Città più vivibile e nel contempo autorizzare dannose cementificazioni o insediamenti nocivi per la salute pubblica.
Occorre quindi una cabina di regia centralizzata (datele poi il nome che volete) che esamini preventivamente tutti gli interventi proposti per controllare che siano compatibili con il programma complessivo di medio/lungo periodo e che richiami ogni settore, assessorato o componente dell’A.C. all’obiettivo condiviso.

Per quanto riguarda gli interventi futuri sulla mobilità, al di là del presente PGTU, auspichiamo che l’A.C. di Lanciano, sempre nell’ottica della riduzione del carico complessivo di traffico e quindi per il benessere della collettività, adotti i seguenti provvedimenti:
  • Aree di scambio ed intermodalità auto private/mezzi collettivi (bus-navetta) o in condivisione (bici elettriche e tradizionali) in zone adiacenti alla città. Si valuti la possibilità di utilizzare a tale scopo aree industriali o capannoni dismessi o di accordarsi con i centri commerciali per i loro parcheggi;
  • Potenziamento e miglioramento dei mezzi pubblici con la loro progressiva elettrificazione e adozione di propellenti meno inquinanti;
  • Utilizzo dell’ex-tracciato ferroviario come metropolitana di superficie;
  • Progressiva elettrificazione del parco macchine comunale e adozione per i Vigili Urbani di bici elettriche e tradizionali per lo svolgimento di determinati servizi;
  • Maggiori controlli sulla guida sicura e per l’adozione di tutte le precauzioni da parte dei guidatori per evitare incidenti. Maggiore severità per punire la sosta selvaggia soprattutto nelle sue forme più odiose come l’ostruzione degli scivoli dei marciapiedi e l’invasione di aree cui non è consentito l’accesso (ad es. la Terrazza di via Monte Majella);
  • Controlli periodici dei mezzi pubblici e privati e campagne di incentivi/bonus per l’adozione di veicoli meno o per niente inquinanti;
  • Rimodulazione dei tempi della Città (orari di scuole, uffici pubblici, esercizi, ecc) attraverso l’adozione del PTO – PianoTerritoriale degli Orari (tra l’altro obbligatorio per i comuni con popolazione superiore ai 30mila abitanti) per razionalizzare i flussi della mobilità e pianificare i trasporti in entrata e in uscita;
  • Organizzazione di manifestazioni pubbliche e incontri nelle scuole a sostegno di una mobilità più sana e sicura per favorire un deciso cambio degli stili di vita;
  • Sistemazione di rallentatori nelle strade di maggiore percorrenza e incidentalità da velocità (via del Mare, via Panoramica, via Belvedere, ecc.)


DICHIARAZIONE DI DISPONIBILITA’ ED UN AUGURIO FINALE:

Nuovo Senso Civico si mette a disposizione come sempre per un confronto civile e ragionato su questi argomenti, nell’ottica di un miglioramento del benessere collettivo e non del prevalere di interessi egoistici e particolari.

Ci auguriamo che anche tutti gli altri attori in campo manifestino la stessa volontà e supportino le loro considerazioni con ragionamenti fondati, documentati e non ideologici o velleitari.

In gioco è il futuro della nostra amata Lanciano che vogliamo rendere sempre più sana, vivibile e bella.

Franco Mastrangelo - NUOVO SENSO CIVICO


Lanciano, 28 giugno 2013

mercoledì 26 giugno 2013

PAROLE DA NOBEL



" I disastri ecologici sono delitti contro l'umanità: vanno puniti come tali."
PEREZ ESQUIVEL, Premio Nobel per la Pace 1980


sabato 22 giugno 2013

PETROLIERE O DELFINI: QUALE FUTURO SCEGLIAMO?


Mettiamo a confronto due notizie apparse su "il Centro" di ieri per domandarci: qual'è il futuro migliore per noi?

"In fiamme una petroliera al largo di San Benedetto"


SAN BENEDETTO. Una motocisterna turca con a bordo dodici marittimi, nel pomeriggio intorno alle 18.30, è andata in fiamme. L’incendio, in base alle prime informazioni, sarebbe scoppiato a causa di un cortocircuito. Si tratta della nave cisterna Nazo.s che ha preso fuoco a 37 chilometri dalla costa civitanovese. La parte a poppa della nave, dove si trovano gli alloggi, è andata distrutta. In questo momento si stanno cercando di domare le fiamme.


"Rocca San Giovanni, i delfini a mezzo miglio dalla spiaggia"


ROCCA SAN GIOVANNI. Sono apparsi all'improvviso a meno di mezzo miglio dalla costa: i riflessi argentati in un mare che sembra una tavola e i tipici sbuffi accompagnati da suoni acuti e a scatti, come delle risate. Ci sono i delfini nel mare della Costa dei trabocchi. La loro presenza è sempre più frequente ormai da qualche anno, ma quello che Marco Caldora, titolare del ristorante Punta Vallevò a Rocca San Giovanni, si è trovato davanti assieme ai suoi famigliari ha dell'incredibile.
«Ne ho contati almeno 11-12 , «racconta ancora emozionato Marco, «erano in branco ed erano bellissimi».
  

Agli abruzzesi la facile sentenza...

 

martedì 18 giugno 2013

IL MARE IN ABRUZZO: PROFONDO NERO, COME IL PETROLIO. ECCO I DATI SCONFORTANTI DEL MINISTERO DELLA SALUTE. E ADESSO CI PENSERANNO OMBRINA E LE TRIVELLE A RIPULIRLO?

L'ORIZZONTE CHE NON PERMETTEREMO
IL PRESENTE CHE DIFENDEREMO CON I DENTI
Domenica sono andato al mare a San Vito, zona Turchino, e forse per la prima volta dopo quarant'anni non mi sono tuffato appena arrivato in spiaggia: su tutto lo specchio d'acqua galleggiavano delle estese chiazze di schiuma giallognola che restituivano una colorazione preoccupante a tutto il paesaggio. Alcuni amici mi dicono che anche nei giorni precedenti la situazione è stata più o meno la stessa. 

Non so se sia più il dispiacere o la rabbia a prevalere.
Perchè stanno uccidendo il nostro povero mare (e i fiumi)?
Per quali sporchi, particolari e vigliacchi interessi?
Perchè non si interviene d'ufficio per scongiurare questa deriva?

Se poi penso alla follia delle trivellazioni e delle piattaforme petrolifere ad un passo dalla riva è sicuramente la rabbia a prendere il sopravvento. Però anche questa viene subito scalzata da un altro prepotente impulso che tutto travolgerà: la certezza che con la lotta dura e incessante che è in atto libereremo presto tutto il nostro mare dallo schifo presente e futuro.
FM

Qui di seguito riportiamo l'articolo pubblicato da Primadanoi.it sul "Rapporto 2013 sulle acque di balneazione italiane" nel quale si legge tristemente che l'Abruzzo è il fanalino di coda tra tutte le regioni per la qualità delle sue acque (clicca QUI per visionare il documento: le tabelle sono alle pagine 33 e 35). Sicuramente ci penseranno i petrolieri a dare una bella ripulita con i loro pozzi, piattaforme, navi e gasdotti!
(vedi anche la pagina dedicata sul blog cliccando QUI )

"Abruzzo maglia nera in Italia per le acque di balneazione"

Il Wwf: «gestione scriteriata dei fiumi e della costa»


L'Abruzzo è maglia nera in Italia per la qualità delle acque di balneazione secondo il rapporto presentato oggi dal Ministro Lorenzin.
Balneabile la costa abruzzese per circa l’88%. Tutto perfetto da Martinsicuro fino a 100 mt a nord alla Foce del Tordino di Giulianova.
Acque non balneabili, perché inquinate, invece, a 300 metri a sud della foce del Tordino, (Roseto) poi di nuovo balneabile fino alla zona antistante via Claudio, sempre a Roseto.
Acqua inquinata anche a 300 metri a nord della foce del fiume Vomano (Roseto) e a 300 mt a sud nel comune di Pineto.
Di nuovo balneabile fino a Pescara, e precisamente fino a via Mazzini.
Il portale acque del governo segnala poi come non balneabile per inquinamento la zona antistante via Balilla e la spiaggia che si trova 300 metri a nord del molo del fiume Pescara. A Montesilvano tutti e quattro i punti sono balneabili.
Verso sud, invece, non superano gli esami la spiaggia a 350 metri a nord della foce del fiume Foro di Ortona, e nemmeno i 350 metri a sud, così come il tratto a 400 metri a nord della foce del fiume Arielli e i 200 metri a sud.
Bocciata pure la spiaggia a 200 metri a nord e i 200 a sud della foce di Fosso Peticcio, quella a 300 metri a nord del fiume Moro, a 50 metri a sud di Fosso Cintioni a San Vito Chietino.
Inquinate pure le spiagge a 200 mt a nord della foce del Feltrino (sempre San Vito), a 200 mt a sud dalla foce del Sangro (Torino di Sangro) come pure i 300 metri a nord e sud di Fosso Lebba nel Comune di Vasto.

Tutte le criticità già messe nero su bianco qualche settimana fa dall’Arta.

«FIUMI COME FOGNE DELLE COSTE»
Per il WWF Abruzzo si sta pagando la pervicace volontà di non affrontare con la dovuta energia la mala-gestione del settore delle acque e del territorio. «I fiumi sono ridotti a fogne e la costa (e non solo) è stata quasi completamente urbanizzata senza pensare ai servizi di base come la depurazione con ovvie conseguenze sul nostro mare».
«L'Abruzzo del turismo balneare», spiega Augusto De Sanctis, referente acque del Wwf, «si presenta con questi dati sconfortanti sul palcoscenico nazionale, frutto di una gestione scriteriata del territorio e dell'incredibile situazione dei fondi connessi alla gestione delle acque. Moltissimi depuratori sono abbandonati o mal-funzionanti; gli investimenti non sono stati fatti e nonostante ciò le aziende che gestiscono la depurazione hanno centinaia di milioni di euro di debiti. In questo contesto, che penalizza fortemente l'economia, le strutture regionali e in particolare l'assessorato ai Lavori Pubblici e il Comitato VIA, hanno varato, tra le contestazioni dei soli ambientalisti e di due comuni, Fossacesia e Farindola, un Piano di Tutela delle Acque che rimanda addirittura al 2027 il risanamento di molti fiumi, per i quali le normative europee prevederebbero invece il raggiungimento dello stato “buono” delle loro acque entro il 2015. A parte le ovvie considerazioni sulla situazione ambientale che pare interessare solo gli ambientalisti, i balneatori e gli albergatori sanno che la Regione ha chiesto decine di deroghe rispetto agli obiettivi di qualità comunitari? Sanno che sono stati privilegiati gli interessi dei concessionari per l'idroelettrico rispetto al loro comparto? In tale disastro, oltre a stigmatizzare l'atteggiamento dilatorio di chi è preposto a far rispettare le norme sulla qualità dell'ambiente, è sconfortante pensare che si destinano oltre 500 milioni di euro alla realizzazione della famigerata e inutile strada pedemontana Abruzzo-Marche e alla depurazione 1/10 di queste risorse. Ora il Piano di Tutela delle Acque, adottato nel 2010, dovrebbe essere approvato dal Consiglio Regionale. In quella sede è urgente apportare profonde modifiche per cambiare strada seriamente».

da PRIMADANOI.IT DEL 17/6/13

domenica 9 giugno 2013

PERCHE' "OMBRINA" E IL PETROLIO DISTRUGGERANNO L'ECONOMIA ABRUZZESE

PERCHE’ IL PETROLIO IN ABRUZZO E IL PROGETTO “OMBRINA MARE” NON PORTANO SVILUPPO MA LO IMPEDISCONO.


L’attività estrattiva e di raffinazione degli idrocarburi comporta una serie di conseguenze molto negative ed insopportabili per le Comunità locali da qualsiasi punto di vista, sicuramente per l’impatto sulla salute delle persone e l’integrità dell’ambiente ma anche per i danni provocati all’economia regionale e quindi al benessere generale.
Sul primo aspetto è già stato scritto e detto molto sulla scorta di autorevolissimi studi nazionali ed internazionali che non lasciano dubbi sulla nocività e pericolosità di questi interventi, ma qui vogliamo concentrarci sulle conseguenze concrete dal punto di vista dello sviluppo e della crescita economica.

Le royalties in Italia sono tra le più basse al mondo: per le estrazioni di petrolio l'aliquota pagata allo Stato è del 7% in mare e del 10% a terra mentre nelle altre nazioni si va dal 30% al 90%. Di questa già irrisoria percentuale alle regioni interessate va poco più della metà (55%).

Vi sono poi ampie esenzioni per periodi e produzioni iniziali e annuali, franchigie ed agevolazioni in favore delle Compagnie minerarie e petrolifere: a titolo di esempio non vengono pagate royalties sulle prime 50 mila tonnellate di petrolio estratto in mare e sulle prime 20 mila a terra. Inoltre sono le stesse Società ad autocertificare le quantità estratte senza alcun controllo da parte dello Stato ed il prodotto raffinato viene venduto sul mercato ai prezzi correnti dalle Compagnie, quasi tutte straniere, senza alcun beneficio o effetto calmierante per la nazione.

L’Abruzzo ha incassato per le royalties complessive la risibile cifra totale di €.254.899 nel 2011 e di €.314.415 nel 2012.
La società inglese Medoil Gas, titolare del progetto “Ombrina Mare” in Abruzzo (oltre che di altre decine di permessi e concessioni da sola o in joint-venture) dal 2008 non ha mai versato un euro nelle casse pubbliche, come risulta dai dati pubblicati dal Ministero dello Sviluppo.

Per quanto riguarda la manodopera impiegata essa è costituita da pochissime unità perlopiù specializzatissime e spostate da altri siti: nessun nuovo posto di lavoro corrisponde all’investimento; la ricaduta di reddito nel territorio, a detta degli stessi progetti, è nulla. Dal bilancio della Medoil si evince che la spesa per addetti italiani corrisponde a meno di 20 posti di lavoro. Ma l’aspetto fondamentale è che questo tipo di attività estrattiva in mare come a terra è alternativo e totalmente incompatibile con le principali vocazioni economiche della Regione Abruzzo, basate su agricoltura di qualità, produzioni viti-vinicole e olearie di caratura mondiale, pesca, piccola e media industria manifatturiera ed artigianale, turismo e ricchezze paesaggistiche (la “Regione Verde d’Europa”), bellezze storiche e tradizioni culturali.

Gli interventi nel settore estrattivo causerebbero la perdita di migliaia di posti di lavoro negli altri comparti, come calcolato da istituti ed associazioni di categoria locali, portando ad una drastica riduzione del P.I.L regionale e quindi ad un freno del diverso progetto di sviluppo che l’Abruzzo si è dato da decenni dotandosi di leggi adeguate. Gli investimenti nel settore agricolo-alimentare (dal quale deriva il 28% del PIL regionale) e in quello turistico (dal quale proviene un altro 10% del PIL), a parità di somma investita, creano posti di lavoro da 10 a 20 volte in più; lo stesso rapporto si ha, scontata la crisi, nel manifatturiero. Questi settori poi non producono aggravi per sanità, sicurezza e servizi addizionali a fondo perduto alle finanze pubbliche, mentre è dimostrato che il settore idrocarburi sta già da tempo producendo questi aggravi (basta consultare le amministrazioni interessate).

Portiamo come esempio la produzione di vino in Abruzzo che negli ultimi anni ha avuto un exploit senza precedenti, con la crescita imponente delle Cantine, della produzione e della qualità che ne sta decretando il successo internazionale con il corollario positivo dell’aumento di investimenti finanziari e di importanti ricadute occupazionali.  Le aziende viti-vinicole sono per questo in prima fila insieme alle altre per contrastare la deriva petrolifera che ne pregiudicherebbe definitivamente qualsiasi possibilità non solo di crescita ma di esistenza stessa, come dimostra il caso emblematico della Basilicata con decine di produttori costretti a chiudere per le conseguenze delle attività estrattive e di raffinazione.

In particolare il progetto “Ombrina Mare” della Medoil gas, situato a soli 6km dall’incantevole “Costa dei Trabocchi” e dall’”Eremo Dannunziano” in località San Vito Chietino e costituito da una piattaforma estrattiva collegata a 4-6 pozzi affiancata da una nave gigantesca FPSO per lo stoccaggio e prima raffinazione del prodotto, rappresenterebbe la pietra tombale per lo sviluppo turistico ed economico dell’intera zona già impostato e finanziato per tutt’altra prospettiva (Parco Nazionale della Costa Teatina istituito nel 2001 ed in via di definizione, Via Verde della Costa dei Trabocchi con pista ciclo-pedonale di 35 km, Siti di Interesse Comunitario ed aree protette varie). Di passaggio sottolineiamo come piattaforme di questo tipo in altre nazioni civili come gli Stati Uniti siano vietate a meno di 160 km. dalla costa proprio per i rischi ambientali ed economici derivanti da eventuali incidenti la cui incidenza è molto alta e che le Compagnie operanti in Abruzzo non avrebbero alcuna possibilità di fronteggiare sia in termini operativi che finanziari.

Nuovo Senso Civico insieme all'Associazione “Difesa Beni Comuni” ha raccolto la cifra record in Abruzzo di 50.150 firme certificate dal Tribunale di Lanciano su una petizione che chiedeva la revoca di tutti i permessi di ricerca e di estrazione di idrocarburi “per gravi motivi ambientali”. Questa petizione, inviata a tutte le Istituzioni italiane ed internazionali, è stata giudicata “ricevibile e meritevole di un’indagine preliminare” da parte della Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo.

Il 13 aprile scorso a Pescara si è svolta una storica manifestazione “NO PETROLIO, SI' PARCO - per l’Abruzzo regione verde d’Europa” che ha visto la partecipazione di 40mila persone (caso probabilmente unico in Italia su queste tematiche) ed alla quale hanno aderito oltre a decine di Sindaci, personalità Istituzionali e semplici Cittadini, anche moltissime associazioni di categoria ed imprenditoriali in rappresentanza degli operatori economici della Regione.

Siamo fiduciosi che questo fronte comune dall’Abruzzo costituito da Istituzioni locali, amministratori, politici e rappresentanze dell’intera società civile, imprenditoriale e associativa ottenga la giusta soddisfazione delle sue legittime aspettative da parte del Governo e del Parlamento che debbono adoperarsi al più presto per scongiurare il rischio “Ombrina Mare” e legiferare perché venga cancellata la destinazione della nostra regione a distretto petrolchimico e vengano invece valorizzate e finanziate le sue vere vocazioni.

Se tutto questo non avverrà nel minor tempo possibile tutti gli Abruzzesi dimostreranno concretamente come questa lotta al sopruso petrolifero li ha resi sempre più forti e sicuramente sempre meno gentili con chi ha deciso di soffocarli contro la loro volontà.


NUOVO SENSO CIVICO
Movimento Spontaneo di Cittadini Abruzzesi

giovedì 6 giugno 2013

BIKE-SHARING A LANCIANO: QUALCHE CONSIDERAZIONE DOPO IL SUCCESSO INIZIALE E PRIMA DEL PIANO DEL TRAFFICO


LE FOTO DI ALESSANDRO TENAGLIA SONO RELATIVE AL "BIKE PRIDE" DEL 19 MAGGIO
Dopo l'avvio sprint del servizio di bike-sharing a Lanciano è giunto il momento di fare qualche considerazione, anche su sollecitazione dei molti che ci seguono su questo blog.
Alcune di queste le rivolgiamo direttamente all'Amministrazione Comunale, altre a tutta la cittadinanza che utilizzi o meno le biciclette condivise.

Abbiamo salutato positivamente questa iniziativa, ma da subito l'abbiamo considerata solo un primo passo parziale verso una Città più sana, sicura, vivibile e attraente. Come tanti ci hanno scritto e come abbiamo evidenziato fin dall'inizio senza un'adeguata rete di piste ciclabili non andiamo letteralmente da nessuna parte perchè l'utilizzo delle bici resterebbe, com'è oggi, piuttosto rischioso e poco salutare perchè si inserisce in un contesto nel quale sono le automobili a farla da padrone.

Parliamoci chiaramente e senza giri di parole: l'obiettivo fondamentale da cui tutto può discendere positivamente è la limitazione e lo scoraggiamento dell'uso dell'automobile privata che, come ripetuto più volte su questo blog, è spesso indiscriminato e inutile (oltre ad essere di questi tempi pesantemente anti-economico per le proprie tasche). 

Il ragionamento è elementare: l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha certificato che le emissioni dei gas di scarico dei veicoli a motore sono sicuramente cancerogene e quindi gravemente pericolose per la salute degli esseri umani, specie dei bambini; il Sindaco di qualsiasi Comune è per legge la massima autorità sanitaria locale e quindi ha il dovere di tutelare salute e benessere dei propri concittadini.
Se 2 + 2 fa 4 allora è tutto molto elementare: il Sindaco deve adottare tutti quei provvedimenti utili e necessari per ridurre sempre più il traffico veicolare all'interno della Città per salvaguardare non solo la salute ma anche la sicurezza e la bellezza dei nostri luoghi.

E' un argomento all'ordine del giorno vista la proposta del nuovo "Piano Generale del Traffico Urbano" sul quale già avevamo presentato delle osservazioni come Nuovo Senso Civico e sul quale adesso, dopo una prima veloce lettura e riservandoci di intervenire più approfonditamente in seguito, possiamo dire: non siamo ingegneri o esperti del settore che possono indicare dettagliate soluzioni tecniche da adottare però possiamo affermare che quello evidenziato sopra dev'essere l'obiettivo primario da raggiungere nel più breve tempo possibile ed alle migliori condizioni per la comunità nel suo complesso.
Cerchiamo per una volta di lasciar fuori le considerazioni interessate di parte o di categoria e ragioniamo in termini generali di progresso e di civiltà per tutti. Una Città così bella come la nostra, liberata negli spazi e nell'aria dall'invasione prepotente delle auto diventerebbe ancora più attraente e sarebbe un richiamo irresistibile per i tanti visitatori che porterebbero anche benefici economici a tutta la collettività.

Ben vengano quindi le piste ciclabili previste che non siano però l'ultimo atto da realizzare ma quello principale e trainante di un discorso generale che vada coerentemente in un'unica direzione virtuosa.

Infine alcune annotazioni sullo specifico servizio di bike-sharing.
All'Amministrazione Comunale:
  • sono ovviamente indispensabili al più presto le pensiline di protezione altrimenti le biciclette si rovineranno molto velocemente sotto le intemperie;
  • non ci sembra giusto stoppare gli abbonamenti: se non è possibile acquistare a breve altri mezzi ci si accontenterà di utilizzarli personalmente un pò meno ma senza negarli a nessuno. E poi, una volta provata la soddisfazione della pedalata, si può magari recuperare qualche mezzo che sicuramente abbiamo in garage o in soffitta aumentando la schiera degli utilizzatori quotidiani;
  • occorre una qualche forma di controllo e di tutela dei mezzi per evitare danneggiamenti dolosi.
A tutta la Cittadinanza:
 
Diamo un segnale di civiltà: queste biciclette sono un patrimonio comune, pagate con le tasse di tutti i cittadini onesti. Anche se personalmente non le utilizziamo (ma invitiamo tutti a provarle) difendiamo la loro integrità e se vediamo qualcuno che le danneggia o ne fa un uso improprio riprendiamolo con cortesia ma con decisione.
Se vogliamo una società migliore dobbiamo migliorare innanzitutto noi stessi. 

Franco Mastrangelo - Nuovo Senso Civico

sabato 1 giugno 2013

UN MONDO DIVERSO E' POSSIBILE: NASCE IL MANIFESTO "TERRITORIO ZERO" DOVE ZERO E' UN VALORE E NON IL NULLA




La tremenda crisi che stiamo attraversando non è solo di natura economica ma anche di valori, diritti, giustizia e, in fondo, di felicità.

La maggior parte di coloro che ci indicano la via per uscire da questo stato di cose ripropongono gli stessi schemi e ricette che ci hanno portato sull'orlo del baratro e spesso anzi sono fisicamente i principali artefici del disastro.

E' l'ora di prospettare un percorso radicalmente diverso, più rispettoso delle persone e dell'ambiente nel quale vivono, più equo e lungimirante, che guardi serenamente al lungo periodo e non sia fatto di rapina immediata come l'attuale.

Non è una prospettiva utopica o evanescente ma assai concreta, pratica e razionale. Direi quasi naturale.

Un'elaborazione concreta di questa strategia virtuosa è data dal "MANIFESTO TERRITORIO ZERO" promosso ed elaborato dal Professor Livio De Santoli e dall'economista Angelo Consoli ed ispirato agli studi e le proposte di Carlo Petrini (km. zero), Jeremy Rifkin (emissioni zero) e Paul Connet (rifiuti zero).

Dove "Zero", come capirete bene, è un valore primario e non un segno del nulla o della distruzione. Al contrario, in mezzo a tanti numeri che ci hanno condotto alla catastrofe, è l'unico approdo possibile per un futuro più umano.

FM

(IN FONDO AL POST INDICHIAMO IL COLLEGAMENTO PER FIRMARE IL "MANIFESTO ZERO". Possono farlo sia singoli cittadini che Amministrazioni pubbliche: ad oggi hanno già aderito Provincia di Catania, Provincia di Potenza, Comune di Nettuno, Comune di Cerveteri,Comune di Capannori, Comune di Ascoli Satriano, Comune di Altavilla Milicia, Comune di Rieti e Comune di Fiano Romano.)


"TERRITORIO ZERO"



Manifesto per una società a emissioni zero, rifiuti zero e chilometro zero

Introduzione
Territorio Zero è un manifesto che impegna chi lo sottoscrive a realizzare un programma di sviluppo territoriale rispettoso delle risorse naturali in una visione innovativa; TerritorioZero contiene un programma politico-amministrativo, fondato su basi tecnico-scientifiche, che suggerisce soluzioni operative alle nuove generazioni di amministratori degli enti locali.
Con la sottoscrizione del Manifesto di TerritorioZero si assume l’impegno di affrontare tutte le tematiche territoriali (ambientali, agricole, energetiche, urbanistiche, sociali, economiche) secondo una visione unitaria e olistica, proiettata nel secolo e nel millennio che stiamo vivendo, sovversiva rispetto alle politiche esistenti legate alle logiche del passato.
Il modello economico della seconda rivoluzione industriale è entrato in una crisi strutturale fortemente intrecciata con le crisi energetica, climatica e ambientale fino a rappresentare una minaccia per la civiltà come la conosciamo. La devastazione dei territori e delle risorse naturali (terra, acqua, aria, salute pubblica), si accompagna al progressivo affermarsi di una società estremamente diseguale ed una economia concentrata nelle mani di pochi. Lo sfruttamento delle fonti energetiche convenzionali presuppone una altissima intensità di capitali ed una progressiva e definitiva espulsione del fattore umano dai processi produttivi. Il modello esistente, nato con la geopolitica e le commodities della seconda rivoluzione industriale ha espropriato le comunità locali della possibilità di controllare i propri destini economici, perché le ha private della sicurezza di accesso all'energia, al cibo, all'acqua, ai beni comuni, e in definitiva di qualunque speranza per il futuro, introducendo nel senso comune la rassegnazione all'idea che l'inquinamento, le emissioni di gas serra, la produzione di rifiuti, la mercificazione dei beni comuni, la distruzione dei saperi agricoli tradizionali siano pedaggi da pagare per un non meglio precisato “progresso”.
Per agire efficacemente sulle cause (e non solo sugli effetti) di tale modello distorto bisogna uscire dalla logica del profitto e della concentrazione della ricchezza, sia nell'ambito industriale (grandi fabbriche, grandi centrali), che in quello agricolo (coltivazioni intensive basate su prodotti chimici) e della distribuzione (grandi centri commerciali e consumismo esasperato con incremento esponenziale della produzione di rifiuti), e abbracciare un modello di sviluppo olistico, caratterizzato da tecnologie ad alta intensità di lavoro ed a bassa intensità di capitali e di profitti. Questo nuovo modello di sviluppo si basa su una idea di società in cui emissioni, rifiuti, speculazioni sui beni agricoli, sull'economia reale, consumo del territorio e distruzione del valore/lavoro vengano progressivamente ridotti a zero.
Per questo lo abbiamo battezzato TerritorioZero e riteniamo che esso possa essere garantito solo da soggetti nuovi e non da quelli che hanno creato la crisi che stiamo vivendo: le comunità locali, le piccole e medie imprese, che creano ricchezza distribuita e conferiscono protagonismo agli enti locali, alla rete dell'associazionismo democartico e riassegnano un ruolo attivo e responsabile a ciascun individuo.
TerritorioZero permette di programmare le attività economiche a livello locale secondo:
1) un nuovo modello energetico distribuito che permetta di raggiungere la necessaria massa critica a partire dalle fonti rinnovabili secondo uno schema di rete e di comunità.
2) un nuovo modello agricolo basato sulla de-carbonizzazione dei processi produttivi e la valorizzazione delle produzioni locali di qualità fornendo ai coltivatori un accesso diretto al mercato per i loro prodotti ed un reddito decoroso.
3) un nuovo modello per la chiusura del ciclo di vita dei prodotti che crei le attività miranti a incoraggiare e realizzare pratiche di risparmio, riciclo e riuso secondo i principi di “rifiuti zero”, mettendo in moto nuove attività di raccolta e di creazione di filiere del ciclo dei prodotti.
4) Un nuovo modello urbanistico che non consenta più consumo di territorio, ma che riqualifichi e migliori le condizioni delle strutture esistenti.
TerritorioZero mette in moto, a partire dal livello locale, una nuova dinamica di promozione dell'economia reale, in opposizione a quella virtuale e speculativa, mirante a valorizzare la produzione effettiva di beni e servizi per la comunità, attraverso la riduzione della varie forme di criticità prodotte dal modello esistente: le emissioni climalteranti, i rifiuti, l'intermediazione parassitaria, la disoccupazione, la devastazione del territorio.

Agricoltura ed energia a chilometro zero
L'attuale instabilità del sistema economico sta avendo pesanti ripercussioni anche sul sistema produttivo primario dell'agricoltura, che necessita di un ripensamento non più in termini di comparto, ma di una visione più ampia: tecnica, ambientale, sociale, culturale oltre che economica.
In particolare al posto del controvalore finanziario del processo e del prodotto, dovrà essere considerata la componente sociale, identitaria e territoriale, in grado di diffondere gli effetti positivi su una superficie più grande del solo fondo di produzione. Le categorie agricole conoscono l’importanza di progettare un nuovo modello di sviluppo tenendo conto del rispetto delle risorse naturali, di un rinnovato rapporto tra città e agricoltura, di un equilibrio tra urbanizzazione e ruralità e non si sottraggono al compito di considerare in questo modello di sviluppo l’aspetto dell’innovazione, dell’integrazione tra saperi e tra generazioni diverse e diversi strati sociali.
Collegate all’agricoltura sono comprese le seguenti tematiche:
- la difesa e messa in sicurezza del territorio
- la valorizzazione del paesaggio e di conseguenza del turismo,
- la definizione di attività di agricoltura in città,
- l’incentivazione ed il potenziamento delle imprese agricole con particolare riferimento all’inserimento dei giovani nelle attività agro produttive,
- la programmazione energetica applicando all’ambiente e alle attività agro produttive tecnologie ecocompatibili.
L’interesse per le agro-energie non deve diventare sostitutivo delle attività agricole, anzi deve risultare come motore di un loro nuovo sviluppo.
In particolare, riguardo a quest’ultimo punto, i principi fondamentali per un rapporto coerente tra agricoltura ed energia in termini di compatibilità e sviluppo sono:

La valorizzazione del territorio
Ciò innanzitutto significa non depauperare le risorse quantitative e qualitative del suolo.
L’agroenergia deve essere intesa come il recupero di una capacità imprenditoriale e quindi produttiva di beni, non in contrasto con la missione alimentare della produzione agricola, che in un paese ricco di biodiversità come l’Italia, è di grande qualità. La produzione di agroenergie non deve intaccare le aree forestate, le aree ricche di biodiversità ma sostenere le pratiche agricole sui terreni degradati o non più destinati al settore agroalimentare.

Il ciclo di vita dei prodotti
Occorre puntare sull’utilizzo di scarti e sottoprodotti. Questi diventano approvvigionamento energetico gratuito o a basso costo. Sono catalogabili come tali: i rifiuti organici, i liquami zootecnici, i sottoprodotti delle lavorazioni zootecniche, la sansa da olio, i materiali di scarto lignocellulosici e i residui agro-forestali. La scelta di tali elementi come origine della filiera energetica ha due aspetti in termini di convenienza: un primo puramente economico ossia la valorizzazione di materia di approvvigionamento a costo trascurabile o nullo; un secondo energetico, ossia il miglioramento del processo produttivo in termini di efficienza e risparmio energetico e minore inquinamento, soprattutto se impostato localmente a favore delle aziende agricole.

L’organizzazione gestionale della filiera corta e cortissima
Secondo questo principio, lo sviluppo rurale necessita un nuovo coinvolgimento della forza lavoro del Paese. Vengono individuati nuovi modelli di comunità, di gruppi consortili, cooperative per una vicinanza della filiera a livello sociale, territoriale e di indotto economico. Lo spostamento del business energetico deve avvenire dall’industria ai gruppi di agricoltori come supporto alla fondamentale attività di produzione alimentare. Ciò significa tenere conto in sede di valutazione le ricadute socio-economiche sul territorio. Dunque non un sistema composto di grandi impianti isolati, di proprietà di pochi industriali, ma un modello di rete di impianti di piccola taglia, che coinvolga l’apparato produttivo agricolo diffuso sul territorio nel concetto di filiera corta.
Analogamente alla promozione del principio di sovranità alimentare [1], si parlerà quindi di sovranità energetica, con particolare riferimento al settore agricolo ed alla costituzione di Comunità dell’Energia[2].

La gestione della chiusura virtuosa del ciclo dei prodotti
La crisi sistemica dell’attuale momento storico è conseguenza diretta della avidità e complicità, pigrizia e incompetenza della politica nell’affrontare organicamente e con visione strategica i grandi temi propri della società contemporanea.
L’esempio dei rifiuti come simbolo di una società dei consumi è quello più evidente.
Il concetto di rifiuto nasce con la seconda rivoluzione industriale e rappresenta la differenza tra ciò che si produce e ciò che si consuma, differenza che ci viene imposta in modo significativo, perché direttamente collegata al nostro grado di soddisfazione. Nella logica capitalistica postmoderna l’atto di consumo perfetto non può recare soddisfazione se non istantanea, cioè “i beni dovrebbero soddisfare nell’immediato e la soddisfazione dovrebbe cessare immediatamente, non appena esaurito il tempo necessario al consumo”[3]. Nella società dei consumi l’atto del consumo può addirittura essere eliminato perché non indispensabile, fino a raggiungere paradossalmente lo spreco integrale e sostituire in definitiva alla società dei consumi una “civiltà dei rifiuti”. Il problema della produzione di rifiuti non può essere semplicemente risolto con adeguate tecnologie di smaltimento, la questione è anche di natura culturale.
Qualunque provvedimento frutto della logica consumistica non potrà mai essere risolutivo perché destinato ad agire solo sugli effetti e non sulle cause del problema. Anche in questo caso, occorre conferire protagonismo agli enti locali e alla piccola e media impresa legata al territorio, alla rete dell'associazionismo democratico oltreché riassegnare un ruolo attivo e responsabile al singolo individuo.
Il concetto che lega la responsabilità di una comunità a quella dell’industria nel settore dei rifiuti viene identificato nella strategia proposta da Paul Connett conosciuta come “rifiuti zero”, che propone accanto alle pratiche della comunità (riuso, riciclo, riparazione) quelle dell’industria (progettazione e realizzazione di prodotti e imballaggi) finalizzate alla drastica riduzione del rifiuto.
Schematicamente è possibile riassumere la strategia Rifiuti Zero [4], rielaborandola per la parte energetica, nelle seguenti fasi:
- strutturare un sistema di raccolta che aumenti la quantità di materiale differenziabile, ottimizzandone al tempo stesso la qualità e diminuendo contestualmente la quantità di rifiuti prodotti;
- incentivare il riuso del materiale riciclato, la riparazione di oggetti e operare scelte di vita che diminuiscano la percentuale di scarti;
- sostenere la progettazione e la produzione di prodotti totalmente riciclabili, riutilizzabili e riparabili
- valorizzare dal punto di vista energetico la frazione organica del rifiuto attraverso la produzione di biogas.

E’ stato calcolato che l’applicazione effettiva dei punti citati permetterebbe una riduzione dell’indifferenziato fino alla quota del 15% del rifiuto urbano.
Tutto questo si inserisce pienamente nella struttura socio-economica delle Comunità dell’Energia [2]. Infatti, gli obiettivi che si possono realizzare sono quelli propri della decentralizzazione e diffusione sul territorio:
- la realizzazione di un nuovo modello sociale di gestione dei rifiuti che significa autosufficienza locale e comportamento virtuoso;
- la realizzazione di un risparmio economico dei cittadini attraverso un mix virtuoso di: tariffa rifiuti, bollette di gas ed elettricità, costi smaltimento di rifiuti e scarti;
- la realizzazione di politiche di recupero energetico, incluso l’obbligo da parte della amministrazione pubblica di occuparsi direttamente della frazione organica, anche attraverso la produzione di biogas.

Le amministrazioni locali potranno ottenere un più alto livello di indipendenza attraverso le tecnologie utili a realizzare strategie energetiche conformi alle direttive europee [5] e potranno mirare ad un nuovo sistema socio-economico sostenibile. Gli enti locali possono realizzare uno scenario rifiuti zero a patto di seguire paradigmi che prescindano definitivamente dal solo conferimento in discarica e dall'incenerimento.
Il nuovo modello sociale di gestione proposto rende il cittadino partecipante attivo delle politiche di decisione e gestione. Il cittadino riveste il ruolo di primo operatore ecologico ed essendo coinvolto in prima persona sia da un punto di vista operativo, attraverso le pratiche della separazione domestica dei rifiuti, che da un punto di vista ecologico, grazie al miglioramento delle condizioni di vita e ambientali rese possibili da un ciclo di gestione dei rifiuti virtuoso incentrato sulla partecipazione e la difesa del suolo. In questo senso i cittadini titolari di un merito di tipo “partecipativo” saranno destinatari di politiche di agevolazione economica attraverso tariffe di rifiuti e bollette energetiche.

La generazione distribuita dell’energia come nuovo modello energetico
L’ampliarsi della generazione distribuita da fonti rinnovabili e la diffusione di nuovi impianti di medie-piccole dimensioni (anche in ambito domestico) presuppone un ripensamento radicale nel modello di distribuzione dell’energia. Un cambiamento di modello energetico rispetto a quello tradizionale di tipo centralizzato che vede nella città il luogo ideale per effettuare la necessaria transizione operativa. Le città – sede della maggior parte delle emissioni e dei consumi energetici, luoghi dove è concentrato il 70% del PIL mondiale - sono obbligate a mettere in atto interventi innovativi sull’efficienza energetica e sono in grado di contribuire a formulare politiche energetiche anche nel panorama nazionale.
Il programma sull’energia prevede che tutte le azioni siano organicamente inserite in una logica di generazione distribuita dell’energia:

- le azioni di mobilità sostenibile
- le applicazioni con energie rinnovabili, anche integrate negli edifici
- le applicazioni della cogenerazione e della microcogenerazione
- le azioni per l’efficienza energetica
- i piani di recupero urbanistico

Nella amministrazione di un ente locale occorre un coordinamento trasversale tra lavori pubblici, attività produttive, ambiente, mobilità, politiche agricole con lo scopo di mettere in pratica il Sustainable Energy Action Plan (SEAP, Piano di Azione dell’Energie Sostenibili) del Covenant of Mayors (Patto dei Sindaci, programma della Comunità Europea [6]). Gli enti locali che non hanno aderito al Patto dei Sindaci lo devono sottoscrivere nei primi cento giorni di governo e devono attuarlo entro il 2020.
TerritorioZero è un programma che per essere efficacemente adottato e realizzato presuppone una “cabina di regia” unificata, ad esempio attraverso la costituzione di un “assessorato ai beni comuni” o un “assessorato alle politiche agricole ed ambientali” in cui far confluire le competenze sull’ambiente, energia, agricoltura, acqua, in segno di forte discontinuità con le politiche ambientali e di green economy esistenti. Infatti una green economy che non sia strutturata secondo le dinamiche della produzione distribuita dell'energia e si basi solo su grandi impianti rinnovabili (wind farms, solar parks etc) non si discosta molto dalla “black economy” in termini di efficienza produttiva, redistribuzione della ricchezza, creazione di impiego e democrazia energetica e dunque non favorisce la prosperità del territorio e degli enti locali che lo amministrano.

Edifici ad energia zero (Zero Energy Buildings)
La politica europea ha imposto agli Stati Membri il rispetto di livelli prestazionali per l’efficienza energetica degli edifici, non solo riferiti ad edifici energeticamente autonomi, ma anche e soprattutto a edifici collocati in un contesto urbano, assegnando alle Pubbliche Amministrazioni ed al loro patrimonio immobiliare un ruolo molto rilevante.
Si stima che l’applicazione delle disposizioni comunitarie consenta al settore dell'edilizia un risparmio 2 miliardi di tonnellate di CO2 e di 1,5 miliardi di tonnellate di petrolio equivalente di energia, con quote significative per l’edilizia residenziale (65%).
La Direttiva 2010/31/EU identifica l’edificio a “energia quasi zero” come un edificio ad altissima prestazione energetica, con un fabbisogno energetico molto basso o quasi nullo che dovrebbe essere coperto in misura molto significativa da energia da fonti rinnovabili e dispone che:

a) entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano edifici a energia quasi zero;
b) a partire dal 31 dicembre 2018 gli edifici di nuova costruzione occupati da enti pubblici e di proprietà di questi ultimi siano edifici a energia quasi zero.

L’Unione Europea ha stabilito che per realizzare questo obiettivo è necessario che ogni Paese Membro si doti di un piano di azione nazionale per l’efficienza energetica per individuare entro il 2020 una strategia nazionale.
Per gli edifici di nuova costruzione gli Stati membri devono garantire sistemi di fornitura energetica decentrati (la generazione distribuita dell’energia) basati su energia da fonti rinnovabili, cogenerazione, teleriscaldamento o teleraffreddamento urbano o collettivo, pompe di calore.
Da qui appare chiaro il ruolo delle pubbliche amministrazioni che devono garantire prestazioni energetiche degli edifici tali da soddisfare i requisiti minimi di prestazione energetica fissati conformemente alla Direttiva.
Attuare una politica di diffusione degli edifici ad energia quasi zero significa contestualmente risolvere una serie di problemi territoriali, quali i vincoli con i gestori delle infrastrutture energetiche locali, che pone l’ente locale a dover programmare politiche energetiche a medio termine. La realizzazione su larga scala di tali edifici necessita di una struttura energetica fondata su un modello diverso da quello esistente e pertanto anche la diffusione degli edifici ad alta prestazione energetica non può quindi non essere accompagnata da una rielaborazioni di reti e dall’implementazione dei sistemi locali di accumulo dell’energia.
Nell’ambito della applicazione del tema degli edifici ad energia zero, comincia ad emergere che solo da una ottimizzazione condotta alla scala di quartiere (suburbana) si possono ottenere risultati importanti con un ruolo importante svolto territorialmente dagli enti preposti.

I principi del nuovo modello energetico sono incentrati allo sviluppo di una società della conoscenza, all’efficienza energetica come strumento di politica ambientale e di tutela del patrimonio culturale, alla generazione distribuita dell’energia come chiave interpretativa della cosiddetta Terza Rivoluzione Industriale [7]. Gli edifici ad energia positiva sono, infatti, parte di una sovversione politica, economica, per giungere a un’era post-carbon che rappresenta il passaggio tra due periodi della storia economica: il primo caratterizzato dal comportamento industrioso e il secondo dal comportamento collaborativo. Se l’era industriale poneva l’accento sui valori della disciplina e del duro lavoro, sull’importanza del capitale finanziario, sul funzionamento dei mercati, l’era collaborativa è orientata all’interazione da pari a pari, al capitale sociale, alla partecipazione a domini collettivi aperti, all’accesso alle reti globali.

Consumo zero di territorio
Ogni anno in Italia vengono consumati 500 km2 di territorio. La superficie urbanizzata risulta almeno pari a 2.300.000 ettari, una estensione equivalente a quella di un paio di regioni italiane, corrispondenti al 7,5% del territorio nazionale e a più di 400 metri quadri per abitante. Il fenomeno ha avuto un esponenziale incremento negli ultimi 15 anni causato in primo luogo da carenze di pianificazione e da abusivismo edilizio, caratteristici del nostro Paese [8].
Occorrerà impostare una proposta concreta di incentivazione del riuso e della rifunzionalizzazione delle aree industriali e per la demolizione e ricostruzione delle aree residenziali degradate. Ciò deve essere fatto mediante strumenti appropriati e più efficaci di quelli esistenti: defiscalizzazioni, comodati d’uso, coerente utilizzo delle regolamentazioni degli usi civici e dei beni comuni, bonus di volumetrie e riduzione degli oneri di urbanizzazione per chi interviene su case e quartieri seguendo il principio di consumo zero di territorio. Questo è il modo per evitare il consumo di altro territorio e contemporaneamente riqualificare le zone di degrado e dismesse.
La rigenerazione si deve trasferire anche nelle città con un programma di recupero delle periferie che affronti la progressiva devastazione definita dall’edificazione esistente, a cominciare dal patrimonio pubblico, che proponga un effettivo adeguamento agli standard energetici e di sicurezza strutturale, che realizzi il recupero e la salvaguardia degli spazi verdi pubblici, che permetta una concreto adeguamento delle infrastrutture in termini di reti e di sottoservizi.

Le amministrazioni locali dovranno:
- determinare l’estensione massima di superficie agricola edificabile, con lo scopo di porre un limite massimo al consumo di suolo,
- impedire il cambio di destinazione d’uso per i terreni agricoli che hanno ricevuto aiuti comunitari,
- abrogare la normativa che consente ai Comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione per finanziare la spesa corrente.

Salute sostenibile a malattia zero.
Va da se che il modo in cui l'energia e il cibo vengono prodotti e consumati e i rifiuti gestiti, ha una profonda influenza sullo stato di salute dell'essere umano. La maggior parte delle cause (o concause) di malattia e morte dipendono dall’ambiente, dagli stili di vita e di consumo e dai comportamenti, liberamente scelti o imposti. E’ indubbio lo stretto rapporto tra degrado ambientale, rischi per la salute e le nostre modalità di gestire lo sviluppo.
La crisi ambientale, la crisi della salute e la crisi dei valori sono strettamente correlate e interdipendenti. La salute si pone al centro della discussione anche a causa di un servizio sanitario che diventa sempre più insostenibile dal punto di vista finanziario. Il sistema risponde alla richiesta di salute con un numero sempre maggiore di prestazioni costosissime e tecnologicamente sofisticate, cercando di modificare la storia naturale della «malattia», che di per sé già significa «salute perduta», trascurando invece la prevenzione primaria da effettuare sia sull’ambiente inquinato e malsano che ci circonda, sia sugli individui, con una appropriata politica di informazione e di educazione sanitaria alla ricerca di uno stile di vita più semplice e sostenibile. Negli ultimi anni il modello tradizionale e gerarchico di sanità che si identifica con l'assistenza ospedaliera ha iniziato a vacillare non solo per l'alto costo energetico, tecnologico e di gestione ma anche per le profonde modificazioni epidemiologiche delle malattie. Tradizionalmente la patologia acuta ha visto svilupparsi una medicina di attesa che ha avuto uno sviluppo verticistico nell'ospedale, struttura dedicata sempre più recentemente alla elevata intensività di cure. L’ospedale è divenuto inefficace per il trattamento di malattie croniche sempre più diffuse e necessitanti di interventi multidimensionali di tipo sociosanitario. L'aumento della vita media con il progressivo invecchiamento della popolazione ha portato all'aumento delle patologie cronico-degenerative ed invalidanti, per le quali il modello di attesa tradizionale dell'ospedale è inadeguato; il baricentro assistenziale viene spostato nel territorio, con la necessità di intervenire sempre più efficacemente con interventi di prevenzione. La prevenzione diventa quindi il pilastro del modello distribuito della sanità nella medicina territoriale: non solo per la sua indiscussa valenza di promozione e mantenimento della salute, ma anche per una migliore utilizzazione delle risorse con conseguente abbattimento dei costi. Le nuove strategie per l’integrazione delle politiche di salute devono necessariamente tener conto della sostenibilità ambientale.
In un modello distribuito di medicina del territorio, i professionisti sanitari e i medici di famiglia, sono le figure centrali per realizzare una medicina proattiva. La medicina proattiva ha al centro la promozione della salute e la prevenzione.
La salute di una comunità è determinata da fattori socioeconomici e ambientali, dallo stile di vita e dall’accesso ai servizi. E’ evidente che solo il modello di medicina distribuito sul territorio che prevede la prevenzione al centro del sistema può garantire l’attuazione di quella ampia gamma di iniziative, progetti e politiche necessari per una efficace promozione della salute. Da qui la necessità di una strategia integrata tra organismi governativi e non, nei possibili ambiti di intervento territoriale: dall’azione dei medici nel territorio e nelle scuole, agli interventi delle amministrazioni pubbliche, attraverso attività formative basate su evidenze epidemiologiche. Il concetto di integrazione è fondamentale e deve essere sviluppato in un modello distribuito di territorio zero i cui caposaldi sono la medicina domiciliare e la telemedicina, cercare cioè di portare l’assistenza sempre più prossima al cittadino paziente. La medicina moderna diventata di iniziativa perché non deve essere più il cittadino paziente a rivolgersi al sistema ospedale ma deve essere il sistema territorio zero a prendere in carico il cittadino paziente in maniera proattiva cercando di prevenire l’evoluzione della malattia cronica.La sostenibilità del sistema salute in un modello distribuito non può prescindere da una integrazione con il sociale sul territorio in una logica Territorio Zero, secondo un modello distribuito che va applicato dunque non solo al modo in cui viene prodotto il cibo e l'energia e viene evitata la produzione di rifiuti al termine dei cicli di consumi, ma anche al modo in cui viene organizzata l'assistenza sanitaria sul territorio. In uno scenario distribuito di terza rivoluzione industriale non è immaginabile un modello sanitario basato sulla concentrazione come quello che ha prosperato durante la seconda rivoluzione industriale che va dunque superato una volta per tutte introducendo pratiche di prevenzione distribuite sul territorio piuttosto che pratiche di cura concentrate in pochi grandi centri.
Neocrescita: dalla finanza speculativa ad una crescita diffusa
L’espansione economica della seconda rivoluzione industriale, essendo basata su fonti il cui sfruttamento necessitava grandi investimenti finanziari, ha gradualmente reso l'economia reale strettamente collegata al sistema della finanza internazionale.
In un'ottica strategica diversa, a maggiore intensità di lavoro invece che di capitali, il peso dei mercati finanziari deve diventare progressivamente meno importante, mentre deve acquisire una importanza di gran lunga maggiore la formazione e valorizzazione del capitale umano.
Inoltre, essendo le economie di scala meglio raggiungibili secondo modelli orizzontali o laterali, la forma emergente d’impresa appare dunque logicamente essere quella delle reti di piccole e medie imprese interconnesse in forma comunitaria fra di loro e con le organizzazioni della società civile e le autorità locali e radicate sul territorio.
Queste sono le basi di quella che chiamiamo “neocrescita”, che significa crescere liberi, senza sprechi e con una forte riduzione delle diseguaglianze ottenute attraverso la modellazione locale del mercato finanziario e bancario. Questo significa imporre standard di finanza etica nel territorio della propria amministrazione locale in modo formale ed in informale (concessione di licenze), adottare misure attive di creazione di credito cooperativo, peer-to-peer lending, circolazione controllata di monete alternative, microcredito pubblico, sperimentazione di elementi della pop economy (share and swap) e la creazione di altre nuove forme di finanziamento sociale.
A livello nazionale ed europeo è necessaria un’azione spinta dalla coalizione degli amministratori locali perché si arrivi a ridefinire le regole del mercato finanziario, scoraggiando le forme d’investimento speculativo ed opaco (shadow finance, high frequency trading, paradisi fiscali), con misure specifiche.
TerritorioZero permette di pianificare le economie locali in modo da aumentare il valore intrinseco dei beni e servizi prodotti, sostituendo nel processo di valutazione economica, a volatili criteri di valutazione finanziaria, altri criteri concreti e misurabili, quali la qualità dell'ambiente, lo stato di salute dei cittadini e delle imprese, la floridezza della cultura locale, la sostenibilità dell’economia locale. Si mette fine così ad una serie di anomalie tipiche della crisi attuale (spirale perversa di consumismo, crescita parossistica dei consumi individuali con conseguenti sprechi energetici, produzione di rifiuti e distruzione della cultura agricola con un sistema opaco e complesso di promesse di pagamento spesso fondate su dubbie garanzie di solvibilità) [9].
TerritorioZero è un nuovo modello politico complessivo, che include la dimensione sociale ed economica, in cui valorizzare la qualità secondo una domanda equilibrata in contrapposizione alla quantità per un consumo imposto. In questo modo il sistema tecnico-economico verrà indirizzato naturalmente verso livelli che faranno la differenza rispetto alla qualità delle persone, dei luoghi, delle istituzioni [10], [11]. Cioè la differenza tra la libertà e la dignità che vogliamo e l’oppressione ed umiliazione che stiamo vivendo oggi in Europa e nel mondo.

Riferimenti
1. La sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad un cibo salubre, culturalmente appropriato, prodotto attraverso metodi sostenibili ed ecologici, in forza del loro diritto a definire i propri sistemi agricoli e alimentari. Piano di Azione del World Food Summit, FAO, 1996.
2. Livio de Santoli. Le comunità dell’energia. Quodlibet, 2011.
3. Zygmunt Bauman, Vite di scarto, Laterza, 2005.
4. Paul Connett, Patrizia Losciuto, Rifiuti Zero, una Rivoluzione in Corso, Dissensi, 2012
5. art. 12 della Direttiva 2008/98, Waste to Energy
6. www.eumayors.eu. Il Patto dei Sindaci è il principale movimento europeo che vede coinvolte le autorità locali e regionali impegnate ad aumentare l’efficienza energetica e l’utilizzo di fonti energetiche rinnovabili nei loro territori. Attraverso il loro impegno i firmatari del Patto intendono raggiungere e superare l’obiettivo europeo di riduzione del 20% delle emissioni di CO2 entro il 2020
7. Jeremy Rifkin, La Terza Rivoluzione Industriale, Mondadori, 2011
8. Ambiente Italia 2011, Il consumo di suolo in Italia, annuario di Legambiente elaborato dall'Istituto di Ricerche Ambiente Italia , Edizioni Ambiente, 2011
9. Manifesto degli Economisti Sgomenti, Minimum Fax, 2012
10. Amartya Sen, Lo Sviluppo è Libertà, Mondadori, 2000
11. Martha Nussbaum, Capacità personale e democrazia sociale, a cura di Gianfrancesco Zanetti. Diabasis, 2005.

TerritorioZero, 
Manifesto per una società ad emissioni zero, rifiuti zero e km zero.
Livio de Santoli, Angelo Consoli 

con la prefazione del Master dell'Università di Pollenzo e approfondimenti di:
1. Domenico de Masi, 
2. Paul Connett, 
3. Livio de Santoli, 
4. Sergio Di Cori Modigliani, 
5. Carlo Petrini, 
6. Alessandro Politi, 
7. Franco Purini, 
8. Jeremy Rifkin,
9. Eric Toussaint

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