giovedì 11 dicembre 2008

CULTURA DELL’ENERGIA ENERGIA DELLA CULTURA



Caro amico Wanadobee,
mi permetto di rendere pubblica questa lettera perché sono rimasto veramente sconcertato quando ho visto la pubblicità dell’ENI sull’inserto de Il Corriere della Sera di domenica 7 dicembre, inserto dedicato all’inaugurazione della stagione lirica della Scala.

A Roma i borderline, che nel gergo dialettale vengono definiti coatti, di fronte a tanta sfrontatezza avrebbero tradotto il mio sconcerto con una frase del tipo “Ma tu guarda ‘sti fiji de ‘na mignotta! Ma che ce stanno a pija’ p’er culo?” espressione meno ortodossa ed elegante ma sicuramente più calzante.
Qui da noi il Corriere non è così diffuso e la campagna pubblicitaria promossa dall’ENI è passata pressoché inosservata; forse qualcuno ad Ortona ed a Vasto avrà emesso un sospiro segreto, come di velata invidia, per la cultura e la civiltà di un altro mondo che, come cantava Lucio Dalla, è molto più vicino all’Europa del nostro piccolo Abruzzo.
Non so se i frequentatori della Scala di Milano, ed i lettori abruzzesi del Corriere della Sera si siano soffermati sull’immagine delle isole di ferro che estraggono energia dal profondo del mare, uccidendolo, fuse con alcuni simboli della cultura universale.
Io che proprio grazie all’ENI ho scoperto un insospettabile impegno civile guardando le immagini ho provato uno sconcerto al limite del disagio.
Soprattutto quella che mostra una piattaforma oceanica sormontata da un particolare della Conversione di Saulo del Caravaggio, quadro sublime restaurato grazie alla generosità dell’ENI.

Probabilmente chi ha concepito l’immagine, ispirandosi con malcelata volgarità al Caravaggio ed alla sua luce, in un momento di delirio ha preteso di trasformare una piattaforma oceanica in un opera d’arte; una piattaforma di quelle più grandi che oltre ad estrarre petrolio dalla viscere di madre terra inquinano il cielo e l’aria emettendo H2S con i loro impianti di bordo per la desolforazione, una di quelle piattaforme che ogni tanto esplodono e vanno a fuoco arrostendo tutti i poveri disgraziati che ci lavorano ed inquinando ulteriormente anche mari profondi e vasti come gli oceani.

Quando facevo i primi anni di liceo, a Roma, mi piaceva godere di quell’improvvisa libertà che mi permetteva di andare a scuola in autobus, finalmente da solo, e di poter girare il pomeriggio per la città superando i confini del mio quartiere di residenza, scoprendo e memorizzando la bellezza dei luoghi e dei ricordi.
Tra le mie prime scoperte, a Piazza San Luigi dei Francesi nei pressi del Senato, ci fu l’omonima chiesa dove entrai spinto solo dalla curiosità del vagare.
Mi trovai dentro una tipica chiesa barocca romana, mal illuminata. Allora nelle chiese si usavano ancora le candele e lampade da pochi watt perché l’energia elettrica, la corrente, costava e veniva centellinata.
In quella penombra di un pomeriggio autunnale vidi, dal vero, due quadri autentici di un certo Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, di cui non sapevo assolutamente nulla.
Tra statue e immagini di santi quei quadri mi colpirono come la visione di un film in cinemascope potrebbe colpire chi ha visto solo la tv in bianco e nero per tutta la vita.
Ed ora mi ritrovo alla pagina 16 dell’inserto del Corriere questa mostruosità che mi inorridisce come un’opera blasfema, come uno sfregio alla bellezza, alla storia degli uomini ed alla loro vita e perché no, ai miei ricordi! Mi inorridisce al punto tale da esclamare volgarità che non sono abituato ad usare ma che a Roma i coatti sanno usare al momento giusto, come se incredulità, intelligenza, intuito e volgarità si unissero per un attimo, trasformandosi in un’espressione più che adeguata.
Il petrolio è stato un incidente di percorso nella storia recente del mondo, incidente che ci ha dato anche grandi opportunità di sviluppo e di benessere sociale ma che ha reso ricche oltre ogni misura poche multinazionali che condizionano attraverso i ricatti e la corruzione interi governi e la vita di milioni di persone.
Il petrolio sta causando al’intero pianeta danni che sono paragonabili alle estinzioni giurassiche ed ora che fasce di popolazione sempre più vaste ne stanno prendendo atto una Società importante come l’ENI non può lavarsi la coscienza attraverso un’operazione di restauro di un quadro, pubblicando una immagine pubblicitaria blasfema o finanziando un vernissage.
Ho pensato ai bambini di Gela che, privi di parti del loro corpo e ancor prima menomati nello spirito, chi sa quali risposte si aspettano dai loro genitori che probabilmente a loro volta si domanderanno quale colpa stanno espiando per vivere una vita così infelice in un luogo così orrendo.
Ho pensato a Viggiano, a Falconara, a Porto Marghera, a Taranto, a Priolo, a Genova… luoghi che sto visitando per documentare l’altra faccia del petrolio e che mi riempiono di rimorsi per non aver capito, negli anni passati, quale orrore genera e tramanda l’industria dell’energia fossile a cui, ignaro, negli anni passati ho messo a disposizione la mia professionalità di fotografo e video maker.
Ho pensato che sarebbe meglio, per l’ENI e la sua immagine, investire soldi nella ricerca per trovare soluzioni per salvare questo pianeta morente sempre più simile, grazie anche alla loro attività e bramosia di potere, ad una gigantesca fogna a cielo aperto.
Ho pensato alla meschineria di far finta di vendere il Progetto Miglianico alla ERG ed alla TEXACO per non subire un ulteriore calo di immagini a causa dei continui ed argomentati attacchi di migliaia di cittadini abruzzesi il cui vero stato d’animo sarebbe meglio descritto dai soliti coatti romani a cui alludevo all’inizio di questa lettera.
Ho pensato ai 1200 processi che l’ENI ha in giro per il mondo per corruzione ed inquinamento.
Ho pensato alle 90.000 (novantamila!) tonnellate di prodotti tossici ed altamente inquinanti che una piattaforma come quelle illustrate versano mediamente nel corso di un ciclo operativo.
Ho pensato all’Abruzzo, al suo mare, alle montagne che vedo da casa mia incantandomi.
Ho pensato ai miei nuovi amici ed ai loro bambini, alle colline del Feudo, al Montepulciano d’Abruzzo, ad Ortona così elegante.
Ho pensato ai quei piccoli e squallidi burocrati di periferia che per una mancia che vale meno di trenta denari hanno firmato atti di cui ignoravano spesso la portata o, ancor peggio, sapevano.
Ho pensato a tutti quegli elettori Abruzzesi che domenica e lunedì prossimo andranno a votare con lo stesso animo delle pecore di Taranto condotte al macello perché avvelenate dalla diossina.
Ho pensato che la battaglia, quella vera, non è ancora iniziata.
Ho pensato!
Il tuo vecchio ed incazzato amico
Terminator

2 commenti:

Alex Abruzzo ha detto...

anch'io ho visto queste pubblicità, anch'io mi trovavo a Roma per una gita di piacere con la famiglia: l'accostamento della piattaforma petrolifera alle opere d'arte ha turbato non poco il piacere di visitare Roma ed i suoi bellissimi tesori! E' orripilante!

wanadobee ha detto...

Perfetto, adesso hanno fatto rigirare nella tomba pure Caravaggio.

Come si fa ad accostare caravaggio all'eni ? Solo una mente malata puo' pensare di concepire quelle immagini. Sono disgustose.

L'Eni restaura quadri e intanto a Gela le mamme allattano i bimbi con il mercurio nel latte materno...

Quanto alla Erg e alla Texaco l'Eni puo' vendere i pozzi di miglianico a chi vuole. Sapremo dare il benvenuto anche a Erg e Texaco.

Il petrolio nostro rimane li dove e' sottoterra.

E adesso che mi viene in mente forse dovremmo informarli della situazione Abruzzese mandandogli i video.