(“Immaginatevi cosa vorrete essere e lo sarete.” Massimo Decimo Meridio)
Qualunque sia il modello di sviluppo previsto per il nostro futuro non può prescindere da questa asserzione.
Gli esponenti politici dell’Abruzzo devono definire con chiarezza di esposizione e soprattutto di intenti un modello di sviluppo coerente e perseguibile ancor prima che sostenibile.
Quella che viene definita La Regione Verde d’Europa non può essere svilita nella realtà a territorio di discariche ed a distretto petrolifero.
Il Ministero dello Sviluppo Economico ha rilasciato concessioni per la ricerca e lo sfruttamento di gas e idrocarburi che riguardano oltre il 35% dell’intero territorio abruzzese, Maiella compresa!
La società irlandese Petroceltic, che si è aggiudicata lo sfruttamento di una zona costiera che si estende da Martinsicuro alle Tremiti per oltre 2500 kmq, definisce pubblicamente ai suoi azionisti lo scenario abruzzese con queste poco edificanti parole:
…TERMINI FISCALI FAVOREVOLI, BASSE SPESE D’INGRESSO NEL TERRITORIO, BASSI RISCHI POLITICI, INFRASTRUTTURA BEN SVILUPPATA, ALTI PREZZI DELLA BENZINA, COMPETIZIONE LIMITATA.
COSTI PER LICENZE INSIGNIFICANTI, PROGRAMMI DI LAVORO A DISCREZIONE [DELL'ESTRATTORE], REGIME MOLTO SEMPLICE, RENIDMENTI ALTI PER PETROLIO E GAS…
In Abruzzo inoltre non esiste un piano regionale per lo smaltimento dei rifiuti e per la produzione di energia; il risultato di queste manchevolezze è sotto gli occhi di tutti.
Pochi giorni fa il comandante della Guardia Forestale di Pescara ha espresso chiaramente il declino “in stile campano” dell’intero Abruzzo pieno di discariche ma non in grado di smaltire i propri rifiuti!
In Abruzzo esistono 396 discariche a rischio, più degli stessi comuni!
Tutto questo è avvenuto ed avviene a totale insaputa dei suoi abitanti e spesso, cosa ancor più grave, anche degli organi di governo locale come abbiamo potuto constatare durante i numerosi incontri e confronti promossi dal nostro movimento con esponenti politici di tutti gli schieramenti.
I problemi riguardanti lo sfruttamento dell’ambiente ed il coinvolgimento delle popolazioni interessate sono ampiamente trattati nel protocollo internazionale comunemente definito Agenda 21 (accolto dal nostro Stato) e soprattutto nel documento comunitario scaturito dalla Conferenza di Aarhus (Danimarca) del 25 giugno del 1998 recepita per intero dallo Stato italiano con la Legge 108/2001 ma raramente applicata.
È comunque interessante notare come l’Italia nel rispetto di quanto esposto nella Costituzione in merito ai trattati ed alle convenzioni internazionali ed alla tutela del territorio abbia già promulgato in anticipo sulle stesse indicazioni comunitarie leggi miranti alla libera circolazione delle informazioni ed al coinvolgimento diretto della popolazione nelle scelte riguardanti l’ambiente ed il suo sfruttamento per fini industriali (leggi 349/86 e 241/90).
Leggi e direttive spesso ignorate in Abruzzo dagli aventi diritto e disattese dagli amministratori.
Il fatto che per molto tempo i problemi riguardanti l’ambiente e la salute del territorio siano stati uno spazio di manovra quasi privato dei Verdi e di alcune frange politiche identificate come “partito del no” non ha giovato allo sviluppo di una cultura di tutela del territorio.
La tutela dell’ambiente non può essere appannaggio di un partito, esattamente come non può esserlo, per esempio, la lotta contro il cancro!
Il nostro impegno alle problematiche territoriali ed ambientali non è dovuto a preconcetti politici o ideologici ma è nato dall’indignazione civica per l’ambigua mancanza di informazioni sulla raffineria di Ortona, ingannevolmente definita Centro Oli.
Pertanto il primo obiettivo non è combattere “il petrolio e/o la discarica e/o le turbogas tanto per farlo, perché nel dubbio è meglio dire no” ma quello di spingere la classe politica regionale a progettare un piano energetico ed ambientale informando e coinvolgendo i cittadini sulla portata di certe scelte.
La libera circolazione delle informazioni renderà infatti i cittadini liberi dai raggiri, dalle false promesse e potrebbe contribuire a ricucire lo strappo esistente tra la popolazione abruzzese e la classe politica.
Tutte le attività industriali hanno impatto sul territorio ma alcune possono avere conseguenze drammatiche per la salute, l’economia ed in genere sulla qualità della vita intesa nel senso più ampio.
Proprio per questo motivo sia l’ONU che l’ Europea comunitaria hanno indicato nuovi modelli di governo del territorio, considerati indispensabili per mitigare le sempre più gravi e pericolose emergenze climatico ambientali del pianeta.
Questi modelli di gestione e di governo mirano essenzialmente a far si che i cittadini possano avere facile accesso alle informazioni, alla giustizia in materia ambientale e partecipare ai processi decisionali.
La Legge Regionale n.2 del 4 marzo 2008 (che ha bloccato per ora la realizzazione del progetto abruzzese dell’ENI definito “Miglianico”) una volta depurata dagli eccessi ristrettivi scaturiti dallo stato di pressione popolare in cui venne promulgata può costituire la base per sviluppare un piano di norme per la tutela, lo sviluppo ed il miglioramento ambientale della Regione consentendone allo stesso tempo l’espansione economica in armonia con la vocazione agricola e turistica.
E’ però indispensabile far comprendere ai cittadini che la qualità ambientale di un territorio è nel medio lungo periodo una fonte di ricchezza e di benessere duratura e stabile.
Esperienze nazionali ed internazionali dimostrano inoltre che dove è presente e diffusa una sensibilità ambientalista la delinquenza organizzata non riesce a radicarsi confermando l’equazione: inquinamento=corruzione=delinquenza.
Un territorio sano ed onesto che si identifica nel concetto di qualità della vita facilita la crescita di un fenomeno economico in grande sviluppo e comunemente definito eco turismo.
L’eco turismo ha ormai numerose applicazioni in Europa, in particolar modo in alcune regioni della Francia e della Spagna, nazioni che hanno un afflusso turistico in termini numerici ed economici superiore a quello dell’Italia.
La ricetta è semplice: infrastrutture alberghiere leggere, campi da golf, percorsi ciclabili, eventi culturali, ma soprattutto basso tasso di inquinamento, recuperi architettonici e paesaggistici, valorizzazione dei prodotti eno-gastronomici ed in genere facile accesso ai servizi.
Questo modello di sviluppo è inoltre congeniale alle industrie ad alto contenuto tecnologico e manifatturiere di qualità, che sono poi le industrie più redditizie, con minor impatto ambientale e più difficili da delocalizzare.
Sembrerebbe proprio il modello di sviluppo ideale per l’Abruzzo, dotato di un territorio bellissimo, poco abitato ma con un alto tasso di intelligenza per mq!
In base allo scenario descritto e partendo dal presupposto che lo smaltimento dei rifiuti, la produzione di energia in genere e le lavorazioni inerenti il petrolio sono le attività a maggior impatto ambientale, il Governo Regionale dovrebbe:
1. Definire con grande chiarezza quale modello di sviluppo vuole perseguire ed adeguare ogni scelta industriale e finanziaria a questo modello perché uno stesso territorio non può essere contemporaneamente turistico, industriale, agricolo, minerario e magazzino di rifiuti altrui!
2. Pianificare le necessità di smaltimento dei rifiuti urbani ed industriali prodotti dalla Regione ed impedire l’apertura di nuove discariche adibite alla raccolta di rifiuti prodotti al di fuori della Regione, procedendo contemporaneamente alla bonifica delle numerose aree inquinate e dei fiumi.
3. Partecipare alle attività di raccolta, smaltimento e lavorazioni dei rifiuti e di produzione di energia con società miste (pubblico/privato): è inconcepibile che pochi diventino ricchi recando disagi e danni economici ed ambientali ad una intera comunità!
4. Applicare le direttive comunitarie ed i trattati sottoscritti dal Governo centrale in materia ambientale come previsto dalla Convenzione di Aarhus e seguire le linee guida di Agenda 21, attivando così a tutti i livelli azioni di informazione e coinvolgimento della popolazione sulle scelte ambientali.
5. Studiare e/o applicare norme e leggi che impediscano ai Comuni di liberalizzare senza consultazione civica e territoriale attività industriali fortemente impattanti e/o pericolose. Queste norme potrebbero essere recepite dai Sindaci come un limite alla loro autorità ma è anche vero che le emergenze ambientali ed energetiche che hanno ormai assunto una dimensione globale richiedano ai legislatori e agli amministratori l’individuazione di nuovi modelli di gestione del territorio e di governo, come del resto indicato nelle direttive comunitarie, nelle Conferenze internazionali sull’ambiente e l’economia e dagli stessi orientamenti legislativi della Repubblica.
Noi riteniamo che questi argomenti – a prescindere dagli schieramenti politici - devono costituire la base del programma politico per le prossime elezioni regionali, eluderli o sottovalutarli è un chiaro e manifesto atto o di incompetenza o di malafede.
Antonello Tiracchia
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