domenica 9 giugno 2013

PERCHE' "OMBRINA" E IL PETROLIO DISTRUGGERANNO L'ECONOMIA ABRUZZESE

PERCHE’ IL PETROLIO IN ABRUZZO E IL PROGETTO “OMBRINA MARE” NON PORTANO SVILUPPO MA LO IMPEDISCONO.


L’attività estrattiva e di raffinazione degli idrocarburi comporta una serie di conseguenze molto negative ed insopportabili per le Comunità locali da qualsiasi punto di vista, sicuramente per l’impatto sulla salute delle persone e l’integrità dell’ambiente ma anche per i danni provocati all’economia regionale e quindi al benessere generale.
Sul primo aspetto è già stato scritto e detto molto sulla scorta di autorevolissimi studi nazionali ed internazionali che non lasciano dubbi sulla nocività e pericolosità di questi interventi, ma qui vogliamo concentrarci sulle conseguenze concrete dal punto di vista dello sviluppo e della crescita economica.

Le royalties in Italia sono tra le più basse al mondo: per le estrazioni di petrolio l'aliquota pagata allo Stato è del 7% in mare e del 10% a terra mentre nelle altre nazioni si va dal 30% al 90%. Di questa già irrisoria percentuale alle regioni interessate va poco più della metà (55%).

Vi sono poi ampie esenzioni per periodi e produzioni iniziali e annuali, franchigie ed agevolazioni in favore delle Compagnie minerarie e petrolifere: a titolo di esempio non vengono pagate royalties sulle prime 50 mila tonnellate di petrolio estratto in mare e sulle prime 20 mila a terra. Inoltre sono le stesse Società ad autocertificare le quantità estratte senza alcun controllo da parte dello Stato ed il prodotto raffinato viene venduto sul mercato ai prezzi correnti dalle Compagnie, quasi tutte straniere, senza alcun beneficio o effetto calmierante per la nazione.

L’Abruzzo ha incassato per le royalties complessive la risibile cifra totale di €.254.899 nel 2011 e di €.314.415 nel 2012.
La società inglese Medoil Gas, titolare del progetto “Ombrina Mare” in Abruzzo (oltre che di altre decine di permessi e concessioni da sola o in joint-venture) dal 2008 non ha mai versato un euro nelle casse pubbliche, come risulta dai dati pubblicati dal Ministero dello Sviluppo.

Per quanto riguarda la manodopera impiegata essa è costituita da pochissime unità perlopiù specializzatissime e spostate da altri siti: nessun nuovo posto di lavoro corrisponde all’investimento; la ricaduta di reddito nel territorio, a detta degli stessi progetti, è nulla. Dal bilancio della Medoil si evince che la spesa per addetti italiani corrisponde a meno di 20 posti di lavoro. Ma l’aspetto fondamentale è che questo tipo di attività estrattiva in mare come a terra è alternativo e totalmente incompatibile con le principali vocazioni economiche della Regione Abruzzo, basate su agricoltura di qualità, produzioni viti-vinicole e olearie di caratura mondiale, pesca, piccola e media industria manifatturiera ed artigianale, turismo e ricchezze paesaggistiche (la “Regione Verde d’Europa”), bellezze storiche e tradizioni culturali.

Gli interventi nel settore estrattivo causerebbero la perdita di migliaia di posti di lavoro negli altri comparti, come calcolato da istituti ed associazioni di categoria locali, portando ad una drastica riduzione del P.I.L regionale e quindi ad un freno del diverso progetto di sviluppo che l’Abruzzo si è dato da decenni dotandosi di leggi adeguate. Gli investimenti nel settore agricolo-alimentare (dal quale deriva il 28% del PIL regionale) e in quello turistico (dal quale proviene un altro 10% del PIL), a parità di somma investita, creano posti di lavoro da 10 a 20 volte in più; lo stesso rapporto si ha, scontata la crisi, nel manifatturiero. Questi settori poi non producono aggravi per sanità, sicurezza e servizi addizionali a fondo perduto alle finanze pubbliche, mentre è dimostrato che il settore idrocarburi sta già da tempo producendo questi aggravi (basta consultare le amministrazioni interessate).

Portiamo come esempio la produzione di vino in Abruzzo che negli ultimi anni ha avuto un exploit senza precedenti, con la crescita imponente delle Cantine, della produzione e della qualità che ne sta decretando il successo internazionale con il corollario positivo dell’aumento di investimenti finanziari e di importanti ricadute occupazionali.  Le aziende viti-vinicole sono per questo in prima fila insieme alle altre per contrastare la deriva petrolifera che ne pregiudicherebbe definitivamente qualsiasi possibilità non solo di crescita ma di esistenza stessa, come dimostra il caso emblematico della Basilicata con decine di produttori costretti a chiudere per le conseguenze delle attività estrattive e di raffinazione.

In particolare il progetto “Ombrina Mare” della Medoil gas, situato a soli 6km dall’incantevole “Costa dei Trabocchi” e dall’”Eremo Dannunziano” in località San Vito Chietino e costituito da una piattaforma estrattiva collegata a 4-6 pozzi affiancata da una nave gigantesca FPSO per lo stoccaggio e prima raffinazione del prodotto, rappresenterebbe la pietra tombale per lo sviluppo turistico ed economico dell’intera zona già impostato e finanziato per tutt’altra prospettiva (Parco Nazionale della Costa Teatina istituito nel 2001 ed in via di definizione, Via Verde della Costa dei Trabocchi con pista ciclo-pedonale di 35 km, Siti di Interesse Comunitario ed aree protette varie). Di passaggio sottolineiamo come piattaforme di questo tipo in altre nazioni civili come gli Stati Uniti siano vietate a meno di 160 km. dalla costa proprio per i rischi ambientali ed economici derivanti da eventuali incidenti la cui incidenza è molto alta e che le Compagnie operanti in Abruzzo non avrebbero alcuna possibilità di fronteggiare sia in termini operativi che finanziari.

Nuovo Senso Civico insieme all'Associazione “Difesa Beni Comuni” ha raccolto la cifra record in Abruzzo di 50.150 firme certificate dal Tribunale di Lanciano su una petizione che chiedeva la revoca di tutti i permessi di ricerca e di estrazione di idrocarburi “per gravi motivi ambientali”. Questa petizione, inviata a tutte le Istituzioni italiane ed internazionali, è stata giudicata “ricevibile e meritevole di un’indagine preliminare” da parte della Commissione per le petizioni del Parlamento Europeo.

Il 13 aprile scorso a Pescara si è svolta una storica manifestazione “NO PETROLIO, SI' PARCO - per l’Abruzzo regione verde d’Europa” che ha visto la partecipazione di 40mila persone (caso probabilmente unico in Italia su queste tematiche) ed alla quale hanno aderito oltre a decine di Sindaci, personalità Istituzionali e semplici Cittadini, anche moltissime associazioni di categoria ed imprenditoriali in rappresentanza degli operatori economici della Regione.

Siamo fiduciosi che questo fronte comune dall’Abruzzo costituito da Istituzioni locali, amministratori, politici e rappresentanze dell’intera società civile, imprenditoriale e associativa ottenga la giusta soddisfazione delle sue legittime aspettative da parte del Governo e del Parlamento che debbono adoperarsi al più presto per scongiurare il rischio “Ombrina Mare” e legiferare perché venga cancellata la destinazione della nostra regione a distretto petrolchimico e vengano invece valorizzate e finanziate le sue vere vocazioni.

Se tutto questo non avverrà nel minor tempo possibile tutti gli Abruzzesi dimostreranno concretamente come questa lotta al sopruso petrolifero li ha resi sempre più forti e sicuramente sempre meno gentili con chi ha deciso di soffocarli contro la loro volontà.


NUOVO SENSO CIVICO
Movimento Spontaneo di Cittadini Abruzzesi

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