domenica 29 settembre 2013

LA SUPREMAZIA DELL'AUTO NON ESISTE: QUESTO DEVONO CAPIRE I NOSTRI AMMINISTRATORI

Con l'aumento della circolazione di biciclette in Città, grazie anche al successo trainante del servizio di bike-sharing, è cresciuta in parallelo l'insofferenza degli automobilisti nei confronti di chi pedala, considerato un intralcio. La preoccupante conseguenza è il ripetersi quasi quotidiano di incidenti e investimenti spesso gravi.
E' una situazione che va risolta presto per il bene di tutti e per la quale faremo più sotto delle proposte concrete.

Intanto è doverosa una premessa secca, senza tanti giri di parole: i gas di scarico delle macchine sono cancerogeni, lo dice senza possibilità di smentita l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Significa che fanno venire il cancro, mica il raffreddore.

Ne consegue che chi va in auto provoca un danno diretto alle persone ed all'ambiente sotto forma di inquinamento (da polveri sottili ed altre sostanze varie), ingolfa e spesso deturpa spazi che non sono adatti alle auto (vedi la vergogna delle vetture parcheggiate perennemente davanti ai meravigliosi rosoni di Santa Maria Maggiore), provoca rumori ed atteggiamenti aggressivi e rappresenta molto spesso un pericolo derivante da una guida incosciente (col telefonino o la sigaretta in mano e molte volte con entrambi contemporaneamente, senza cintura e via di questo passo).

Al contrario chi va in bici o a piedi rende un beneficio all'intera Comunità perchè non inquina e quindi non compromette la salute degli altri, non ingombra gli spazi urbani, ha generalmente un atteggiamento più rilassato e socievole e avvantaggia gli stessi automobilisti perchè libera posti auto e parcheggi evitando personalmente l'uso della macchina.

Intendiamoci, nessuno vuole criminalizzare l'automobilista. Io stesso lo sono, come la maggior parte dei ciclisti urbani, essendo costretto per motivi di lavoro ad utilizzare le quattro ruote. Però quando non c'è questa necessità inevitabile ne faccio volentieri a meno, con tutti i vantaggi conseguenti non solo per la collettività ma anche personali in termini di salute, praticità, relax e perfino economici, visti i costi ormai insopportabili dell'acquisto e del mantenimento di un'autovettura. Assistiamo invece quotidianamente ad un uso smodato ed inutile del mezzo da parte di moltissime persone.

E nonostante tutto questo accade che i primi vengono premiati con tutte le attenzioni (anche perchè rappresentano una bella vacca da mungere con tasse, bolli, pedaggi e accise varie) mentre i secondi passano sistematicamente in secondo piano.

E' giunto il momento di dirlo con tutta la chiarezza possibile: non esiste alcuna supremazia dell'auto, specie negli spazi urbani, e questo se lo devono mettere bene in testa i nostri Amministratori. Per quali motivi ha più diritto a circolare nel migliore dei modi in Città un'automobile rispetto ad un portatore di handicap? Perchè il primo riflesso è quello di chiedere nuovi parcheggi invece di nuovi marciapiedi o piste ciclabili?

Torniamo a chiarire la questione dei parcheggi: quasi sempre fare nuovi parcheggi significa aggravare e non risolvere il problema perchè si incentiva l'aumento del traffico andando oltretutto ad appesantire le casse pubbliche (finanziate dalle tasse di tutti i contribuenti) con la spesa di milioni di euro per pochi posti.
Al contrario, incentivando l'uso di mezzi alternativi virtuosi quali appunto la bici o la camminata a piedi, quelle persone che vi faranno ricorso lasciando l'auto a casa libereranno i parcheggi che già esistono e quindi senza alcun costo aggiuntivo saranno immediatamente disponibili i posti per chi ne ha davvero bisogno. Convincere mille persone a spostarsi in città rinunciando alle quattro ruote significa creare subito centinaia di spazi liberi e migliorare complessivamente la qualità della vita di tutti.

Non è un'impresa difficile, se vediamo in pochi mesi quante persone hanno fatto questa scelta, incentivando tra l'altro il mercato delle bici elettriche e tradizionali sulla scia del servizio delle bici condivise. E chi l'ha provato si è reso immediatamente conto di tutti i vantaggi che ciò comporta.

Adesso gli Amministratori Comunali tutti devono fare la loro parte se vogliono davvero bene ai loro concittadini.
Così come hanno trovato in passato o nel presente finanziamenti milionari per rotatorie, parcheggi e strade, si diano da fare per trovare fondi  per le piste ciclabili ed i percorsi pedonali che costano enormemente meno.
E comunque per avere effetti positivi immediati adottino subito tutti quegli interventi che si possono fare a costo quasi zero: ad esempio decongestionino le strade dal traffico veicolare rendendole più sicure per chi pedala con l'adozione dei sensi unici previsti nel "Piano del traffico", potenzino il bike-sharing con altre biciclette e soprattutto le proteggano con le pensiline, altrimenti la stagione invernale rischia di distruggerle.

Come spesso accade i cambiamenti delle abitudini creano malumori nella Cittadinanza, ma l'arma vincente dell'Amministratore che crede in quel che fa e che deve avere una visione di lungo periodo è il risultato nel tempo che dimostrerà i vantaggi collettivi in termini di migliore mobilità, minori costi pubblici e privati e soprattutto in benefici evidenti per la salute ed il benessere.

Crediamo che su questi argomenti si possa instaurare un dibattito civile ed alla luce del sole, senza fomentare inutili e deviati risentimenti: la forza delle buone ragioni non ha paura di confrontarsi con nessuno.

Franco Mastrangelo - Nuovo Senso Civico

La vergogna di Santa Maria Maggiore assediata dalle auto
Su questi argomenti consulta la pagina "In bici a Lanciano" cliccando QUI  .

RASSEGNA-STAMPA:

venerdì 20 settembre 2013

DISCARICA DI TOLLO MALEDETTA: ADESSO LA REGIONE NEGA LA BONIFICA E CI METTE LA PIETRA TOMBALE.

 
Sono anni che ci interessiamo della vicenda vergognosa della discarica dei veleni di Tollo e la rilanciamo continuamente anche attraverso una pagina fissa del nostro blog raggiungibile QUI.

In questo spazio potrete leggere tra l'altro l'inchiesta di Gianni Lannes "Ecomafie: strage silenziosa in Abruzzo" che ha raggiunto la cifra record di quasi quarantamila letture e che descrive dettagliatamente gli aspetti assai inquietanti che la percorrono.

Purtroppo questa storia si impoverisce oggi di un nuovo grave episodio: la Regione Abruzzo, dopo tante promesse, comunica di non avere le risorse per procedere alla bonifica.
Amen.

Pensiamo che sia giunta l'ora improrogabile in cui Amministratori e Cittadini non solo delle zone direttamente interessate (e che pagano un conto salatissimo in termini di salute e qualità della vita) si uniscano in un fronte comune irremovibile fino al raggiungimento dell'obiettivo che è non solo la bonifica totale dell'area ma anche la difesa della vita, della convivenza civile, della giustizia e della legalità.

Non ricordiamoci dei Tollesi solo quando assaporiamo il loro ottimo vino. Davanti a simili scempi l'unica casacca da indossare è quella di "essere umano".

Qui di seguito pubblichiamo integralmente l'articolo apparso oggi su PRIMADANOI.IT che vogliamo ringraziare ancora una volta per l'opera di divulgazione costante e precisa su questo argomento.
DA PRIMADANOI.IT DEL 20 SETTEMBRE 2013 (RAGGIUNGIBILE QUI  )

VELENI TRASCURABILI

Abruzzo. Tollo, la Regione ora si tira indietro: «niente soldi per la bonifica della ex Sogeri»

Radica: «assurdo che ci lascino soli»


Abruzzo. Tollo, la Regione ora si tira indietro: «niente soldi per la bonifica della ex Sogeri»
l'asessore regionale all'Ambiente Di Dalmazio

TOLLO. «Ci appelliamo all’assessore Mauro Di Dalmazio perché si assuma l’impegno preso e non ci lasci soli nella gestione di un problema che il Comune non può risolvere da solo».

Così il sindaco di Tollo, Angelo Radica, commenta la lettera ricevuta dal dirigente regionale del settore Ambiente, con la quale la Regione Abruzzo comunica di non possedere le risorse necessarie alla bonifica della discarica in contrada Venna, nell’area occupata dalla società Sogeri.
A marzo 2012, a due mesi dalle elezioni, l’assessore Di Dalmazio si era impegnato a girare tra i 200 e i 300 mila euro per risolvere il problema dei 337 sacchi ricolmi di scorie (1500 kg). Lo scrisse in una lettera al predecessore di Radica. Oltre 500 tonnellate di veleni residuati da lavorazioni industriali, composti ad alto contenuto di piombo, arsenico, alluminio e fanghi di fogna provenienti da industrie del nord-est, ma anche abruzzesi e marchigiane, restano ancora in balia di agenti atmosferici in attesa di essere conferiti in apposita discarica.
Una parte di questo micidiale carico è malamente ricoperta, un altra invece nel 2007, interrata in un area con barriera impermeabile e muretto in calcestruzzo e rete metallica, nella operazione di bonifica parziale.
A luglio il primo sentore che i soldi non sarebbero più arrivati, e adesso arriva la conferma da parte del sindaco Radica che ha ricevuto la comunicazione ufficiale.
Tra il sindaco del Pd e l'assessore del Pdl il dialogo sembra interrompersi dopo aver tirato per mesi la vicenda con riunioni e promesse ora la cesura netta senza troppa volontà di rislvere un problema che non appare nè futile nè irrilevante.
«Parliamo di una zona – spiega meglio il primo cittadino – che desta molta preoccupazione e per la quale è realmente necessario un intervento di bonifica, dopo quelli già effettuati di messa in sicurezza. Rimaniamo pertanto sconcertati di fronte a quanto accaduto».

«Appena insediato – racconta il sindaco – abbiamo pertanto provveduto a redigere un progetto in cui prevedevamo il trasporto e lo smaltimento di 300 sacconi, i cosiddetti “big bags”, contenenti rifiuti pericolosi e la sistemazione dell’area circostante».
Non solo. Nel progetto il Comune ha specificato anche l’intenzione di Palazzo di Città di cofinanziare l’intervento. «Non possiamo oggettivamente accollarci una spesa di ben 500mila euro – precisa in merito Radica – perché non possiamo accendere mutui né chiudere le scuole, licenziare i dipendenti e non procedere più con la raccolta differenziata pur di reperire la cifra in questione. Ma, ad ogni modo, vista anche l’estrema necessità di intervenire, ci siamo posti in maniera costruttiva e abbiamo sottolineato la volontà di fare il nostro dovere, cofinanziando la messa in sicurezza dell’area».

Non a caso il Comune di Tollo ha istituito un tavolo permanente, che paga 13mila euro l’anno e proceduto con una serie di analisi periodiche e di sopralluoghi, oltre a sollecitare nel corso dei mesi la Regione Abruzzo, che però, dal marzo 2012, non ha più dato sue notizie.
«Ci lascia pertanto sconcertati – tuona Radica – il fatto che, dopo mesi di silenzio, l’ente ci dica ora di non avere più risorse, richiamandoci anche al dovere. Quanto accaduto mi lascia pensare che, allora, questi soldi prima non c’erano o, se c’erano, che sono stati tolti. Non è giusto lasciare solo sulle spalle di un Comune un intervento di questa portata, che comunque desta forte preoccupazione tra la popolazione, interessando non solo Tollo ma anche l’area circostante. Ci appelliamo pertanto all’assessore Di Dalmazio affinchè tenga fede a quanto promesso nel 2012. Noi siamo disposti a fare la nostra parte, ma non possiamo essere lasciati soli».

giovedì 19 settembre 2013

GLI INCENERITORI FANNO MOLTO MALE, IL RESTO SONO CHIACCHIERE CHE SI PORTA IL VENTO (E LA DIOSSINA PURE, AHINOI!).



Pubblichiamo qui di seguito un interessante intervento del Prof. Federico Valerio (raggiungibile QUI sul suo blog), chimico ambientale di chiara fama, che fa seguito ad alcune avventate dichiarazioni del Prof. Umberto Veronesi che su questi temi ha spesso preso delle cantonate (leggere i commenti per capacitarsene).

Si tratta di INCENERITORI e ricordiamo  a chi vuole fare il furbo (e gli affari) che in questa categoria sono incluse anche le CENTRALI A BIOMASSE.

In ogni caso ribadiamo ancora una volta che tutti gli Amministratori pubblici sono stati eletti in quel ruolo temporaneo con l'obbligo di difendere il benessere e la salute dei concittadini che rappresentano e se non lo fanno abbiamo tutto il diritto di rimandarli a casa con una bella pedata nel sedere!

Veronesi ha torto. I fumi degli inceneritori fanno male alla salute.


Coltivare un orto o un'azienda agro-alimentare, nell'area di ricaduta di un inceneritore di rifiuti urbani, aumenta il rischio di malformazioni dell'apparato urinario nei bambini le cui mamme, nei primi mesi di gravidanza, avevano mangiato ortaggi, insalata, uova carne e formaggi prodotti da quegli orti e da quelle aziende.
Questo il risultato di uno studio francese, pubblicato nel 2010.

(S. Cordier et al. Maternal residence near municipal waste incinerators and the risk of urinary tract birh defects. Occup. Environ. Med 2010;67: 493-499)
Il merito di questo studio è di avere fatto le scelte giuste per verificare se incenerire i rifiuti sia pericoloso per la salute pubblica.
Ovviamente, tutti gli altri studi che hanno fatto scelte sbagliate hanno dato risultati sbagliati.
Probabilmente sono questi studi sbagliati quelli che hanno convinto il prof Veronesi che gli inceneritori sono innocui. 
La giusta impostazione di uno studio, finalizzato a valutare gli effetti sanitari dell'inquinamento ambientale provocato dall'incenerimento, si fa conoscendo a fondo la natura dei composti che si formano durante la combustione ed escono da camini e il loro destino a lungo termine, una volta che questi composti sono immessi nell'ambiente.
Queste informazioni si ottengono grazie ad una particolare specializzazione della chimica, la chimica ambientale, quella che con fatica ho praticato, insieme a pochi altri colleghi italiani presso l'Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro di Genova.
Nei fumi emessi da un inceneritore di rifiuti urbani, anche quelli dei più moderni "termovalorizzatori", è inevitabile che siano presenti composti che si formano durante la combustione e che sono molto pericolosi per una loro particolare caratteristica: sono poco biodegradabili e si concentrano lungo la catena alimentare.
Questa caratteristica è posseduta da composti  a base di carbonio e cloro che si formano durante la combustione, noti con il termine generico di "diossine".

La figura, in testa a questo post, sintetizza il modo subdolo con il quale le diossine minacciano la nostra salute: una volta depositate al suolo le diossine passano da terreno alle piante e da qui agli animali e all'uomo.
Pertanto, il 95% delle diossine che si possono trovare nei nostri corpi deriva dalle diossine che abbiamo mangiato con i nostri cibi contaminati; molto meno sono le diossine che provengono dall'aria inquinata che abbiamo respirato.
E tra i nostri simili, quali sono quelli più sensibili all'inquinamento? Certamente tutti i bambini, pochi giorni dopo il loro concepimento, nella delicata fase dello sviluppo embrionale.
Poichè studi precedenti avevano dimostrato che una precoce esposizione a diossine durante lo sviluppo embrionale altera la formazione del sistema urinario, i ricercatori francesi hanno voluto verificare l'ipotesi che il consumo, nei primi mesi di gravidanza, di cibo contaminato da diossine prodotto dai vicini inceneritori possa essere la causa di malformazioni dell'apparato urinario.
La residenza e le abitudini alimentari, in particolare il consumo di cibo prodotto localmente,  di 304 mamme di bambini nati, tra il 2001 e il 2003, con queste malformazioni, sono state confrontate con quelle di 226 mamme che hanno partorito nello stesso periodo, scelte come controllo.
La zona francese oggetta di studio è stata quella dell'alto Rodano, che ospitava 21 impianti di incenerimento.
Motivo fondamentale di questa scelta è stata l'esistenza, in questa regione, di un registro delle malformazioni e di accurati dati ambientali e di regolari misure delle emissioni degli impianti industriali che si volevano studiare.
Opportuni modelli matematici, applicati alle emissioni di diossine misurate in questi impianti, hanno permesso di calcolare la concentrazione media di diossine nell'aria e nel terreno, in corrispondenza della residenza di tutte le mamme oggetto di studio.
Corretti i dati per le possibili varianti, quali professione e abitudine al fumo dei genitori e loro livello socio economico, lo studio ha confermato che l'esposizione a diossine prodotta dagli inceneritori, in corrispondenza della residenza della madre, nei primi mesi di gravidanza, era associata con un aumento del rischio di difetti urinari del nascituro.
Lo studio, inoltre, ha suggerito che il consumo di cibo prodotto localmente e consumato dalle mamme gravide, possa essere il principale responsabile dell'aumento del rischio di malformazione dei loro figli.
Tra il 2001 e 2003, un certo numero di inceneritori in funzione nell'area studiata (non precisato nello studio) non rispettava l'attuale limite di 0,1 nanogrammi di diossine per metro cubo di fumi emessi, e gli autori ritengono che siano stati proprio questi impianti, meno efficenti, a provocare il livello di inquinamento del terreno (e quindi del cibo) che potrebbe essere la causa delle malformazioni osservate.
Negli anni successivi allo studio (2001-2003), la Francia ha spento gli inceneritori più inquinanti e migliorati il trattamento fumi di quelli rimasti attivi.
Grazie a questi interventi il contributo degli inceneritori francesi alla produzione totale di diossine è passato dal 52% del 2001 al 9% del 2006.
Un indubbio miglioramento, ma non tale da fare abbassare la guardia ed ignorare il problema, come raccomandano i ricercatori francesi.
Lo studio che ho brevemente riassunto dimostra che la particolare miscela di composti che escono da un inceneritore di rifiuti urbani è pericolosa per la salute dell'embrione, anche a dosi estremamente basse.
Questa miscela, di composizione molto simile, esce anche dagli inceneritori dell'ultima generazione (2010) e la sua concentrazione nei fumi è nettamente inferiore a quella degli inceneritori della penultima generazione (fine anni 90').
In Europa, ogni tonnellata incenerita provocava l'emissione di 10 microgrammi di diossine equivalenti negli inceneritori costruiti intorno all'anno 2000; negli inceneritori costruiti nel 2010, grazie a sistemi di abbattimento più efficaci, il fattore di emissione di diossine si riduceva di 20 volte (0,5 microgrammi per tonnellata).
Ma  è anche vero che, per economia di scala, gli inceneritori dell'ultima generazione trattano quantità di rifiuti nettamente superiori rispetto a quelli della penultima generazione:  da 70-80.000 tonnellate/ anno a 700-800.000 tonnellate/anno.
Questo significa che la quantità di diossine emesse annualmente da un grande moderno inceneritore, che emette dieci volte più fumi di un vecchio piccolo inceneritore, può non essere così trascurabile come si vuole far credere.

Occorre inoltre considerare che l'incenerimento rifiuti non è una scelta obbligata e certamente, a parità di materiali trattati, un moderno impianto di riciclaggio, compostaggio, trattamento meccanico biologico, emette molto meno diossine di un moderno termovalorizzatore.
Pertanto, se si vogliono fare stare tranquille le mamme ed evitare rischi alle future generazioni, sarebbe molto saggio applicare un sano principio di precauzione: smettere di incenerire i rifiuti e passare decisamente alla strategia Rifiuti Zero. 
 
Prof. Federico Valerio
 
commenti:
  1. SCusate, ma quali sono gli sponsor della fondazione Veronesi?
    Veronesi ha detto che avrebbe dormito tranquillo sopra delle scorie nucleari!!!!
    Rispondi
    Risposte
    1. Ha detto anche che il tabacco non fa tanto male. Sulle scorie si può dormire per l'eternità!!
  2. girolamo giannotta15 settembre 2013 03:03
    Caro prof. Veronesi, ci rincontriamo. Se lei non finisce di sparare cazzate dovrò continuare a rimproverarla. Si dia il caso, e solo il caso, che la Diossina di Seveso produce i sui più deleteri effetti in questi anni. Prof. scusi la mia arroganza: la diossina è liposolubile, si accasa nelle matrici grasse degli animali, vi permane tutta la vita salvo che una piccola quota è trasferita al feto in corso di gravidanza ed al lattante in corso d'allattamento al seno. Ne deriva che la diossina sparsa nell'ambiente è custodita all'interno del corpo umano. Se non sono stato chiaro ripeterò.
    Rispondi
  3. Tra gli sponsor della Fondazione Veronesi compaiono
    ACEA – multiutility con inceneritori
    PIRELLI – (petrolio, centrali ad olio combustibile)
    ENEL (Centrali a Carbone ed oli pesanti )
    VEOLIA Environment (ditta che costruisce inceneritori)
    http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/scienza-dintorni/materiali-inceneritori/
    Rispondi
  4. I numerosi partner della Fondazione Veronesi si possono trovare a questo indirizzo
    http://www.fondazioneveronesi.it/sostienici/aziende/i-nostri-partner/
    Rispondi
  5. Convegno ISDE (International Society of Doctors for the Environment) dal titolo "Incenerimento dei rifiuti e salute" tenuto al Politecnico di Torino il 14 Aprile 2012 - Intervento del Dott. Ernesto Burgio, Pediatra e Presidente dello Scientific Office dell'ISDE dal titolo " INCENERITORI E RISCHI PER LA SALUTE: I MECCANISMI MOLECOLARI ".
    http://youtu.be/a1Ffvp6mSHA
    Rispondi

sabato 14 settembre 2013

LA RISPOSTA DOPO 25 ANNI DELL'I.N.P.S.: Impossibile Non Perdere le Staffe. LA BUROCRAZIA CHE AFFOSSA L'ITALIA

Non servono molti commenti all'immagine che pubblichiamo qui di seguito, ognuno saprà trarre da sè le riflessioni adeguate.

Si tratta della risposta inviata dall'INPS in data 30 agosto 2013 alla domanda che il nostro esponente di NSC Antonio Francia aveva inviato il 28 ottobre 1988, quasi 25 anni fa.

Certo, la speranza è l'ultima a morire ma così si rischia seriamente di soffocare un intero Paese che non può più permettersi il lusso di aspettare invano.

martedì 10 settembre 2013

SPIAGGIA DI ROCCA SAN GIOVANNI: NON BASTANO PIU' SOLO LE SCUSE, ADESSO VOGLIAMO TUTTA LA VERITA'!

(CON IMPORTANTE SEGNALAZIONE + FOTO A FINE ARTICOLO DEL 12 SETTEMBRE 2013)
" I risultati sono perfino migliori di questa estate. L'acqua è pulita. Invito turisti e cittadini a tornare al mare senza nessun problema."


Queste le dichiarazioni, quantomeno avventate e superficiali, rese pubblicamente alla stampa dal Sindaco di Rocca San Giovanni Gianni Di Rito che, ricordiamolo, è anche medico, dopo che già decine di persone erano ricorse alle cure sanitarie ed ospedaliere per gravi sintomi da intossicazione raccolta sulla spiaggia della Foce e prima che qualsiasi approfondita analisi ne stabilisse le cause ed escludesse ulteriori conseguenze nocive.
Tutti al mare, tutti al mare! Bambini, anziani, persone già malate, non c'è alcun problema, garantisce il Sindaco che, sono parole sue, ci ha mandato anche il figlio (!?!).

Chi in buona fede ha raccolto l'invito del Primo Cittadino e poi ha visto invece lo sviluppo successivo con la chiusura ancora in vigore dei lidi interessati è adesso non solo molto preoccupato per le conseguenze sulla propria salute ma anche giustamente infuriato per tanta leggerezza da parte di chi dovrebbe invece essere il primo baluardo protettivo in simili circostanze.

Dopo gli articoli sui giornali continuano a giungerci ancora oggi innumerevoli segnalazioni e testimonianze di chi non sa tuttora quali siano state le cause certe dei malori accusati. Invitiamo chiunque a continuare a mandarcele scrivendo all'indirizzo  info@nuovosensocivico.it . Tutto questo non ci fa dormire sonni tranquilli e soprattutto, visti i precedenti, non ci convincono le rassicurazioni sulle "cause naturali".

Oltretutto i pescatori della zona e diversi sub hanno riferito anche alla stampa il fenomeno della morìa di pesci, granchi pelosi e polpi, fenomeno quest'ultimo molto preoccupante perchè i polpi sono organismi particolarmente resistenti. Le reti che vengono ritirate sono sporcate da una sostanza nerastra così come gli scogli non solo a Rocca San Giovanni ma anche a Fossacesia e fino a Torino di Sangro. Dopo il fermo biologico per la riproduzione ci si attendeva un'abbondante raccolta di vongole ma queste sono state pescate già morte.
Non si tratta di "procurato allarme" ma di testimonianze reali che dovrebbero preoccupare tutti, autorità comprese, e che in un paese civile spingerebbero ad immediati approfondimenti sempre più ampi ed accurati.

Adesso non ci bastano più solo le scuse, che peraltro abbiamo dovuto pretendere e non sono giunte certo spontaneamente, ma pretendiamo che sia accertata al più presto tutta la verità.
Lo esige l'intera Comunità che ama questo mare e questi luoghi splendidi e che vuole impedire il loro scempio smascherando responsabili, complici e cialtroni di turno, tutti egualmente colpevoli.
CHIEDIAMO analisi a largo raggio che non si fermino alle "alghe tropicali" perchè potrebbero esserci quantomeno delle concause non altrettanto "naturali";
CHIEDIAMO all'ARTA (l'Agenzia Regionale per la Tutela dell'Ambiente) di rendere pubblici e consultabili i loro risultati che hanno portato alla conclusione "alga tropicale", indicando procedure e protocolli seguiti e comunicando se le analisi sono state condotte all'interno dell'agenzia stessa o siano state affidate a qualche laboratorio esterno e, nel caso, quale.
Nel frattempo Nuovo Senso Civico ha dato incarico ad una società indipendente di svolgere analisi parallele a tutto campo per avere un quadro più definito della vicenda.

Tutto questo lo facciamo per amore del nostro mare e delle nostre splendide coste che vanno difese con le unghie e con i denti dai predatori di ogni sorta. 
E lo facciamo per  amore della verità che, seppure scomoda, è l'unico obiettivo onesto da raggiungere.
Questo dovrebbero condividere i nostri politici ed amministratori che hanno l'obbligo di essere i primi difensori dell'ambiente e quindi del benessere di tutte le persone che rappresentano, figli compresi.

NUOVO SENSO CIVICO
Clicca anche su spiagge chiuse a Rocca San Giovanni: Sindaco-medico Di Rito abbia l'umiltà di chiedere scusa!

RASSEGNA-STAMPA:
(SEGNALATECI QUELLO CHE CI E' SFUGGITO)


SEGNALAZIONI:
Un nostro lettore ci rimanda una segnalazione che avevamo già raccolto il 17 maggio 2013 e che rilanciamo alla luce degli sviluppi successivi come ulteriore spunto non tanto di riflessione quanto di drastico intervento da parte di tutte le Autorità competenti che hanno il dovere di difendere il mare di tutti:

"LE FOTO IN ALLEGATO (che si riferiscono a MAGGIO 2013 ndr) MOSTRANO COME SI PRESENTA IL TRATTO DI MARE DA ORTONA
ALLA FOCE DEL SANGRO.

E' DA VENERDI' DELLA SCORSA SETTIMANA CHE IL MARE HA ASSUNTO UN COLORE CHE
VIRA DAL MARRONE AL GIALLO CON PRESENZA DI UNO STRATO DI SCHIUMA CHE IN
CERTE ZONE E' ALTA 40 - 50 CM.

QUANDO C'E' VENTO LA SCHIUMA VIENE SPINTA ADDIRITTURA OLTRE IL TRACCIATO
DELLA VECCHIA FERROVIA E VA A POSARSI SUGLI ALBERI!!

E POI LO CHIAMANO "PARCO DELLA COSTA DEI TRABOCCHI"........ E GLI DAREMO
ANCHE LA BANDIERA BLU.

 P.S. LE FOTO SONO STATE SCATTATE IN PROSSIMITA' DEL PROMONTORIO DANNUNZIANO"  (a maggio 2013 ndr)  (SV)




 

sabato 7 settembre 2013

SPIAGGE CHIUSE A ROCCA SAN GIOVANNI: SINDACO-MEDICO DI RITO, ABBIA L'UMILTA' DI CHIEDERE SCUSA!

Lo sviluppo della vicenda dei numerosi malori riscontrati sulla spiaggia "La Foce" di Rocca San Giovanni, che ha portato infine alla sua interdizione, rinnova per l'ennesima volta un deprecabile meccanismo che meriterebbe di essere cancellato una volta per tutte e che vede mettere sul banco degli imputati chi lavora per il bene comune mentre chi dovrebbe farlo per obbligo istituzionale svia e non tutela oggettivamente gli interessi della comunità che rappresenta.
Riepiloghiamo i fatti:
  • nelle giornate di sabato, domenica e lunedì scorsi almeno una decina di persone che si erano recate sulla spiaggia "La Foce" di Rocca San Giovanni sono costrette a rivolgersi al Pronto Soccorso di Lanciano dopo aver manifestato preoccupanti sintomi quali dolori alla trachea, difficoltà respiratorie, dolori allo stomaco, spossatezza nausea e febbre (leggi l'articolo de "il Centro" QUI ).  Altre decine, pur non ricorrendo alle cure ospedaliere, ci contattano direttamente segnalandoci gli stessi sintomi;
  • sulla spinta di queste segnalazioni e dopo aver accertato che l'unico elemento comune tra queste persone era l'aver frequentato la stessa spiaggia, Nuovo Senso Civico, attraverso il suo Presidente Alessandro Lanci, segnala pubblicamente il problema chiedendo di chiudere in via precauzionale i luoghi interessati in attesa di accertare con sicurezza le cause scatenanti del fenomeno. Tutto questo con il solo ed unico scopo di garantire l'incolumità dei bagnanti e di evitare eventuali e peggiori conseguenze (leggi l'articolo de "Il Centro" QUI);
  • mentre la stampa rilancia con la giusta evidenza la notizia, il Sindaco e medico di Rocca San Giovanni Gianni Di Rito tende immediatamente a minimizzare l'accaduto rassicurando tutti ed invitando a tornare al mare senza problemi, prima di qualsiasi approfondimento scientifico e sanitario che possa escludere effetti negativi sulle persone. Addirittura l'ARTA (Agenzia Regionale Tutela Ambiente), secondo le dichiarazioni fatte alla stampa dal Primo Cittadino, avrebbe escluso qualsiasi anomalia dopo una prima indagine visiva (!?!). Queste le testuali dichiarazioni, perlomeno avventate, di Di Rito riportate da "Il Centro" di giovedì 5 settembre: "I risultati sono perfino migliori di questa estate. L'acqua è pulita. Invito turisti e cittadini a tornare al mare senza nessun problema." E invece i problemi, come vedremo, ci sono stati ;
  • Giovedì, dopo che NSC aveva chiesto l'interdizione alla frequentazione della spiaggia almeno fino al completamento di analisi più approfondite che avessero escluso qualsiasi rischio per la popolazione, il Sindaco Di Rito non trova di meglio da fare che presentare una denuncia alla Procura della Repubblica di Lanciano per procurato allarme e diffamazione verso ignoti (?!?) (leggi l'articolo de "Il Centro" QUI  ) ;
  • Venerdì infine il Sindaco di Rocca San Giovanni si vede costretto ad emettere un'ordinanza di interdizione all'accesso a tempo indeterminato per tutto il tratto di costa da Vallegrotte fino al Cavalluccio ed analogo provvedimento lo prende il Sindaco di Fossacesia per la spiaggia davanti la vecchia stazione. I provvedimenti sono stati presi a seguito di analisi dell'ARTA che hanno riscontrato concentrazioni anomale di Ostreopsis Ovata, un'alga marina potenzialmente tossica che prolifera perlopiù in acque stagnanti. Un finale ampiamente annunciato.
Siamo alle solite, basterebbe la semplice cronologia dei fatti per capire come gira il mondo, almeno dalle nostre parti: ancora una volta sono dei volontari sensibili (in questo caso come in molti altri Nuovo Senso Civico) che si prendono la briga di segnalare un problema pubblico per evitare guai peggiori e che si sostituiscono alle autorità preposte per legge (e pagate per questo) a svolgere il compito di tutela della salute dei propri concittadini. E invece di essere lodati per l'opera di collaborazione vengono additati come causa del male.
Non ci stancheremo mai di ricordare che ogni Sindaco è la massima autorità sanitaria locale e dispone di tutti i mezzi legali per poter svolgere al meglio questo compito, cosa che purtroppo non sempre accade.

Signor Sindaco Gianni Di Rito, manifesti più rispetto per chi volontariamente e senza doppi fini si adopera gratuitamente per il bene comune ed abbia l'umiltà e la dignità di chiedere scusa non solo ai sottoscritti ma all'intera Comunità che rappresenta e che confida nel suo operato per essere tutelata nel migliore dei modi in difesa del proprio benessere.
NUOVO SENSO CIVICO

venerdì 6 settembre 2013

CENTRALI A BIOMASSE, PARLA LA SCIENZA: EMISSIONI PIU' ELEVATE DI QUELLE DICHIARATE

Dal sito "Sgonfiailbiogas", magistralmente gestito da Michele Corti e fonte inesauribile di notizie sul mondo opaco delle biomasse e del biogas, riprendiamo e pubblichiamo qui di seguito un articolo che riguarda direttamente l'Abruzzo e che tratta di un ottimo studio svolto dall'Università de L'Aquila.
Ci sono spunti molto interessanti anche perchè lo studioso che ha svolto la ricerca non è parte in causa, nè pro nè contro, ma cerca di mettere obiettivamente in evidenza tutte le evidenti falle di questo sistema, e ce ne sono tante.
Come sempre non è tutto oro quel che luccica... 
 
Centrali a biomasse: emissioni più elevate di quelle dichiarate. 
L'Università dell'Aquila, in uno studio scientifico, stabilisce che i livelli di emissioni della centrale autorizzata sono più elevati di quelli dichiarati e tenuti buoni dagli enti

Un raro studio indipendente, ovvero non prodotto da centri universitari dediti alle biomasse, mette in evidenza cone le emissioni inquinanti di una centrale siano più elevate di quelle dichiarate. Succede all'Aquila dove è stata autorizzata una contestatissima centrale a legna e a dire che i dati della società non vanno è l'Università dell'Aquila. Un autore dello studio dice: "Accade questo: quando una ditta propone di fare una centrale di questo tipo, deve procurare - al Comune, alla Regione, all'Arta e a tutte le altre istituzioni - tutti i documenti necessari, tra cui anche una valutazione di impatto ambientale. Quest'ultima, però, è fatta dall'azienda proponente". Una legge "mal fatta" è la conclusione del ricercatore. Anche perché: "la legge stabilisce che bisogna definire solo l'impatto dei fumi di scarico. Non sono contemplate, quindi, tutte le altre forme di emissione, come ad esempio quelle derivanti dall'approvvigionamento, per intenderci i camion che vanno a caricare la biomassa da bruciare". nelle accurate simulazione fatte dall'Università tenendo conto delle condizioni meteo i livelli massimi di legge di biossido d'azoto potrebbero essere superati. Per i dati forniti dall'azienda e tenuti buoni dagli enti, invece tutto andava bene.
                                                                                                                              
 

fonte: http://news-town.it/cronaca/1264-biomasse,-studio-univaq-%E2%80%9Ceffetti-inquinanti-sottostimati%E2%80%9D.html


Centrale a biomasse, studio Univaq: “Effetti inquinanti sottostimati”

di  Roberto Ciuffini

(05.09.2013) L'impatto della centrale a biomasse della Futuris sui livelli di inquinamento locali potrebbe essere molto più alto di quello indicato dalla stessa azienda nella valutazione presentata agli enti locali, soprattutto per quel che riguarda le emissioni di diossido d'azoto, un gas che ha effetti nocivi sull'apparato respiratorio. A dirlo è uno studio realizzato da un'équipe di docenti e ricercatori dell'Università dell'Aquila pubblicato nel 2012 sulla rivista Atmospheric Environment. “L'effetto del diossido d'azoto” spiega a NewsTown Gabriele Curci, uno dei ricercatori che ha preso parte al lavoro “è limitato a una zona circoscritta, dopo un km e mezzo si può dire che diventi quasi trascurabile. Tuttavia dal nostro studio emerge in maniera abbastanza chiara come la Futuris abbia sottovalutato l'impatto delle emissioni” “La centrale a biomasse, in sé, non è un male assoluto” afferma sempre Curci “Il problema è che sono progetti che andrebbero inseriti in un contesto più organico. Non possono essere i privati, che hanno interessi economici ben precisi, a presentare i progetti, devono essere le istituzioni. Queste ultime dovrebbero fare piani energetici generali individuando siti ottimali dove impiantare nuovi stabilimenti come quello di cui stiamo parlando” Lo studio integrale è disponibile (in inglese) qui tra le pubblicazioni raccolte sotto la voce Journal Papers (ISI) del 2012
I risultati dello studio erano già stati sintetizzati in un articolo comparso sul quotidiano Il Centro il 16 novembre 2012

Dottor Curci, viste le dichiarazioni rilasciate in questi ultimi giorni da politici di varia estrazione e appartenenza, forse gioverebbe ricordare cosa è scritto nel vostro studio
Sostanzialmente abbiamo sottoposto a verifica i risultati di valutazione d'impatto pubblicati dalla ditta che costruirà la centrale. La pubblicazione avvenne qualche anno fa tramite un'interazione tra la stessa Futuris e il blog del comitato Collettivo 99. L'azienda rispose ad alcune domande, tra cui, appunto, quella relativa alla valutazione d'impatto dell'impianto. Riguardo quest'ultima, la legge stabilisce che bisogna definire solo l'impatto dei fumi di scarico. Non sono contemplate, quindi, tutte le altre forme di emissione, come ad esempio quelle derivanti dall'approvvigionamento, per intenderci i camion che vanno a caricare la biomassa da bruciare. La Futuris aveva calcolato in che misura i fumi di scarico avrebbero aumentato i livelli di inquinamento nelle zone circostanti il sito della centrale. Noi, usando la stessa metodologia e lo stesso modello ma introducendo una simulazione delle condizioni meteorologiche più accurata, abbiamo verificato i dati forniti dalla Futuris

Cosa è venuto fuori? Che l'impatto della centrale è più significativo rispetto a quello indicato dalla Futuris, soprattutto per quel che riguarda i diossidi di azoto. La Futuris, in sostanza, afferma che l'impianto non comporterebbe nessuna violazione dei limiti di legge mentre a noi risulta che i limiti potrebbero essere sforati

Di che limiti parliamo? La legge stabilisce che il diossido di azoto non deve superare i 200 microgrammi a metro cubo. Dalle nostre simulazioni, invece, viene fuori che in alcuni casi questo potrebbe accadere  

A cosa è dovuta la discrepanza dei dati? Noi abbiamo usato un modello spinto fino a una risoluzione di 3 km nel quale abbiamo tenuto conto anche dei dati meteo raccolti da una centralina che si trova a S. Elia. Per studi di questo tipo, infatti, è importante simulare bene le condizioni meteorologiche. Se queste ultime non vengono calcolate e simulate con accuratezza, la valutazione può sottostimare l'effetto delle emissioni ed è quello che è accaduto  

Quindi nello studio della Futuris gli effetti della centrale vengono sottostimati? Sì, i risultati a cui siamo giunti contengono valori molto più significativi rispetto a quelli dichiarati dalla Futuris. Questo dato viene fuori in maniera abbastanza chiara

E la valutazione di impatto ambientale della Regione? C'è stata ma hanno tenuto conto solo dei dati forniti dalla ditta. Purtroppo è la legge a essere fatta male. Accade questo: quando una ditta propone di fare una centrale di questo tipo, deve procurare - al Comune, alla Regione, all'Arta e a tutte le altre istituzioni - tutti i documenti necessari, tra cui anche una valutazione di impatto ambientale. Quest'ultima, però, è fatta dall'azienda proponente

Una sorta di autocertificazione... Sì, proprio così. E' vero che, di solito, queste valutazioni vengono affidate a terzi ma sono comunque dei terzi pagati. È un sistema poco trasparente. Sono studi che andrebbero fatti prima di prendere qualsiasi tipo di decisione  

Quindi è conveniente o no fare la centrale? La centrale a biomasse in sé non è un male assoluto. Il problema è che sono progetti che vano inseriti in un contesto più organico. Non possono essere i privati, che hanno interessi economici ben precisi, a presentare i progetti, devono essere le istituzioni. Queste ultime dovrebbero fare piani energetici generali individuando siti ottimali dove impiantare nuovi stabilimenti come quello di cui stiamo parlando

Invece con la legge attuale sono i privati a dettare i tempi Le istituzioni corrono dietro ai privati che fanno le richieste. I Comuni devono rispondere ma spesso non hanno nemmeno le competenze tecniche per farlo, per controverificare le valutazioni fatte dai privati. Queste vanno fatte a monte, non a valle. Anche il nostro studio è stato fatto quando ormai le decisioni erano già state prese. Invece nel nostro territorio ci sarebbero tutte le competenze per studiare e controverificare qualunque studio presentato dalle ditte. Soprattutto ci sarebbero tutte le competenze per pianificare le cose in maniera più organica

Quali sono gli effetti del diossido di azoto? E nel raggio di quanti km si irradiano? L'effetto si limita a una zona molto circoscritta, dopo un km e mezzo diventa quasi trascurabile. In base al nostro studio, non si può affermare che la centrale sia particolarmente dannosa. È vero, però, che l'impatto sarebbe maggiore di quello calcolato dalla Futuris  

Intorno al sito dove dovrebbe sorgere la centrale, nel raggio di un km ci sono però abitazioni, attività commerciali, addirittura imprese e rivendite agroalimentari. Parliamo di una zona dove probabilmente i limiti vengono già sforati... Questo purtroppo non lo sappiamo perché in quella zona non ci sono centraline di monitoraggio

Se guardiamo sempre ai dati, la biomassa disponibile c'è? In linea di principio ci sarebbe. Il problema, però, è che si dovrebbe andare a raccoglierla e questo non è un problema da poco, visto che in molti casi è localizzata in posti abbastanza impervi, un dettaglio che fa aumentare i costi. Un altro problema è che la biomassa potrebbe, teoricamente, bastare se ci fosse solo una centrale, questa centrale. Il fatto è che, da questo punto di vista, regna la disorganizzazione. Come ho detto, la questione delle centrali a biomasse non è regolamentata in maniera organica. La Regione valuta volta per volta. Dovrebbe accadere il contrario. La Regione dovrebbe prima valutare i suoi bisogni energetici e poi decidere quante centrali autorizzare e dove localizzarle. Oggi esistono circa 15 proposte in tutto l'Abruzzo. Ognuno presenta il proprio progetto facendo finta che non ne esistano altri, quando magari a pochi km di distanza da un sito ce n'è un altro interessato da un'altra proposta. Ma non è che il territorio aumenti perché aumentano le centrali. La biomassa disponibile è limitata. Se in un territorio più o meno circoscritto ci sono troppe centrali, prima o poi qualcuna dovrà iniziare ad acquistare la biomassa altrove oppure a bruciare altro.