Addì 19 ottobre 2012, i Vescovi della Conferenza episcopale d’Abruzzo e
Molise (CEAM), hanno diramato un nuovo documento dal titolo “Per una
Chiesa e una società custodi della terra d’Abruzzo e Molise”. Il
documento vuole “denunciare le ‘ferite’ delle nostre terre, minacciate
da progetti di ‘sviluppo’ che sono invero segnati da gravi rischi
ambientali, socio-economici e umani, in cui viene meno la tutela della
vita e la custodia del creato, dono di Dio e impegno morale di tutti gli
uomini e le donne di buona volontà”. Con riferimenti al documento
“Educare alla custodia del creato per sanare le ferite della terra” e
alla Sacra Scrittura, i Vescovi ribadiscono la necessità di non
dimenticare che “le ferite di cui soffre la nostra terra, possono essere
guarite solo da coscienze animate dalla giustizia e da mani solidali”.
Segue il testo del messaggio:
"Noi, Vescovi delle Chiese che sono in Abruzzo e Molise, ancora
una volta leviamo alta la voce per denunciare le “ferite” delle nostre
terre, minacciate da progetti di “sviluppo” che sono invero segnati da
gravi rischi ambientali, socio-economici e umani, in cui viene meno la
tutela della vita e la custodia del creato, dono di Dio e impegno morale
di tutti gli uomini e le donne di buona volontà.
Ci riferiamo, in particolar modo, ai progetti di sfruttamento
energetico, in particolar modo petrolifero, su cui ci siamo già
pronunciati come Conferenza episcopale regionale nel 2008 e, mediante
l'intervento di alcuni di noi o tramite gli uffici da noi delegati, in
varie occasioni nel corso di questi ultimi anni. In luogo di una vera
“conversione” a progetti di crescita sostenibile, in ascolto della voce
dei territori e delle popolazioni di cui abbiamo la cura pastorale, si
confermano e si aggravano le scelte più rischiose per la salute e il
benessere di tutti. La stessa promessa di uno sviluppo economico viene a
cadere di fronte alla grave situazione economica e sociale, ancora nel
pieno della crisi che investe il nostro Paese e, in particolar modo, la
nostra Regione: con l’eventuale realizzazione dei progetti di
sfruttamento energetico non si sanerebbe la ferita della disoccupazione e
della recessione, si accrescerebbe il senso di abbandono e di
sopraffazione che le nostre genti percepiscono di fronte a chi esercita
poteri decisionali, si avanzerebbe nella spogliazione del nostro
ambiente naturale e della nostra economia agricola e turistica, in
maniera irreversibile e irresponsabile.
Come afferma il recente documento della CEI in occasione della 7a
giornata nazionale per la salvaguardia del Creato (“Educare alla
custodia del creato per sanare le ferite della terra”), noi non possiamo
“dimenticare le ferite di cui soffre la nostra terra, che possono
essere guarite solo da coscienze animate dalla giustizia e da mani
solidali. Guarire è voce del verbo amare, e chi desidera guarire sente
che quel gesto ha in sé una valenza che lo vorrebbe perenne, come
perenne e fedele è l’Amore che sgorga dal cuore di Dio e si manifesta
nella bellezza del creato, a noi affidato come dono e responsabilità.
Con esso, proprio perché gratuitamente donato, è necessario anche
riconciliarsi quando ci accorgiamo di averlo violato” (n. 1). Questo
compito comune veda coinvolti tutti, in particolar modo coloro che, a
livello locale, regionale e nazionale, hanno ricevuto il mandato di
governare lo sviluppo del territorio, perché agiscano in nome del bene
comune e non di una singola parte, prestando ascolto al grido della
nostra terra, del nostro mare, del nostro cielo: in essi riconosciamo la
presenza di Dio, come ci ricorda il “Cantico delle creature” del santo
patrono d'Italia Francesco d'Assisi. Allora il nostro grido comune si
muterà in canto di lode e di grazie, perché consapevoli di aver
realizzato un passo in avanti nella concordia tra noi e quella parte
della creazione che ci è stata affidata, per cui essere degni della
nostra chiamata più grande: “Beati gli operatori di pace, perché saranno
chiamati figli di Dio” (Mt 5,9)".
I vescovi della CEAM (Conferenza Episcopale Abruzzese-Molisana)
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