Paolo Primavera, Presidente della
Confindustria teatina, in molte occasioni si è speso per magnificare il progetto di Ombrina Mare
2, piattaforma per l’estrazione di idrocarburi che la Compagnia inglese Medoil
vorrebbe realizzare a circa 6
km dalla Costa dei Trabocchi e che sarebbe affiancata da
una nave gigantesca per lo stoccaggio e la prima raffinazione degli idrocarburi
estratti. Anzi c’è una gara tra il
Primavera e il rappresentante della Medoil a chi le spara più grosse in materia
dei vantaggi che ne ricaverebbe il Paese
in termini di nuovi posti di lavoro, di investimenti, di stimoli all’economia
attraverso l’indotto.
Va al riguardo considerato che le Compagnie, come tutte
le altre numerose società straniere che estraggono petrolio dal nostro
mare, pagano royalties irrisorie, di
appena il 7%. Ma la gran parte delle compagnie non paga nulla in virtù del
fatto che sono loro stesse ad autocertificare la quantità di petrolio estratto
senza che lo Stato eserciti alcun controllo. Esse inoltre godono di un regime
piuttosto generoso di esenzioni durante il periodo di prova (anche per tale
motivo molte compagnie cambiano spesso ragione sociale), di franchigie e
deduzioni dei costi. Il risultato è che l’intero incasso per tutti pozzi
esistenti in Italia è stato nel 2012 di appena euro 276.529.819, e per
l’Abruzzo nel 2011 di appena euro 254.899,33 e nel 2012 di euro 314.415,10.
Poiché queste Compagnie poi mettono sul mercato il prodotto raffinato ai prezzi correnti, non si
vede come, con queste concessioni, il governo possa ridurre la bolletta
energetica del nostro Paese. Infine la manodopera è costituita da pochissime
unità, per lo più specializzatissime, ad onta delle balle spudorate che la
Medoil e i suoi corifei vanno spacciando: insomma a noi resta solo
l’inquinamento e la devastazione di coste di alto pregio paesaggistico.
Ma
veniamo alla Medoil: essa ha in Italia 2 permessi di ricerca in terraferma (per
65,33 kmq), 2 in
mare (tra cui Ombrina; in totale per 286,51 kmq); è titolare unico o unico
rappresentante in 12 concessioni di coltivazione in terraferma (631,70 kmq),
tra cui 4 in
Abruzzzo (compresa la recentissima “Civita” a Cupello) ed è contitolare di
altre 5 concessioni (tra queste, 1
in Abruzzo); è titolare di 2 concessioni di coltivazione in mare (per
48,23 kmq); è in joint-venture in 7 titoli con la Edison (tutti a terra), in 5
con Eni (3 in mare), in 9 la Gas Plus Italiana
(tutti a terra), in 5 con PetroRepItaliana, in 3 con Sviluppo Risorse Naturali
e in 1 con Total E&P Italia (a terra). Orbene, il Ministero espone i dati
delle royalties dal 2008: da essi non
risulta che dal 2008 la Medoil abbia mai versato un euro nelle casse pubbliche
! Dal bilancio della Medoil si può arguire, considerando la spesa per gli
addetti italiani, che essa corrisponde a meno di 20 posti di lavoro in tutto.
Se poi si considerano le società di servizio (Halliburton, Slumberger,
Weatherford, Becker.. tutte con sede in Abruzzo tra Ortona e Pescara) gli
abruzzesi che vi lavorano sono 2 o 3 ! Chi, come la senatrice Federica
Chiavaroli, ha dei dubbi, può andare a consultare il sito del
competente Ministero.
La verità è che trasformare l’Abruzzo e il suo mare in
distretto petrolifero sarebbe una vera sciagura, ed oltre ad avere effetti
devastanti sul territorio e sulla salute della gente, di certo ci farebbe
perdere molte migliaia di posti di lavoro nell’agricoltura, soprattutto quella
dedita ai prodotti d’eccellenza, nella pesca e nel turismo e non creerebbe
condizioni favorevoli allo sviluppo dell’industria manifatturiera.
Enrico Graziani, già
senatore della Repubblica
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