DEDICATO A FOREST OIL
& Company: FIDARSI E’ BENE, NON FIDARSI E’ MEGLIO (E TI SALVA LA VITA)
Abbiamo
già evidenziato nel precedente post di mercoledì 30 maggio (vedi: http://nuovosensocivico.blogspot.it/2012/05/trivellazioni-causano-sismicita-la.html
) che le perforazioni per l’estrazione
di petrolio e gas naturale, secondo autorevoli fonti scientifiche, possono
favorire l’aumento della sismicità nelle zone in cui vengono effettuate. Non
è trascurabile l’annotazione che l’Emilia Romagna, fino a qualche anno fa
considerata a basso rischio sismico, è una delle regioni italiane maggiormente
aggredite negli ultimi decenni da trivellazioni diffuse a terra e in mare.
Adesso
vogliamo segnalare l’ulteriore catastrofe evitata in quella zona, il mega-deposito
di gas previsto in località Rivara, a due passi dall’epicentro del terremoto:
dalla Redazione di Liquida:
Emilia: quel futuro deposito di gas nell'epicentro del sisma
Dopo il sisma del 20 maggio, il Governo fa dietrofront sulla costruzione di un deposito di gas a Rivara, nel modenese: se fosse stato già attivo sarebbe stata una catastrofe
Ancora da Il Sole 24 Ore del 30 maggio 2012 (articolo di Deborah Dirani):
[…] Per capire la portata del progetto occorrono altri due numeri: al culmine della struttura, la pressione statica di giacimento a serbatoio pieno sarà di 289.9 bar, mentre quella dinamica, varierà da circa 223 bar al termine della fase di erogazione a 299,9 bar alla fine della fase di iniezione. Un botto di energia che fosse stato sollecitato dalle scosse di questi giorni, probabilmente, avrebbe raso al suolo ogni casa, capannone o palazzo nel raggio di chilometri.
[…]Molti ora dicono: se fosse stato in uso col terremoto sarebbe esploso o uscito fuori il gas. «E' possibile ma non è sicuro», spiegano al ministero dell'Ambiente.
MA PERCHE’ DOVREMMO CORRERE RISCHI DI QUESTO GENERE?
E’
la domanda che giriamo alla Forest Oil ed al suo inaccettabile progetto di
estrazione e raffinazione a Bomba
con i possibili rischi di cedimento della diga oltre a tutti gli altri danni collaterali.
E’
la domanda che rivolgiamo a tutti quelli che sostengono progetti contrari alle
vocazioni dei nostri luoghi, nocivi per la salute pubblica e del tutto privi di
ricadute positive in termini economici e occupazionali.
Ma
perché non si fa come negli Stati Uniti negli anni ’30 con il Presidente
Roosvelt dando il via ad un “Nuovo corso” (New
deal) per contrastare la crisi e la disoccupazione senza distruggere il
paesaggio ma anzi lavorando per rimetterlo in sesto?
Occorrerebbero
delle grandi opere pubbliche da gestire in collaborazione con le imprese
private sane per salvaguardare e valorizzare tutto il nostro formidabile
patrimonio nazionale con interventi preventivi che mettano in sicurezza case scuole
e ospedali, beni artistici e chiese, edifici pubblici e strutture produttive. Che
bonifichino i siti inquinati e i tetti in amianto, che impediscano alluvioni e
disastri rispettando le giuste esigenze della natura senza provocarla con
interventi distruttivi. Che esaltino tutte le nostre straordinarie ricchezze
storiche, artistiche, culturali e di tradizione.
PREVENIRE
E’ PRIMA DI TUTTO GIUSTO E FAVOREVOLE PER TUTTI E POI E’ NOTEVOLMENTE MENO
DISPENDIOSO DEGLI INTERVENTI EMERGENZIALI SUCCESSIVI ALLE TRAGEDIE.
CON
UN’OPERAZIONE DI QUESTO GENERE NON SOLO SI RIDAREBBE IL GIUSTO SPLENDORE ALLE
BELLEZZE TERRITORIALI SALVAGUARDANDO LA SALUTE DEI CITTADINI MA SI CREEREBBERO CENTINAIA
DI MIGLIAIA DI POSTI DI LAVORO “PULITI” PERMETTENDO UN RILANCIO DELL’ECONOMIA
BASATO SULLE NOSTRE CARATTERISTICHE INIMITABILI.
Certo,
subito si alzeranno le voci contrarie non sempre in buona fede, ma chiedetevi: dove ci hanno portato le loro ricette? Che
benessere duraturo per la collettività hanno creato tutti quegli interventi che
hanno favorito sempre i pochi soliti noti insieme ad amici e furbetti della
politica?
“The Times They Are a Changin’ “, se non ve ne siete accorti (grazie
Bob).
fm
fm
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